E’ arrivato in Francia oggi, 10 dicembre.
Serge Lazarevic, la cui liberazione era stata annunciata tre giorni fa, è rimasto nelle mani dei terroristi di Al-Qaeda nel Sahel per ben tre anni. Era anche apparso in un video il 17 novembre scorso.
Ripulito dalla barba e dai capelli incolti del video è apparso felice. Ha detto “Ho perso venti chili ma va tutto bene, sono in forma”.
Ma Serge non ha fatto a tempo a mettere il piede sul suolo francese che già sono iniziate tutte le speculazioni. Ci si chiede già come è stato liberato e si discute sulla politica della Francia nei confronti degli ostaggi, ben diversa da quella americana. Una politica già criticata dal Presidente Obama, perché l’America non tratta con i terroristi e quindi gli ostaggi statunitensi raramente rientrano. La Francia ha forse pagato, detenuti jihadisti sono stati liberati, i governi del Mali e della Nigeria hanno collaborato per portare a buon fine le trattative.
Oggi, in alcuni commenti, si è anche intuito un tono perplesso perché Lazarevic sembra star bene. Eppure le sue condizioni di detenzione sono state difficili. Ha cambiato aguzzini, è stato torturato, legato, malnutrito… Forse non sapremo mai tutto. Ogni ostaggio liberato reagisce diversamente. Lazarevic aveva semplicemente bisogno di dire che è felice di vivere. Perché meravigliarsi?
Non ha fatto a tempo a rientrare che già si legge “Spia, geologo o avventuriero?”. Una domanda che già si pone il quotidiano Libération. E poi Lazarevic è franco-serbo. Anzi, è naturalizzato francese ma in realtà è nato a Belgrado…
Sembra che stiano iniziando a scrivere un romanzo di spionaggio di cui solo lui potrebbe essere l’autore.
Sono trascorse solo poche ore, non possiamo dirgli altro che bentornato e lasciargli la sua euforia.
Possiamo anche avere un pensiero per la famiglia del suo collega Philippe Verdon, rapito con lui in albergo durante il loro viaggio d’affari ma trovato morto nel luglio 2013. Gli hanno sparato alla testa.
Cosa erano andati a fare in Mali lo si saprà forse un giorno, ogni cosa al momento giusto.
Luisa Pace