Così sembra la via imboccata da qualche anno nella capitale francese dove le chiusure di librerie storiche si moltiplicano. E’ vero che le piccole librerie devono far fronte alla concorrenza di internet, della grande distribuzione e di tasse che potrebbero essere abbassate su un bene d’importanza intellettuale quale il libro. Nessuno ha mai detto che leggere noccia alla salute, anzi.
Eppure è di ieri la notizia che la più antica libreria di Parigi “Delamain”, fondata nel 1700, circondata dal Louvre, dalla Comédie française e dal Palais Royal, rischia di chiudere perché il nuovo proprietario del palazzo vuole raddoppiarle l’affitto. Che importanza può avere infatti per un fondo qatariota la sopravvivenza di un luogo storico, amato, intriso di storia, anzi, di storie, di cultura, luogo di passaggio ma anche di ritrovo per gli habitués? A quanto pare alla Constellation Hotels Holdings di tutto questo non importa nulla. Resta solo il dio denaro. E’ probabile che nasca un comitato di sostegno ma quanto potere hanno i cittadini, anche appoggiati dalla stampa, nel fermare queste transazioni? Purtroppo eventi passati dimostrano che la buona volontà non basta e neanche quella dei poteri pubblici.
La poco lontana ed altrettanto storica libreria franco-americana Brentano’s, che era sopravvissuta anche all’occupazione di Parigi, ha chiuso nel 2012 per colpa, sì per colpa del proprietario. In sette mesi la banca BNP, ha fatto fuori decenni di storia. Ora, con lo stesso nome si può trovare una cartolibreria turistica che non trasuda più alcun sentimento letterario. Eppure il quartiere Opéra si era mobilitato per salvarla.
Anche il quartiere St. Germain ha conosciuto diverse chiusure per difficoltà d’affitto e gli altri, stessi, problemi delle piccole librerie. La Hune rischiò di chiudere nel 2011, soffocata dalle grandi marche di vestiti low-cost ma ha resistito. Quid de l’Ecume des Pages che anche lei sembra un bastione di resistenza?
Intanto ha chiuso un’altra storica libreria, dall’impagabile scelta di libri in lingua inglese, la Village Voice ha chiuso i battenti nel 2012. Possibile che nessuna Mairie d’arrondissement possa trovare una soluzione a queste emorragie e, perché no, destinare un piccolo fondo di salvataggio in nome della cultura? L’elenco delle librerie più o meno conosciute è lungo, non potranno fare concorrenza alla grande distribuzione ma devono almeno vivere per mantenere vivo lo spirito dei luoghi, perché chi ha l’abitudine di infilarsi in tutte le librerie che incontra possa ancora farlo, perché i soliti habitués possano disquisire attorno ad un libro e consigliarsi su cosa portarsi a casa, perché chi è di passaggio possa entrare per curiosare ed uscire con il libro raro o l’ultimo giallo e perché la nuova generazione possa anch’essa impregnarsi del magico regno dei libri.
Luisa Pace