Dopo le rivelazioni sull’operato delle Agenzie americane e quelle inglesi e sul presunto coinvolgimento dei nostri servizi segreti, da tutte le parti si grida allo scandalo e i governi di mezzo mondo, in particolare quelli alleati degli Stati Uniti, chiedono spiegazioni e minacciano ritorsioni dinanzi ad un fatto che solo ufficialmente viene ritenuto vergognoso.
Spiano i russi, i cinesi, gli americani, gli europei, i coreani. Spiano gli Stati, le Agenzie ufficiali, quelle filogovernative, i privati.
Lo spionaggio, in particolare quello commerciale, grazie alle nuove tecnologie è ormai alla portata di tutti.
I servizi di Intelligence di tutte le nazioni da sempre utilizzano – o considerano come potenziali collaboratori – i propri cittadini all’estero. Meglio se ben inseriti da molto tempo nel paese ospitante. Piccole o grandi informazioni utili ai servizi di intelligence arrivano da semplici cittadini, da operatori di agenzie più o meno ufficiali, da aziende commerciali, a volte usate soltanto come copertura.
Ovvio dunque che strumenti quali internet, che di fatto ha abbattuto le distanze geografiche, ben si prestano all’uso da parte di chiunque abbia interesse a conoscere fatti e misfatti che riguardano gli avversari. Ma anche quelli di coloro che comunemente definiamo amici.
Lo hanno fatto gli americani e gli inglesi con i paesi alleati, lo hanno fatto i cinesi con i russi e gli indiani, lo hanno fatto certamente i russi con i propri nemici ed alleati e sicuramente altrettanto hanno fatto i paesi che oggi gridano allo scandalo.
Del resto chi oggi è amico domani potrebbe non esserlo più. I cinesi potrebbero fidarsi ciecamente di paesi come Iran, Siria o Corea del Nord? E ammesso che oggi possano farlo, domani, mutando lo scenario politico interno, potrebbero continuare a fidarsi? E gli americani, potevano fidarsi di un noto leader politico che intratteneva rapporti d’affari con Putin e Gheddafi in danno degli interessi europei e di quelli statunitensi?
La risposta è ovvia!
L’accusa che sempre più spesso viene mossa alle intelligence di questi paesi non è quella dello spionaggio militare quanto quella del cosiddetto spionaggio industriale. Come se le due cose fossero distinte. Come se le guerre si combattessero solo con l’uso di armi convenzionali e non ci fossero risvolti legati all’economia, considerato che la stessa sta alla base di ogni guerra combattuta dagli uomini. Compreso quelle scatenate da fattori ideologici e religiosi. Oggi come nel passato.
Senza con questo voler trovare una giustificazione al Datagate, forse di veramente scandaloso c’è l’incapacità degli apparati di intelligence nel non aver saputo custodire i propri segreti e proteggere i propri leader. Come nel caso della Merkel, il cui telefonino sarebbe stato spiato dagli americani per oltre dieci anni.
Non diversa la situazione che vede oggi gli Stati Uniti nell’occhio del ciclone grazie alle informazioni, più o meno veritiere, divulgate da soggetti che, evidentemente, non erano niente affatto fidati.
Dovremmo riflettere pure sulla bontà e sulle finalità di talune operazioni di hackeraggio e sulle presunte motivazioni ideologiche che spingono qualcuno a rendere di pubblico dominio le malefatte di certi Paesi.
Ciò non toglie il fatto che agenzie come la NSA hanno spinto i propri interventi in ambiti laddove, ufficialmente, altri apparati informativi non erano arrivati.
E poiché chi di spionaggio ferisce, di spionaggio perisce (la spada non è più di moda), WikiLeaks ha reso pubblico questo documento top secret denominato “SIGINT Strategy 2012-2016”, dal quale emerge la brama della NSA a voler controllare sempre di più
Gian J. Morici