WWF AGRIGENTO
Il mare che verrà….
Diverse peripezie legali stanno accompagnando l’iter di realizzazione del rigassificatore a Porto Empedocle. Al momento sembra siano pronti ad iniziare i lavori.
E noi siamo pronti?
Non vogliamo parlare di rischi legati ad esplosioni, nubi infiammabili e altri incidenti rilevanti che comunque devono essere correttamente contemplati fra le possibilità incidentali.
Si è già scritto che l’inserimento del lungo pontile cambierà le correnti e muterà l’aspetto delle nostre coste esponendo la spiaggia sanleonina ad una possibile ulteriore riduzione.
Parliamo di altri danni certi, riassunti in un documento di approfondimento del Comitato Scientifico del WWF Trieste “L’utilizzo di acqua di mare negli impianti di rigassificazione del GNL”.
Cosa succede all’acqua di mare che serve a riportare allo stato gassoso il GNL (che si trova a -162°C)?
Dopo il prelievo, l’acqua, viene sterilizzata per impedire l’accumulo di sporco delle tubazioni utilizzate per lo scambio di calore. Per questo scopo si usano, in quantità massiccia, composti a base di cloro che reagisce con la sostanza organica di cui le acque sono ricche, tale sostanza organica comprende anche uova, larve e avannotti, organismi planctonici.
L’acqua in uscita dall’impianto, oltre ad essere rilasciata ad una temperatura più fredda e con il cloro attivo abbattuto chimicamente (con formazione di solfato) presenta la sostanza organica degradata e combinata chimicamente con cloro e ad altri alogeni in composti tossici, cancerogeni e mutageni.
I composti formati dalle reazioni tra cloro e sostanza organica hanno nomi come: trialometani (THMs), gli aloacetonitrili (HANS), gli alochetoni (HKs), gli alofenoli (HPhs), la cloropicrina e gli acidi aloacetici (HAAs).
Stiamo parlando di sostanze che finiscono in mare e interagiscono con flora e fauna.
L’acqua, inoltre, rientra in mare praticamente sterile e quindi:
ð non è più habitat per le comunità planctoniche e pelagiche,
ð non è attiva nei processi di autodepurazione tanto decantati nella annosa vicenda della mancanza di depuratori presso le nostre coste,
ð non è più utile per gli altri servizi che rende all’ambiente quale l’assorbimento dell’anidride carbonica e la regolazione dei cicli del fosforo, azoto e carbonio.
I volumi di acqua coinvolti (per singolo impianto della capacità di 8 Mld m3/anno sono dell’ordine dei 635.000 m3 al giorno) sono sottoposti a shock termico e meccanico che può determinare la formazione di schiume persistenti. Nel 2010 a Porto Viro vasti banchi di schiuma prodotta dall’impianto di rigassificazione collocato 15 km al largo, giungevano fino a terra.
“La mistificazione che tutti gli Studi d’Impatto Ambientale vanno proponendo sulla partita dei rigassificatori in Italia è quella di considerare come potenziale danno ambientale i soli effetti del cloro attivo residuo presente allo scarico.”
Tale valore è limitato per legge e quindi lo scarico del rigassificatore è in apparenza innocuo se si omette di considerare i composti alogenoclorurati, la perdita di larve, la formazione di schiume.
(a cura del referente di Wwf Agrigento per il rigassificatore Ing. Marcella Carlisi)