Che il PDL fosse solo Berlusconi attorniato da una corte di nani, sia per carisma, potere economico e spessore politico, lo si era capito da tempo. Il peso economico dell’ex premier, da cui verosimilmente deriva riconoscenza o sudditanza psicologica da parte dei sui sottoposti, da sempre ha inibito sul nascere qualsivoglia tentativo di emancipazione dal padre fondatore del partito di plastica. Le annunciate primarie dello scorso novembre poi ritrattate e ritirate la dicono lunga sia sulla tenuta del PDL senza Berlusconi che sull’intenzione di quest’ultimo di lasciare definitivamente la scena politica. Ormai è palese, Silvio Berlusconi è il centro di gravità attorno al quale ruota il PDL e quest’ultimo senza il Cavaliere non avrebbe motivo di esistere.
Conscio delle sue affermazioni Beppe Grillo all’emittente statunitense CNBC, relativamente al PDL, al PD e al nuovo esecutivo, ha dichiarato che “il PdL è solo Berlusconi, il Pd non si sa cosa sia. Berlusconi non va in galera e nel Pd non si fanno indagini sulle banche, su Unipol e MPS, i più grandi scandali finanziari degli ultimi 50 anni. Questo non è un governo, è una metafora”.
Avevano scatenato un pandemonio le esternazioni del sen. Luigi Zanda circa l’ineleggibilità di Berlusconi. Il capogruppo del PD al senato ha poi precisato che si tratta di una sua posizione personale e che “il PD non ha mai dato indicazioni di voto ai componenti della Giunta”; ma il sasso ormai è stato lanciato con il M5S pronto a raccoglierlo. Tuttavia votare l’ineleggibilità di Berlusconi potrebbe significare la fine del litigioso governo dell’inciucio e non tutti in seno al PD sono disposti a un ritorno alle urne senza aver messo mano alla legge elettorale. Sia perché i sondaggi danno per favorito il PDL ma, soprattutto, perché il PD è a pezzi. Un partito in preda all’anarchia senza un vero leader e degli obiettivi politici ben chiari. A nulla erano valsi nei giorni scorsi gli inviti del premier Letta a non rilasciare alla stampa dichiarazioni che potessero minare il già precario equilibrio di governo. Luigi Zanda con le sue dichiarazioni sull’ineleggibilità del leader del PDL ha creato non pochi imbarazzi ai vertici di entrambi gli schieramenti politici. Parole pesanti quelle del sen. Zanda, giunte dopo le contestazioni bresciane di piazza Duomo al fondatore del PDL che aveva duramente attaccato i giudici e la magistratura. Attacchi alla giustizia continuati sulle reti Mediaset con lo speciale “La guerra dei 20 anni”, trasmesso poche ore prima della requisitoria di Ilda Boccassini; requisitoria conclusasi con la richiesta di condanna a sei anni di reclusione e l’interdizione perpetua per Silvio Berlusconi dai pubblici uffici.
Non meno indigesti alle persone perbene che hanno fiducia nella magistratura, devono essere sembrati gli inviti di Giorgio Napolitano: “Capisco chi si trova impigliato… […] meno reazioni scomposte arrivano, meglio è dal punto di vista processuale”. Inviti che subito sono stati raccolti da Silvio Berlusconi che per il tramite di Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, ha confermato la sua presenza per i comizi delle prossime amministrative solamente nella città di Roma a sostegno del candidato sindaco Gianni Alemanno.
Perché mai l’ex premier ,uomo istrionico e capace di interpretare diverse parti – dall’uomo assetato allo statista responsabile, senza dimenticare il barzellettiere – dovrebbe pacificamente seguire i moniti del Capo dello Stato evitando reazioni scomposte e per di più annullando tutti i comizi elettorali in programma per le amministrative tranne quello di Roma?
Che Berlusconi possa essere speranzoso anche questa volta di poter superare indenne le maglie della giustizia, continuando a dichiararsi vittima e perseguitato dalle solite toghe rosse, oltre ai moniti Presidenziali lo farebbero sospettare soprattutto i silenzi del PD. Infatti, nessun alto esponente del Partito Democratico subito dopo la condanna in appello di Silvio Berlusconi al processo Mediaset si era permesso di commentare o esprimere il proprio pensiero sulla vicenda.
Tuttavia, Berlusconi forte dei sondaggi che danno il PDL e la coalizione di centrodestra quale maggioranza nel paese, potrebbe optare per una crisi di governo e un ritorno alle urne col porcellum. In tale direzione sembravano spingere la presenza di Alfano e Lupi a Brescia. Una vittoria della coalizione del centrodestra, con l’attuale legge elettorale, garantirebbe al Cavaliere quella maggioranza che attualmente gli manca al senato. Maggioranza ancora più necessaria affinché in caso di condanne definitive non vengano date dalla Camera di appartenenza le autorizzazioni ad arresto, perquisizione e privazione della libertà personale. Numeri che attualmente in senato il PDL non ha e che anche gli alleati ritenuti più fidati potrebbero far mancare, in un clima di perenne campagna elettorale e a seguito di un rinnovato senso di responsabilità verso il proprio elettorato.
Al momento Berlusconi sembra voler indossare ancora i panni dello statista responsabile, mentre la Santanché tranquillizza gli italiani che i processi di Berlusconi e il governo Letta sono due cose distinte.
Totò Castellana