L’Assessore Pierfrancesco Majorino discute con Khalid Chaouki, Dario Paladini di Terre di Mezzo, Piera Ceci di Radio 24, Mario Consani de Il Giorno e lo scrittore Stefano Ferrio di come parlare senza discriminare e presentano il libro “Parlare Civile” di Redattore Sociale.
L’evento è parte del festival RiGenerazioni
“Non esistono parole sbagliate. Esiste un uso sbagliato delle parole”
Stefano Ferrio è giornalista e scrittore. Con la sua storia ci dà appuntamento a venerdì 17 maggio per parlare con giornalisti e politici di comunicazione corretta e di come è possibile e necessario comunicare senza discriminare.
“Siate madri e non zitelle” raccomanda Papa Francesco alle ottocento “superiori”, riunitesi il 9 maggio scorso in assemblea.
E, così dicendo, coinvolge anche me, che non sono né suora, né madre, né zitella.
Me ne accorgo accingendomi a partecipare all’incontro sul libro Parlare civile, organizzato dall’associazione Il Razzismo è una brutta storia, alle 18 del 17 maggio alla libreria la Feltrinelli di Milano, in piazza Duomo. L’ambito è quello del festival RiGenerazioni, proposto dal Comune di Milano, rappresentato all’incontro dall’assessore alle politiche sociali, Pierfrancesco Majorino.
A proposito di “parlare civile”, titolo del volume edito dall’agenzia Redattore Sociale, è lampante che non c’è nulla di politicamente corretto, in quella frase su madri e zitelle. Perché, pur di rendere irresistibile il messaggio, Papa Bergoglio glissa il problema di urtare la suscettibilità di un imprecisato numero di donne condannate alla solitudine.
Eppure funzionano, queste parole. Al punto che tante “single” le avranno comunque condivise, conquistate da una mancanza di convenzionalità in grado di sopperire al loro scarso rispetto del galateo. D’altra parte, è la stessa, libera declinazione del discorso che seduce milioni di persone, credenti e non, nel momento in cui Bergoglio, appena eletto Papa, si rivolge al mondo intero con il più genuino e disarmate dei “buonasera”. Pronunciato come fosse un barman in attesa dell’ordinazione, o un vicino di casa incontrato sul pianerottolo.
Così dicendo, l’erede di Pietro, ricorda non a caso il Gesù molto amato da quanti, credenti e non, lo sentono semplicemente “uno di loro” mentre chiacchiera al pozzo con la samaritana, gioca con i bambini, irrita i sacerdoti, scaccia i mercanti dal tempio.
Si può per altro fare a meno di scomodare un modello così ingombrante, e limitarsi a rievocare il Chance interpretato da Peter Sellers in “Oltre il giardino”, film girato dal grande Hal Ashby nel 1979. Chance è il giardiniere affetto da handicap mentali che non gli impediscono di diventare consigliere del presidente degli Stati Uniti per la semplice intensità con cui pronuncia le frasi più puerili, una volta entrato per caso alla Casa Bianca: “Mi piace guardare”, “È come guardare la televisione, solo che puoi guardare molto oltre”.
Attualissimo, vero? Senza bisogno di citare l’America, il panorama odierno della politica italiana è infatti così desolato, che un qualsiasi pirla di passaggio nel palazzo può conquistare il Paese intero declamando intensamente la schedina del Totocalcio al posto degli articoli della Costituzione. Né è escluso che qualcuno ci stia provando da tempo.
Ecco perché un libro come Parlare civile ha, fra i suoi meriti, quello di rammentarci quanto siamo vulnerabili. Riconoscenti al Santo Padre, ma anche esposti alle arti del primo ciarlatano capace di occupare il teleschermo in prima serata. Affamati di una qualsiasi, non importa se flebile o consistente, parvenza di Verità. E, per questo motivo, bisognosi di interiori e continui ripassi di un abicì che mai possiamo dare per scontato.
Libro da tasca e da zaino, più che da comodino. Libro da strada e non da salotto. Pronto a essere consultato non appena ci si imbatte nel poster elettorale, nello sproloquio calcistico o nella burocratizzazione esistenziale che immancabilmente ci allarmano, ci spronano a vegliare, ci consigliano di fare le ore piccole pur di parlare con qualcuno. Male che vada, se siamo soli, Parlare civile funziona a meraviglia per l’esercizio che consiste nel guardarsi allo specchio mentre pronunciamo termini come “nero”, “negro”, “schiava del sesso”, “escort”, “islamici”, “musulmani”, “nubili”, “zitelle”.
Tirando rigorosamente il fiato fra una parola e l’altra.