Caso Marò – Accusa di omicidio colposo o di omicidio?

maròMentre la Corte Suprema ritira tutte le restrizioni poste all’ambasciatore italiano Daniele Mancini, sembra aggravarsi la vicenda dei due marò Massimilano Latorre e Salvatore Girone, accusati di aver ucciso due pescatori indiani il 15 febbraio, che potrebbero essere chiamati a rispondere di omicidio e non più di omicidio colposo.

 

Se si decidesse di modificare il capo d’imputazione, da 302 a 304, ovvero da omicidio colposo ad omicidio, la pena sarà quella prevista dall’ordinamento giuridico indiano e non più i sette anni al massimo che aveva assicurato l governo italiano, forte di un inverosimile accordo raggiunto con il governo indiano.

 

Una decisione che potrebbe comportare uno scontro diplomatico tra Italia e India, visto che la legge recita testualmente: “Se una persona provoca la morte di una persona è punita con la morte”.

 

A darne notizia, il quotidiano IndianExpress, in un articolo dal titolo “Italian marines face death in India despite assurances”.

Nel risparmiarci ogni commento alla vicenda e alle decisioni prese dal governo italiano che ha consegnato ad un paese straniero – in violazione di quanto previsto dalla Costituzione – due nostri connazionali –  in attesa di ulteriori sviluppi, riportiamo quanto l’ex ministro Giulio Terzi ha pubblicato sulla sua pagina Facebook in merito alla vicenda dei due marò e alla consegna degli stessi all’India:

 

“La sensazione che ho è che, rinviati i due Uomini in India, la questione paia chiusa qui (per qualcuno) nell’attesa che un Tribunale indiano li processi, cosa del tutto impropria dal momento che la giurisdizione del caso *non dev’essere indiana* (giova ricordarlo, anche una sentenza indiana conferma che l’incidente è avvenuto in acque internazionali). Ieri sul Sole 24 Ore è uscito a pag. 9 un articolo *importante* a firma della Prof. Angela Del Vecchio. L’articolo evidenzia come la questione tra Italia e India non si possa considerare affatto chiusa con il rientro dei militari a Delhi. Condivido quanto affermato dalla Prof. Del Vecchio, e in particolare: (1) l’evidente conflitto di giurisdizione, che può essere risolto solo da un arbitro internazionale con ricorso *URGENTE* alla Convenzione ONU sul Diritto del Mare (UNCLOS) (2) la grave violazione dell’immunità del nostro Ambasciatore in India Daniele Mancini. Sul primo punto, il ricorso all’UNCLOS – che era tra le condizioni che io avevo posto come *essenziali*, e che invece è stata “accantonata” da chi aveva deciso di occuparsi direttamente del dossier al momento del reinvio in India di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone – le notizie che giungono nelle ultime ore dall’India fanno capire che i tempi della giustizia indiana potrebbero addirittura allungarsi, con nuove indagini federali che si sovrapporranno a quelle già svolte in Kerala. E’ da notare che proprio in questi giorni l’India ha chiesto all’ONU di intervenire su un problema di giurisdizione per alcuni suoi militari accusati di violenze sessuali in Congo, chiedendo che la giurisdizione sia indiana. Due pesi e due misure? I militari indiani devono essere processati in India… e quelle italiani…in India anch’essi? Con le Nazioni Unite, avevo già ottenuto dichiarazioni del Segretario Generale Ban Ki Moon, che si era pronunciato dicendo che “la questione deve essere risolta secondo il Diritto Internazionale”. La pretesa indiana – alla quale il Governo italiano per il momento sembra acquiescente – di risolvere tutto esclusivamente nei tribunali indiani, è e resta del tutto infondata. Sul secondo aspetto, che riguarda la violazione dell’immunità del nostro Ambasciatore, credo sia ovvio che nell’udienza prevista per domani la Corte Suprema indiana riconcederà l’immunità al nostro Diplomatico… dimostrando così *inequivocabilmente* che essa gli era stata tolta per circa DUE SETTIMANE, in gravissima violazione della Convenzione di Vienna, che impegna tutti gli Stati a rispettare l’immunità diplomatica, senza se e senza ma. Visto che quindi la violazione c’è stata, il Governo italiano dovrebbe a questo punto rendere formale una *fermissima e formale protesta* presso le Nazioni Unite. Se non lo facessimo, confermeremmo la netta sensazione data al mondo con la “retromarcia” del 20 marzo – definita da molti “la Caporetto della nostra politica estera” – che con l’Italia “paga la forza” (come rilevato anche da alcune autorità indiane). Al riguardo, voglio aggiungere che diversi imprenditori in questi giorni mi hanno espresso il timore che in futuro la capacità dell’Italia di “farsi sentire” nel sostenere le nostre aziende in paesi come l’India, caratterizzati da complessità regolatorie e di mercato, sia molto compromessa da quello che da New Delhi è stato visto come un “cedimento” dinanzi alle loro minacce di ritorsione (con una definizione un pò folkloristica ma efficace, qualcuno su questa pagina ha scritto “calare le braghe”…), minacce che per altro erano del tutto incerte nella loro praticabilità e che quindi andavano efficacemente contrastate e “governate”, come sempre si deve fare quando vi è un contenzioso tra Stati. Se vi è stato un evidente cedimento nel sostenere fondamentali interessi di sovranità nazionale (le nostre Forze Armate legittimamente operanti all’estero sono parte della nostra sovranità), quale credibilità si potrà avere di qui in avanti in altre situazioni di crisi nel difendere il “Sistema Paese”, le nostre aziende e gli italiani che lavorano e operano all’estero? Lasciare ancora una volta cadere le nostre legittime ragioni sui due punti di cui sopra, sui quali la Farnesina aveva finalmente ottenuto prima di quel denegato 20 marzo un convinto sostegno internazionale, equivarrebbe a un’altra grave sconfitta per il Paese. Il mio vivo desiderio, e penso della maggior parte degli italiani, è che quindi il Governo si muova *immediatamente* in queste direzioni!”

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