Quando lui se ne andò pioveva.
Tutti gli addii della sua vita erano stati accompagnati da lacrime di cielo.
E silenzio.
Si chiese come mai lo scenario fosse sempre lo stesso, solito copione e stesse emozioni, scenografie perfette su vacillanti equilibri, regista impietoso il destino.
Un addio non pronunciato, sospeso in bolle di respiri non è altro che un abbandono.
Graffiano gli abbandoni, lacerano l’anima, ti lasciano quel vuoto in cui cerchi di buttare piccoli sassolini di speranza senza riuscire a sentire il flebile suono dell’atterraggio.
Doveva riempirlo un po’ alla volta quel vuoto, quel pozzo nero che aveva inghiottito l’eco di urla mute.
Allora girò le spalle, come fece lui, e tornò verso se stessa, dentro se stessa.
Ancora una volta sola. Ancora una volta una fine senza riuscire a vedere i titoli di coda, pellicola spezzata per sempre, fermo immagine di un amore che non aveva abbastanza parole per definirsi e senza parole era evaporato in nuvole di dolore.
Troppo forte quel dolore, ogni ricordo una lama conficcata nel cuore ed il cuore che tamburellava veloce e feroce, pensò di morire in quell’istante quando sentì una fitta lancinante.
Sperò di morire in quell’istante.
Tornare a casa, nella loro casa, sarebbe stato un gioco al massacro. Non poteva farcela, non adesso, non ora. Non ancora una volta e magari una volta ancora.
Le luci della strada allungavano la sua ombra sull’asfalto. Cominciò a camminare lentamente senza sapere dove andare, il cuore a poco a poco rallentò quella fuga dal petto e cominciò a pulsare normalmente, i pensieri si diradarono, la memoria si offuscò, le lacrime vennero asciugate dal vento di un inverno appena cominciato. Qualcuno le passò accanto salutandola, non lo riconobbe, non sapeva chi fosse quell’uomo e non sapeva chi fosse lei.
Si sentì afferrare per un braccio, quell’uomo la stava scuotendo, le stava chiedendo se si sentisse bene, diceva che aveva un’aria assente, diceva un nome, forse il suo. Si divincolò gridando,
la sua voce continuava a pronunciare quel nome, i suoi occhi riflettevano la paura e lo sgomento. Forse la conosceva sul serio? Sembrava realmente preoccupato per il suo “non esserci”. Un piccolo capannello di gente venne in suo soccorso fermando colui che sembrava volesse importunarla.
Lei continuò il suo cammino senza meta, gli occhi persi in un vuoto di cui non era consapevole.
Aveva già dimenticato l’accaduto, dietro di lei sentiva ancora gridare quel nome.
Strana la gente.
Quella sera la piccola cittadina in cui viveva sembrava insolitamente vuota. Colpa del freddo e della finissima pioggia che ancora continuava a cadere.
Si ritrovò così sulla spiaggia. Si fermò ad osservare l’infinita distesa d’acqua appena illuminata da una timida e pallida luna. Nessuno accanto a lei. Si tolse le scarpe e cominciò a passeggiare lungo la riva. Onde d’acqua gelida arrivarono a lambirle i piedi nudi, solo un brivido la percorse ma sembrava non accorgersi del freddo e di quel senso di non appartenenza al mondo che l’aveva avvolta e travolta.
Non ricordava più nulla. Tutto le sembrava estraneo, quel posto non lo aveva mai visto.
Il mare si. Quello lo ricordava, le trasmetteva un senso di pace e di tranquillità.
Cominciò a camminare verso il mare e non si fermò neanche quando l’acqua arrivò a toccarle le ginocchia. Piccoli passi verso l’abisso.
Il vestito si gonfiò man mano che avanzava. In lontananza sentiva una musica proveniente da un locale, risate, voci. La vita continuava.
E’ sempre così. La vita degli altri continua anche quando la nostra si ferma, il tempo scorre e l’indomani il sole sarebbe sorto una volta ancora.
L’acqua arrivò a coprirle la bocca. Continuò il suo viaggio verso l’abisso. Adesso non aveva davvero più nessuna possibilità di parlare, un’onda la inghiottì insieme al suo bagaglio di urla mute e di un passato che non ricordava più. Cortocircuito della mente per difendersi dal dolore.
Quella sera l’acqua del mare era calma e piatta. Una timida luna illuminava appena quella distesa d’acqua.
Poi riprese a piovere ancora una volta.
Tutti gli addii della sua vita erano stati accompagnati da lacrime di cielo.
E silenzio.
Stefania Lastoria
(immagine presa dal web)
sempre toccanti e sentiti i tuoi racconti, bravissima 😉