Dei governi che si sono succeduti va detto, che il bilancio è devastante, del governo Berlusconi taluni salvano il ministro Giulio Tremonti, per aver evitato la deriva dei conti pubblici e il ministro Sacconi perché ha concesso cassa integrazione a chiunque la chiedesse: limitando così, l’aumento del tasso di disoccupazione. Del governo Monti salvano la politica di rigore che ha, parzialmente, salvato il Paese dalla perversione dello spread, ma che nulla ha operato per la ripresa. Infatti , come ha ricordato recentemente l’Ocse nel suo rapporto sull’Italia, le terapie adottate potevano essere utili nel momento più acuto della crisi. Ma per la ripresa le deliberazioni adottate, non solo non sono risultate sufficienti ma, è convinzione comune, che potrebbero essere state deleterie. L’introduzione del “patto di stabilità” con Legge di rango Costituzionale. I tagli indiscriminati alla spesa pubblica, le mancate riforme dell’amministrazione e della giustizia, la discutibile riforma del lavoro, lo stato di costante degrado di scuola e università, stanno diventando zavorre per il sistema economico italiano che, non a caso, fa più fatica rispetto ad altri partner in Europa. E’ probabile che le cause della diffusa convinzione: che è diventata propria di una parte notevolissima, probabilmente maggioritaria dell’opinione pubblica (che alimenta progressivamente l’antipolitica), soprattutto giovanile, sia da addebitare al fatto che la classe politica palesa evidenti difficoltà ad assumere decisioni in merito alle politiche del lavoro ed è inadeguata per programmare azioni per la crescita. Cui supplisce con un tasso insopportabile di litigiosità reciproca, da indurre a critiche, spesso fondatissime. Intanto, nel Paese e, in particolare nel sud, pare che vi siano crescenti aspettative alimentate, perlopiù, da un sistema clientelare e familistico e che si sia creato il sentimento diffuso di ottenere un lavoro per diritto dallo Stato, qualsiasi esso sia. Sebbene sia un diritto sancito dalla Carta Costituzionale , tuttavia oggi appare un’utopia. Assicurare ai giovani il diritto al futuro, farli crescere attraverso strutture efficienti e produttive che li aiutino a risolvere i problemi connessi alla disoccupazione, almeno questo lo Stato avrebbe dovuto o dovrebbe farlo. E non dovrebbe essere un’utopia riservare ai giovani una formazione che si definisca tale, a partire dalle elementari fino all’Università. Per avere le stesse opportunità – offerte ai giovani europei – di effettuare esperienze lavorative presso le imprese, perché poi l’esperienza maturata possa essere spesa nel mercato del lavoro e, complessivamente, una formazione che possa fornire gli strumenti per poter affrontare il mondo, non soltanto il lavoro, ma la vita.
Tutti quelli che non sono in grado di dare risposte continuano come un disco rotto a dipingere come “unico responsabile” il debito pubblico ereditato e che ha causato tutti i problemi che i vari governi hanno dovuto affrontare. Purtroppo tale atteggiamento non risolve la richiesta di ascolto della generazione contemporanea che ha trovato voce in vari movimenti e, in ultimo, in quello dei 99% e che, potrebbe condurre verso derive nazional – populiste di stampo autoritario (vedi Grecia). E non risolve la voglia di rivalsa sulla classe politica, senza distinzione tra partiti, che è ritenuta, a ragione, inadempiente, non soltanto sul lavoro ma anche su tanti altri fronti, forse perché piuttosto indaffarata a praticare tattiche e giochi di potere. Ma oggi i giochi di potere sono più insensati in presenza della dimensione dei guai in corso, che presupporrebbero un impegno straordinario in chi ha responsabilità politica. E, comunque, il dovere di interrogarsi sulle vere necessità per fare ripartire il Paese: fermo, privo di un progetto di sviluppo e di una concreta politica industriale, impantanato in mille pastoie, dall’aberrazione della finanziarizzazione incontrollata del capitalismo e incapace di cogliere le sfide che la complessità della globalizzazione, ha reso particolarmente difficile. La classe politica dovrebbe sentire il bisogno, il dovere di rappresentare le esigenze dei cittadini, di governare con dedizione e trasparenza e soprattutto dovrebbe interpretare le aspirazioni per dare risposte concrete ai bisogni. E prendere nella dovuta considerazione l’ evidente sfilacciamento del rapporto fiduciario tra politica e cittadini. E riconoscere che a tale proposito taluni osservatori individuano nello scollamento tra il popolo e il Palazzo, scollamento che si è accentuato ed è destinato ad aumentare nelle nuove generazioni, il vero responsabile del declino. E’ urgente, pertanto, che al fine di ricostruire il rapporto: i partiti devono tornare a svolgere la loro funzione di cerniera tra cittadini e la politica e devono dimostrare di essere in grado di interpretare o meglio anticipare i sofisticati fenomeni in arrivo e dare senso e dignità alla delega che hanno intenzione di richiedere agli elettori.
Alessio Lattuca
Presidente Confimpresa Euromed