Camminavano così. Amici di una vita a ricordare la vita sul finire del giorno.
Li vedevo allontanarsi da una finestra resa non più nitida da minuscole goccioline di pioggia a ricamare una patina di discrezione e nostalgia.
A capo chino, mani dietro la schiena, sguardo fisso a terra e cappello a ripararli da quel tempo incerto che era tempo di sole o di pioggia ma anche tempo di ore passate, anni volati, rimorsi mai dimenticati e rimpianti ancora coccolati.
Mi sembrava di spiarli, di invadere la loro intima condivisione di ciò che fu.
Sembravano non avere più possibilità né voglia di guardare al futuro e il presente era per loro solo la raccolta di foto ingiallite, osservate con occhi lucidi di malinconia e strette tra mani rese tremanti dall’età.
Fa così la vita quando sta per volgere al termine.
Si riavvolge il nastro del destino e ogni fotogramma diventa nella memoria carico di emozioni aggiuntive, di sensazioni diverse, di dettagli forse mai esistiti.
E’ un modo per aggrapparsi alla vita, ancora una volta senza mollare la presa.
E fa male quando nel ricordo si materializzano volti di amici mancanti all’appello, lista che si assottiglia di giorno in giorno mentre la paura, sapientemente celata, avanza proprio come fa la vita.
Mi chiedevo spesso di cosa parlassero e quale sarebbe stata quel giorno la loro direzione, la meta stabilita, il luogo da raggiungere. Era un cammino lento inframmezzato da pause di silenzio e di cauto timore. Vuoti di respiro.
Riuscivo a percepirlo pur attraverso quella finestra, filtro tra me ed il mondo esterno, barriera solo materiale tra me e loro.
Mi faceva tenerezza quel loro cercarsi, trovarsi, raccontarsi. Un modo per non restare soli, per non sentirsi persi e per non perdersi in quella frenesia altrui di bruciare il tempo, rincorrere impegni e dimenticare emozioni, cancellare valori.
Camminavano così. Amici di una vita a ricordare la vita sul finire del giorno.
Stefania Lastoria
Foto di Mauro Melis