Tania Miccichè ha solo 24 anni (è nata il 24. 04. 1988 a Favara, in provincia di Agrigento, e lì risiede) ma possiede già un’esperienza tecnica nelle varie scansioni espressive che cesella ed ottimizza l’ecletticità dell’estro in polivalenza di scaturigini e ne permette un giudizio critico di pieno e convinto consenso.
Brillantemente laureata in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo presso l’Accademia di Belle Arti “Michelangelo” di Agrigento (titolo triennale in Pittura, e fra pochi giorni dottorato biennale specialistico in Decorazione pittorica), Tania si dimostra e sempre ci comprova d’essere Artista a tutto tondo, grazie ad una produzione ampia e di sicuro spessore creativo, esprimendo le sue “visioni interiori” (scrisse, a suo tempo, e come alto precursore, Henri Matisse che “la pittura serve all’artista ad esprimere le sue visioni interiori”; mentre Vassili Kandinskij, dal canto suo, aveva icasticamente annotato che “l’arte è la soddisfazione di una necessità interiore”; e potremmo arrivare, in questa contemporaneità che, fortunatamente, tutte le predilige, citando nello specifico, fra i tanti, il “mitico” Bill Viola) con una catalogazione di rimandi che, personalizzati nell’affinità cogitativa e generatrice dei diversi esiti di concretezza, sommano e moltiplicano costellazioni di presenze astrali in rutilante trasfigurare cosmologico, effigi affioranti per intensi dialoghi del configurare con incombenze di simboli reciprocamente coniugati da congenialità, anime mute ma eloquentissime di oggetti a frantumarsi o a ricomporsi parzialmente sulle tele per compensare, con tridimensionali epifanie di staticità, flussi del dinamismo esternati da soluzioni compositive in cui tornano a pulsare materializzazioni di emblemi e metafore a volte ben rimarcate da catene come alte sintesi dell’inanellare concettuale, griglie di equilibri compositivi sulle quali costruire seducenti stratificazioni d’un decorare giammai meramente fine a se stesso, quasi mondi da monitorare e decriptare su pavimenti di altri mondi solo in apparenza più fruibili per depistante immediatezza del percepire (quasi una sorta di monodialoghi – e mi sovviene, in proposito, Giorgio Manganelli – fra il Dentro e il Fuori, fra il Qui e l’Oltre, fra un Io decriptato ed altre auto-identità celate ma percepibili da perlustrare con caparbia e compostissima investigazione all’interno dell’Intimo); ed ancora, evocazioni di fisicità mitologiche fittiziamente risagomate su scenari e quinte di atmosfere tese a sublimazioni di trascendenza, “silhouettes” di solitudini su ambienti abilitati ad amplificarne le storie di tragedie o di struggimenti, florilegi di naturalismi sboccianti per morbidezze di corposità quasi materica e sicuramente non scevre da precisi agganci ad orientali essenzialità di sintesi ed evidenze del “non-finito” come superamento del completare ridondante d’ogni occidentalismo, ordinate scacchiere dell’esprimere come “textures” di eruzioni formali anche qui rimarcate da inserimenti di supporti oggettuali e oggettivi; ed infine (o, almeno, a dirla sino ad oggi, constatata l’inarrestabilità delle numerose ma interfaccianti e, per fortuna, mai sigillate coniugazioni dell’intuire sui pentagrammi visuali d’ogni “work in progress” tra mente e mano, fra estro e segno, fra segno e sogno) seducenti rituali di tracce deliberatamente trasferite sulla tela da passionali corporeità (i piedi dell’Artista, le cui palme divengono tracce ed indicatori direzionali di tragitti e orizzonti su luminescenze di scenografie d’Arcano in cromatismi di quietudini seduttrici: per Tania scrissi, a tal proposito, anche questa breve poesia: “La tela che hai nutrito di colori / attende le tue Orme di Dolcezza / E tu vi danzi sopra nella notte / seguendo i suoni della tua Innocenza /Mentre le stelle vibrano tremanti / Estasiate da un Angelo”), nonché le persistenze di quell’Occhio multiforme ma unificato da propositi ed esiti di coinvolgimento del fruitore all’ “optimum” d’un “feedback” che, poche settimane fa, m’ispirò anche una precisa deduzione critica (“Ho sempre detto ai miei laureandi che un’opera d’arte deve essere osservata “dinanzi, dentro ed oltre” il supporto espositivo che, in questo specifico caso, pur se fisicamente una tela, concettualmente s’appalesa e diviene uno specchio adatto ed appellato a divenire, nel suo multivalente riflettere, ergo rispecchiare e meditare in sincrono, sia “speculum memor” che assembla attualità ed enigmi, invocazioni e vaticini, desideri e presagi, sia strumento del “reflectere animum” anche attraverso un “occhio-ago” puntualmente precettato dall’Artista a monitorare autointerrogazioni e ad impetrare eterorisposte nella persistenza della decontestualizzazione del suo attenzionarlo come immediato (cioè “non-mediato”) referente d’un Io che, dinanzi, dentro ed oltre l’apparente / depistante staticità di moltiplicazioni del “cum-figurare”, interfaccia diverse epifanie d’un “unicum” in una lievitazione / levitazione di simbolismi abilitata a stimolare irresistibilmente le variabili di flusso del “feedback” d’ogni fruitore a divenire “re/azione” in risposta ad ogni indicatore direzionale unificato dall’approccio alla forma – l’occhio, appunto -ma diversificantesi, per segni & segnali, in “container” compositivo di congruo e raffinato equilibrio che attrae, coinvolge ed affabula).
Rimandando ad un prossimo futuro le valutazioni su altri aspetti dell’intuire e del creare che porteranno sicuramente l’Artista a proseguire e ad approfondire, ad esempio, anche ogni ottimizzabile cimento nella ritrattistica “strictu sensu” intesa, e / o in una personale rielaborazione d’ogni realismo architettonico e naturalistico soprattutto legato alla rievocazione raffigurante di quel Passato che, con inspiegabile caratura seduttiva, per l’Artista diviene sorprendente possesso di altre “visioni interiori” contrassegnabili come variegato e misteriosissimo “container” di sequenze d’ un fascinoso“déja vu” fra ricordo e tutela, rimpianto e nostalgia, della Memoria rurale e urbana delle proprie ascendenze familiari e dei contorni affabulanti del suo contesto territoriale gravido delle infinite tipologie della più vera sicilianità, e in attesa anche di questi esiti che, senz’altro, andranno a rivelarsi egualmente personalizzati e preziosi, vorrei solo rivolgere, in ultimo, i miei più vivi complimenti a Tania anche per un altro aspetto che, poche settimane fa, ha contribuito a qualificarla oltremodo sia come Artista ma anche da operatrice culturale per la valorizzazione del suo paese. Il 16 settembre scorso, assolutamente da sola, riuscendo a conciliare studio intensissimo e duro lavoro nelle attività economiche commerciali e rurali della famiglia, con ulteriore grande spirito di sacrificio ed in tempi brevissimi (poco più di una settimana) Tania è riuscita a realizzare al meglio l’evento “FabArt012”, da lei ideato e fortemente voluto, coinvolgendo nell’iniziativa ben tredici Artisti della provincia, lei compresa, e portando alla cerimonia d’inaugurazione non solo una cinquantina di quadri ma oltre un centinaio di persone di tutte le età che hanno apprezzato moltissimo le opere in mostra, con un eccezionale successo al quale ha contribuito in maniera determinante anche l’esemplare disponibilità imprenditoriale ed umana di Paolo Bellavia, titolare del favarese “Caffè degli Artisti”nonché sensibilissimo estimatore di arti visive e di musica. Per me, che ho avuto il piacere ed il privilegio di presentare l’evento, è stata l’occasione ideale non solo per presentare criticamente i tredici pittori, ma anche per tornare a ribadire duramente che sono sempre i giovani, benché irrisi, offesi ed ignorati da un regime infame, a dimostrarsi uniche fondamenta d’un futuro migliore. Tania, ragazza dolcissima e tostissima al tempo, ha regalato a Favara e a noi tutti una serata indimenticabile, ad alto livello e a costo zero, autogestendosi senza bisogno di passare, e in ginocchio, dalle luride dogane del politicume incolto e fornendo un magnifico esempio di volontà e di efficienza allo squallore d’un Oggi in cui la cultura italiana viene osteggiata da cecità e sordità istituzionali come mai nella storia della nostra Nazione.
Nuccio Mula