La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire. La frase non è mia, non mi appartiene e forse non sarei neppure stato capace di sintetizzare in così poche parole un concetto così grande. Rubo a George Orwell le sue parole e a voi la mia libertà. La libertà di dirvi ciò che non vorreste sentirvi dire.
È trascorso poco più di un anno da quando Bertino Parisi scriveva un’accorata lettera al Presidente Napolitano, chiedendo che gli suggerisse come doveva morire. Bertino non ha avuto bisogno di aspettare una risposta (mai arrivata) per lasciare questa vita. La morte – nel suo caso “naturale” – ha provveduto a toglierlo dalla difficoltà di dover decidere, sottraendolo anche all’attesa di una risposta.
A seguire Bertino, quanti hanno lasciato alla corda, ad un’arma, al vuoto o alle fiamme, il porre la parola fine ad un’esistenza sempre più difficile. La vita non vita di chi è già morto ma ancora non lo sa. E le carni di questi morti vanno ad arricchire la graticola infernale di quella stampa che aveva deliberatamente ignorato le loro urla di sofferenza, oggi – come avvoltoi – si precipita sulla notizia solo quando il puzzo del cadavere ammorba già l’aria.
Tra un morto e l’altro, mentre si perdono migliaia di posti di lavoro e si ricorre al taglio di servizi primari, i giornali ci narrano del concerto dei “Mammete io e tu e porca la vacca”, della “Sagra del pisello sfiorito del paese Roccacannuccia”, non trascurando però i problemi di un “albericidio” (ossia potatura non corretta) in centro città, con tanto di sottrazione del riparo notturno al passero dalle ali a pois che fino al decennio scorso viveva in campagna come da millenni hanno fatto intere generazioni di passeri d’ogni specie e sottospecie.
Poveri passeri e povere piante in sofferenza. Basterebbero tre o quattro potature corrette, magari effettuate dal coiffeur dei vip, per evitare cotanto dolore e perdita di dimore. Poco importa il costo di dette operazioni, né il fatto che i magri bilanci della Pubblica Amministrazione non consentano neppure di pensare alle umane dimore e a servizi essenziali quali la sanità e la pubblica istruzione, o a garantire diritti quali quello al lavoro.
Dinanzi la “sofferenza” della ficus dal peduncolo a palla, passa in secondo piano un bimbo che muore, un operaio o un impiegato che perde il lavoro, un vecchio senza pensione. E voi, specie i più giovani, che avreste diritto ad urlare chiedendo cosa ne sarà del vostro futuro, quale sarà il vostro lavoro, come farete a mettere su famiglia, lasciate che a sodomizzare il vostro cervello siano un pugno di onanisti mentali, i quali dopo aver svenduto la propria esistenza, oggi in vostro nome consegnano voti, onestà intellettuali e cervelli mandati all’ammasso.
L’ “albericidio” diventa priorità, dimenticando che esiste anche il “carcioficidio”, “il cavolfioricidio” e il “lattughicidio” che pagano il loro contributo di sofferenza per arricchire il nostro desco. I social network trasformati nelle vetrine a luci rosse di Amsterdam, espongono cervelli ad angolazione tale da non lasciar dubbi, mentre decine di commenti si sprecano sulla “Sagra del pomodoro ammuffito del comune di Vattelapesca” o sui mancati giochi pirotecnici della festa parrocchiale della “Pala di ficodindia scaduta”.
Anziché controllare cosa se ne è fatto di quel denaro, assicurandovi che vada speso per qualcosa che potessa rappresentare una priorità, siete lì a trastullarvi e a far godere quanti vi stuprano il cervello, senza capire che non sarà mai il fallimento o le critiche sulla “Sagra del pisello sfiorito del paese Roccacannuccia” a dar fastidio al potere.
Purtroppo, i movimenti d’opinione sulla “sofferenza” della ficus dal peduncolo a palla, che tanto dibattito generano sui social, vengono riportati da quei media che favoriscono l’elusione dei problemi reali. E ancora una volta i vostri commenti sui siti d’informazione consentiranno, a chi del giornalismo ha fatto meretricio, di poter proporre spazi pubblicitari a quanti vi stanno derubando del futuro.
Perdonateci se non abbiamo saputo darvi quello che i nostri padri diedero a noi. Perdonateci se non abbiamo il coraggio di scrivere ciò che dovremmo. Ma non perdonate la nostra disonestà intellettuale ogniqualvolta tentiamo di distogliere la vostra attenzione dai problemi reali, per indirizzarla verso la “Sagra del pomodoro ammuffito del comune di Vattelapesca” o per criticare un’amministrazione che al del concerto dei “Mammete, io e tu e porca la vacca”, ha preferito la creazione di un asilo, di un solo posto letto in più in un ospedale, la salvaguardia di un posto di lavoro o un piccolo aiuto economico alle famiglie meno abbienti.
E se dinanzi una disgrazia che poteva essere evitata (come una buca stradale pericolosa o una malefatta politica che ha gettato in mezzo una strada tanti padri di famiglia) abbiamo taciuto, invitateci a spegnere il computer ed evitare le azioni di sciacallaggio sulle altrui tragedie, delle quali in modo più o meno consapevole ci siamo resi complici.
Gian J. Morici