La calda estate Agrigentina di questi ultimi giorni è stata caratterizzata dal dilemma – Tassa di Soggiorno SI o NO?? –
La forte presa di posizione dell’Assessore al Turismo Giovanni Sciacca ha finalmente dato dignità agli operatori di un settore che in questo particolare momento di crisi hanno necessità di compattezza ed una visione positiva del futuro del turismo di questa città.
Innanzitutto parlare di tassa di soggiorno crediamo che sia assolutamente inadeguato e strumentale, almeno in questa fase.
Il concetto di “tassa” implica infatti il versamento di un tributo per il godimento di determinati servizi.
Servizi che facendo una rapida analisi, sia per quantità che per qualità Agrigento non sono assolutamente commisurati al pagamento di nessuna tassa.
Uno degli argomenti più utilizzati in favore dell’introduzione dell’imposta di soggiorno è l’esigenza di far concorrere il turista alle spese che il comune sostiene per predisporre i servizi e i beni pubblici che egli utilizza nella località di destinazione.
È bene ricordare che esistono diversi modi, indiretti e diretti, per far pagare al cliente-turista tali servizi.
Definiamo pagamento indiretto quello basato sul modello classico, in cui il cliente, ogni volta che paga il corrispettivo per la fruizione di un servizio turistico (pernottamento, spiaggia, etc.) o l’acquisto di un bene (il quotidiano, un souvenir, il rifornimento di carburante, etc.), alimenta il reddito dell’impresa (albergo, ristorante, negozio, laboratorio artigiano, etc.) e di tutti coloro che interagiscono con essa (titolare, collaboratori, fornitori, etc.).
Da tale incremento di reddito deriva il pagamento di una quota aggiuntiva di imposte (Ires, Irpef, Irap, addizionali, etc.), il cui ammontare entra nelle disponibilità delle istituzioni e viene utilizzato anche per l’organizzazione dei servizi generali che il turista utilizza
Questo approccio considera quindi il turista come generatore di valore. Più turisti equivalgono a più occupazione e più reddito, e quindi a maggiori entrate.
Valutazione e distinguo tra turisti ed escursionisti.
L’imposta di soggiorno grava solo su alcune categorie di visitatori, e cioè i turisti pernottanti, e non su altre, come ad esempio gli escursionisti giornalieri, che non alloggiano ma che possono avere un impatto decisivo rispetto alle destinazioni.
Per tal via, gli escursionisti finiscono per utilizzare i servizi in una località diversa da quella in cui hanno pernottato (e dove potrebbero aver pagato l’imposta di soggiorno).
Analogo è il caso delle escursioni che originano dalle navi da crociera, in cui la maggior parte del valore è trattenuta dalle compagnie.
Una valida alternativa alla tassa di soggiorno, sono gli oneri a carico dei bus turistici escursionisti.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, l’imposta di soggiorno può sostituire, in tutto o in parte, gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell’ambito del territorio comunale.”
La circostanza che si preveda la possibilità di togliere o modificare il ticket sui bus turistici lascia intendere che si dovrebbe avere una visione d’insieme della finanza di un comune.
In ogni caso, tale facoltà è stata pressoché ignorata dagli enti locali. Forse sarebbe stato opportuno porre in modo alternativo il problema: o bus turistici o imposta di soggiorno, in modo analogo a quanto previsto per l’imposta di sbarco.
Di fatto l’istituzione di un dazio a carico dei bus turistici escursionisti renderebbe la destinazione Agrigento base di partenza per i Tour in Sicilia i quali muniti di pass gratuito fornito dalle strutture turistiche in cui alloggiano o dai ristoranti in cui si fermano per pranzo.
Al contrario pagherebbe chi sceglie Agrigento come meta di passaggio come ad esempio i tour operator che scegliendo come destinazioni base altre città siciliane concorrenti, di fatto usano i servizi Agrigento senza un reale ritorno per l’economia cittadina.
Ecco i perché dei No alla Tassa di soggiorno:
La decisione di individuare l’esercizio ricettivo come punto di prelievo, è profondamente iniqua, sia perché non risponde all’esigenza di far pagare ai non residenti il prezzo dei servizi utilizzati (ad esempio, restano esenti tutti coloro che non pernottano all’interno del territorio comunale, così come gli escursionisti e i pendolari), sia perché fa gravare l’onere dell’imposta e dell’imposizione su una sola delle molte attività che traggono beneficio, direttamente o indirettamente, dall’economia turistica.
L’imposta di soggiorno, al contrario della tassa di sbarco (utilizzata nelle isole minori) uccide la gallina dalle uova d’oro, in quanto scoraggia la permanenza. L’imposta di soggiorno colpisce chi si ferma più di un giorno, acquistando sul territorio una maggior quantità di beni e servizi. Questi consumi si traducono in reddito per tute le attività produttive (non solo per quelle turistiche) e per le persone che con le stesse collaborano, e – a cascata – in un maggiore gettito per l’erario e per gli enti locali.
La federazione degli albergatori italiani ribadisce la propria ferma contrarietà all’imposta di soggiorno, che riduce la competitività del sistema turistico italiano senza apportare concreti benefici.
Federalberghi, nel confermare il proprio impegno volto al superamento dell’imposta di soggiorno, intende anche vigilare sulla corretta applicazione della norma vigente, al fine di accertare che non vengano valicati i limiti stabiliti dalla legge e che il relativo gettito venga effettivamente destinato a finalità di interesse turistico e non al mero ripianamento dei deficit dei bilanci comunali.
Emblematici sono gli articoli apparsi sul Giornale di Sicilia di Domenica 12 Agosto dove sulla cronaca di Agrigento troviamo un articolo di Federalberghi Agrigento che ribadisce la netta contrarietà ad una tassa che nel suo fondamento dovrebbe portare introiti destinati al miglioramento dei servizi al turista e subito accanto troviamo una articolo che descrive la scelta dell’amministrazione comunale di organizzare eventi estivi (non direttamente conessi con un dimostrato valore turistico) prelevando 60.000 euro dal ticket della valle dei templi, che per legge regionale sono vincolati al miglioramento dei servizi delle zono archeologiche dalla quale derivano.
Confermando con ciò che l’introduzione della tassa di Soggiorno ad Agrigento serve solo a coprire con una coperta,(purtroppo molto corta) il fallimento della politica e di una amministrazione miope ai reali bisogni delle classi produttive locale.
In conclusione la tassa di soggiorno
-”rende i territori meno competitivi sui mercati nazionali ed internazionali e rischia di rendere meno attrattiva Agrigento come destinazione turistica”,
-rende ancora più pesante ”un carico fiscale già insostenibile”,
-fa diventare le strutture ricettive sostituti d’imposta ”mentre tutti gli altri settori economici che beneficiano del turismo ne saranno esenti”,
-”scarica il peso della crisi sui turisti invece di tagliare i costi della politica” e
-”colpisce gli imprenditori, i lavoratori, la filiera e l’intero sistema economico”
-il settore è in difficoltà, con il 20,5% di occupazione media annua con una redditività assolutamente inferiore a quella di strutture ricettive di altre destinazioni turistiche”.
-Inoltre ”gli operatori programmano i loro pacchetti/offerte con molto anticipo e non possono chiedere più soldi ai loro clienti a contratti già fatti”.
-”Qualche impresa potrebbe decidere di accollarsi l’imposta per non perdere clientela”, con ”conseguenze negative” per le imprese stesse e per i lavoratori.
-Infine si prevedono ”inevitabili ricadute negative sul già difficoltoso rapporto con il credito a causa del decremento della redditività delle aziende ricettive”.