“Spiranza e Libirtà” – In memoria di Filippo Gebbia

Matri. Matruzza mia bedda

ti taliu e vai ripitennu pi la via

quantu e ranni lu duluri di na matri

ti tingisti di niuru comu Maria

Maria Addulurata

a li pedi di la cruci.

Mamà! Mamà chi t’arristà na fridda balata,

na fotografia e du sciuriddri

Oh Matruzza mia duci

S’avissi nu putiri ranni

ma ranni comu a Domini

e lu putissi fari

ti lu purtassi iu a Filippuzzu to’

accussì ti lu putissitu vasari.

Ma iu Matruzza cara

nun pozzu fari nenti

Sugnu sul una povira murtali

ca chianci lu fratuzzu so’

mortu nnuccenti.

Con queste parole, Leonarda Gebbia, il giorno dopo l’uccisione del fratello in quella che viene ricordata come la “prima strage di Porto Empedocle – Agrigento” (21 settembre 1986), si rivolgeva alla madre. Parole rimaste scritte su un foglio di carta, che soltanto ieri, 8 marzo 2012, la mamma di Leonarda e Filippo ha potuto ascoltare dalla voce della figlia.

La sala dell’auditorium della scuola media “Vivaldi” di Porto Empedocle, è gremita da studenti, genitori, familiari di vittime di mafia. Presenti gli studenti della scuola secondaria di 1° grado, ”Salvatore Quasimodo” di Palermo, che in occasione della  manifestazione dedicata alla memoria di Filippo Gebbia, portano in scena “Spiranza e Libirtà”, un’opera teatrale scritta dalla prof.ssa Giusi Vitale.

Tra i familiari delle vittime di mafia, Carbone, Maniscalco, Cuttitta, Miraglia, Ciminnisi, Calì, Virone. Il sindaco di Porto Empedocle, Lillo Firetto, ha già portato il suo saluto all’inaugurazione della Camera del Lavoro della Cgil, intitolata a Filippo Gebbia. Durissimo l’intervento  della segretaria provinciale della CGIL di Agrigento Mariella Lo Bello, la quale, nel sottolineare come l’anno della CGIL inizia il 4 gennaio, presso il cimitero di Sciacca, con la commemorazione del sindacalista Accursio Miraglia, ucciso dalla mafia, ha ricordato ai presenti i gravi fatti di sangue che videro Porto Empedocle teatro di una guerra di mafia. Nessuna remora, nessun tentennamento, nel pronunciare i nomi di quelle famiglie che tanti lutti causarono, compreso quello della famiglia Gebbia.

Pochi i politici presenti all’auditorium (il consigliere provinciale Roberto Gallo e l’assessore comunale Scimè). Assente la stampa.

Toccante l’intervento di Leonarda Gebbia, che conclude con un invito ai ragazzi ad avere rispetto per la propria vita.

La mamma di Filippo e di Leonarda, seduta in prima fila, lascia trasparire la commozione e tutto il dolore che ancora si porta dentro.

Sono gli studenti della “Salvatore Quasimodo” che fanno rivivere in scena Accursio, Placido, Peppino, Carlo Alberto e i tanti altri, che gridano il loro dolore. Non il dolore delle loro vite spezzate. Il dolore di una Sicilia stretta nella morsa della mafia, paralizzata dall’omertà. Una Sicilia che soltanto dopo la morte di Falcone e Borsellino, inizia a ribellarsi dando vita alla “Stagione delle Lenzuola Bianche”, che vede oggi in questi ragazzi la speranza di un cambiamento.

Ragazzi che provengono da uno di quei quartieri che hanno rappresentato il vivaio della criminalità, che oggi si ribellano e diventano i protagonisti di una nuova stagione di legalità.

Una stagione di legalità, che grazie all’attività educativa svolta dal direttore didattico della scuola media “Vivaldi” di Porto Empedocle,  vede in questa cittadina che fu scenario di una guerra di mafia, un momento di riscatto e di speranza.

Una speranza fondata nella memoria, nel ricordo delle tante vittime innocenti, nella volontà di sottrarsi alla morsa della mafia.

Un invito a non dimenticare, scritto da Umberto Santino, e letto da Giusi Vitale e Nico Miraglia, ai tanti ragazzi presenti, affinchè siano loro, tornando in famiglia, ad educare noi adulti che spesso dimentichiamo:

Ricordati di ricordare

coloro che caddero

lottando per costruire

un’altra storia

e un’altra terra

ricordali uno per uno

perché il silenzio

non chiuda per sempre

la bocca dei morti

e dove non è arrivata

la giustizia

arrivi la memoria

e sia più forte

della polvere

e della complicità.

 

Ricordati di ricordare

l’inverno dei Fasci

quando i figli

dei contadini del Nord

spararono sui contadini del Sud

e i mafiosi aprivano il fuoco

sapendo di essere

i cecchini dello Stato.

 

Ricordati di Emanuele

che fu accoltellato

dai sicari degli speculatori

e del trionfo degli assassini

nella città cannibale.

 

Ricordati di ricordare

il sangue versato sulla terra

e le file lunghe degli emigranti

che portarono la Sicilia

sulle piazze del mondo

a svendersi

come merce a buon mercato.

 

Ricordati di Luciano

Lorenzo Bernardino

Nicolò Giovanni

Sebastiano

Andrea Nunzio

Agostino Gaetano

Accursio

Giuseppe Vincenzo

Epifanio Placido

(e del bambino Giuseppe

che vide l’assassinio di Rizzotto

e il medico-capomafia Navarra

cancellò per sempre

la verità dei suoi occhi)

Calogero Carmelo

e di tutti gli altri

che hanno perduto

vita e nome.

 

Ricordati di Margherita

Vincenzina Castrense

Filippo Francesco

Giorgio Giovanni Giuseppe

Serafino Vito

che confusero il loro sangue

con le ginestre

che sbocciavano

nel mattino di maggio.

 

Ricordati di Salvatore

che morì abbracciato alla terra

della madre Francesca

che chiedeva giustizia

e trovò lo scherno

degli assassini.

 

Ricordati di Peppino

che infranse

i comandamenti dei padri

sbeffeggiò il potere

ed esplose sui binari.

 

Ricordati di Pio e Rosario

che erano comunisti

e lottavano contro la mafia

per la pace.

 

Ricordati di Pasquale

Piersanti Giuseppe

che cercarono di spezzare

il patto con il delitto.

 

Ricordati di Mario

Pippo Mauro Beppe

che vedevano e parlavano

mentre gli altri tacevano

e non guardavano.

 

Ricordati di Graziella

che ancora si chiede perché

della sua vita rubata.

 

Ricordati di Claudio

che giocava

con i suoi undici anni

e incontrò la morte

a un angolo della strada.

 

Ricordati di Barbara

Giuseppe e Salvatore

che svanirono

nel lampo di Pizzolungo.

 

Ricordati di Giuseppe

che sognava di volare

nel cavallo dell’alba

e trovò la notte

nella mani del boia.

 

Ricordati di Mario Silvio Calogero

Pasquale Eugenio

Mario Giorgio

di Filadelfo

di Boris

di Cesare e Lenin

di Domenico Giovanni

Salvatore

di Emanuele

di Gaetano

di Vito

di Luigi Silvano

Salvatore Giuseppe

di Carlo Alberto Emanuela

Domenico

di Calogero

di Giangiacomo

di Mario Giuseppe Pietro

di Rocco Mario Salvatore

Stefano

di Bebbe

di Ninni e Roberto

di Natale

di Antonio e Stefano

di Ida e Antonio

e del loro figlio non nato

di Rosario e Giuliano

di Giovanni Francesca

Antonio Rocco Vito

di Paolo Agostino Claudio

Emanuela Vincenzo Walter

di Giuseppe

che servivano lo Stato

e trovarono la morte in agguato

e la solitudine alle spalle.

 

Ricordati di Biagio e Giuditta

che attendono ancora la vita

al capolinea della morte.

 

Ricordati di Libero

che non volle piegarsi

mentre la città era ai piedi

degli estorsori

di Pietro Giovanni

Gaetano Paolo e Giuseppe

che seppero dire di no.

 

Ricordati del medico Paolo

che non volle attestare il falso

di Giovanni che denunciò

gli ordinari misfatti

sulle scrivanie della regione.

 

Ricordati di Rita

che non volle più vivere

perché avevano ucciso

la speranza.

 

Ricordati di Giorgio

di Costantino

di Stefano

di Pino

preti di un Cristo quotidiano

fratello degli ultimi

crocifisso dai potenti.

 

Ricordati di Giuseppe

di Domenico

di Filippo

sangue ancora vivo

nomi che dobbiamo aggiungere

al nostro rosario di morti.

 

Ricordati di ricordare

i nomi delle vittime

e i nomi dei carnefici

(i notissimi ignoti

di ieri e di oggi)

perché tutte le vittime

siano strappate alla morte

per dimenticanza

e i carnefici sappiano

che non finiremo mai

di condannarli

anche se hanno avuto

mille assoluzioni.

 

Ricordati di ricordare

le impunità

le protezioni

le complicità

gli interessi

che hanno fatto

di una banda di assassini

i soci del capitale

e i gemelli dello Stato.

 

Ricordati di ricordare

ora che le bombe

degli attentatori

scuotono le città

che vogliono affrancarsi

e sui teleschermi

della seconda repubblica

si intrecciano i segnali

delle nuove alleanze.

 

Ricordati di ricordare

quanto più difficile

è il cammino

e la meta più lontana

perché

le mani dei vivi

e le mani dei morti

aprono la strada.

 

 

Umberto Santino

 

 

E se qualcuno volesse dimenticare, non gli sarà difficile incontrare Leonarda, la mamma, Giuseppe, Gaspare, Tiziana, Nico, Angelo, Rita  e i tanti altri che hanno perso un proprio caro. Basterà guardarli negli occhi per ricordare. Loro non hanno dimenticato…

 

Gian J. Morici

 

 

(Foto Di Miceli Giovanni Porto Empedocle)

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