Nudi per protesta. Dai Doukhobors a Ai Weiwei

Il nudo come protesta sembra aver caratterizzato il 2011. Tra i casi che hanno creato più clamore, quello della blogger egiziana Magda Aliaa al-Mahdi,  che per protesta ha postato sul suo blog immagini che la ritraevano completamente nuda, e le donne israeliane, che per solidarietà alla al-Mahdi, si sono fatte fotografare in topless.

Atti di protesta che hanno suscitato  l’ira di fondamentalisti islamici, guardiani della morale, ma che sono stati criticati anche dai liberali laici che partecipano al movimento della rivoluzione egiziana.

Ma non sono soltanto le donne ad utilizzare il nudo per protestare. In Cina, accusato di pornografia, per aver reso pubbliche immagini che lo mostrano nudo, è Ai Weiwei, un artista dissidente, il cui gesto ha portato circa cento persone a solidarizzare con lui, posando completamente nude dinanzi l’obiettivo, e pubblicando le loro foto su internet.

Ma la nudità, come forma di protesta, non è assolutamente un fenomeno nuovo.

Già in passato era stata usata per attirare l’attenzione in una protesta pubblica. A partire dai primi del novecento, quando il movimento dei Doukhobors nato in Russia nel XVIII secolo come movimento di protesta in seno alla Chiesa cristiana ortodossa, subì la repressione da parte del regime, che costrinse nel 1902 gli aderenti al movimento, a emigrare in Canada.

Fu in Canada, che una piccola parte della comunità dei Doukhobors  iniziò ad utilizzare il nudo come gesto di protesta.

Una forma di protesta che raggiunse il massimo della sua diffusione negli anni ’60, quando venne adottata nel corso di molte manifestazioni femministe, antiglobal o pacifiste.

Perché dunque scandalizzarsi se dopo oltre un secolo c’è ancora chi ricorre al nudo per protestare?

Dovremmo scandalizzarci più del fatto che esistono ancora regimi e società repressive, quali quella cinese o quella degli stati musulmani, che non del fatto che c’è chi non accettando tutto ciò, sfida con l’immagine del proprio corpo gli apparati repressivi, aggredendo uno dei tabù più difficili da sconfiggere: la sessualità.

Un tabù comune a più popoli e religioni. Basti pensare alla verginità di Maria, sancita dai vescovi riuniti al secondo concilio di Costantinopoli (553), che fondarono il dogma della verginità perfetta, che implica la nascita verginale di Gesù, raggiungendo il massimo, con la bolla Ineffabilis Deus, di papa Pio IX  (8 dicembre 1854), che sancisce l’immunità dal peccato di Maria fin dalla sua nascita, non essendo la stessa neppure soggetta al peccato originale.

Non siamo in grado di sapere quanto efficaci siano state le proteste di Ai Weiwei e di Magda Aliaa al-Mahdi, ma ci sentiremmo di scommettere sul fatto che prima di arrivare a queste forme di protesta, sono stati espediti tutti i tentativi possibili per confrontarsi su un piano democratico.

Ma regimi e società repressive, non possono aprirsi al confronto. E, in mancanza di dogmi da porre, altro non resta loro che la repressione violenta di ogni forma di protesta.

Il 2011 è stato dunque soltanto un viaggio a ritroso nel tempo, che ci ha riportato al movimento dei Doukhobors e alle loro pacifiche forme di protesta.

Meno pacifiche sono le reazioni dei governi e della società…

Gian J. Morici

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