Oggi tratteremo due argomenti o meglio due reati che, specie nella nostra provincia e specie negli ultimi tempi, sono quasi all’ordine del giorno. La diffamazione, nelle sue varie forme, e la calunnia.
Spesso, sebbene si tratti di due reati che hanno un peso specifico diverso, una diversa gravità e quindi diverse conseguenze, il passo tra la diffamazione e la calunnia è breve e può accadere di sconfinare dalla diffamazione alla calunnia con conseguenze ben diverse.
Cominciamo con l’affrontare il reato di diffamazione il cui principio di base è dettato dall’art. 595 del codice penale il quale recita “Chiunque, fuori dai casi di ingiuria, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni. Se l’offesa consiste nella attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a lire quattro milioni. Se l’offesa è recata a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione. Se l’offesa è recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.
L’interesse tutelato dalla norma non è la considerazione che ciascuno ha di sé o il semplice amor proprio bensì la reputazione della persona in rapporto all’opinione del gruppo sociale per cui è ravvisabile l’illecito penale della diffamazione quando vi sia una distorsione della effettiva identità personale o alterazione, travisamento, offuscamento, contestazione del patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale ed a tale lesione si pervenga mediante offesa alla reputazione.
Ricorrono i presupposti della diffamazione quando l’addebito sia espresso in forma tale da suscitare il semplice dubbio sulla condotta disonorevole anche quando le frasi consistano in espressioni non vere e non obiettive ma anche quelle semplicemente insinuanti.
Il reato di diffamazione o comunque nei reati contro l’onore in genere, la verità del fatto attribuito non elimina di per sé il carattere offensivo dell’azione, in ogni caso, però, i delitti di ingiuria e di diffamazione non sussistono quando l’offesa all’altrui personalità morale non risulti oggettivamente illegittima, ma sia invece giuridicamente lecita o penalmente indifferente per la presenza di cause di giustificazione, anche non codificate, quali possono essere, tra gli altri, l’adempimento di un dovere, l’esercizio di diritti soggettivi o di facoltà legittime e il consenso dell’avente diritto.
Per configurarsi il reato di diffamazione con l’aggravante prevista dal comma II dell’art. 595 c.p. è sufficiente che le espressioni usate evochino alla comprensione del lettore concrete azioni vituperose o che il fatto sia indicato in modo tale da suscitare nel lettore o nell’ascoltatore la rappresentazione sostanziale di un accadimento nella concreta ed inconfondibile unicità ed individualità.
L’art. 596 c.p. poi stabilisce che il colpevole dei delitti previsti dai due articoli precedenti (ingiuria e diffamazione) non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa tranne che in alcuni casi specificatamente previsti dallo stesso articolo come ad esempio se la persona offesa è un pubblico ufficiale ed il fatto si riferisce a sue infrazioni o se per quel fatto la persona offesa sta subendo un processo penale.
Gli articoli successivi si occupano poi della diffamazione a mezzo stampa prevedendo che in questo caso le conseguenze dell’art. 595 c.p. si applicano al direttore o vicedirettore responsabile, all’editore e allo stampatore.
Si tratta, comunque di un reato perseguibile e punibile a querela della persona offesa ragion per cui se la persona offesa rimette la querela il procedimento subisce un arresto.
Naturalmente, come tutti i reati anche quello di diffamazione riconosce il diritto ad una riparazione pecuniaria. La persona offesa può costituirsi parte civile nel procedimento penale e richiedere alla Autorità Giudiziaria un risarcimento dei danni esponendo le conseguenze che l’azione ha comportato a danno della persona offesa.
Si tratta di una sanzione di natura civilistica accessoria rispetto alla sanzione prevista dal codice penale e, pertanto, spesso accade che il Giudice penale, dopo avere accertato la penale responsabilità dell’autore dell’illecito rinvii al Giudice civile la decisione circa l’entità della sanzione civilistica e, quindi, l’entità del risarcimento il quale spesso dipende dalla gravità delle affermazioni ma anche dal ruolo sociale della persona offesa.
Il reato di calunnia è disciplinato dall’art. 368 del codice penale il quale stabilisce che “Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità Giudiziaria o ad altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata se s’incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un’altra pena più grave. La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; e da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo.
La calunnia è un reato istantaneo la cui consumazione si esaurisce con la comunicazione alla autorità di una falsa incolpazione a carico di persona che si sa essere innocente e costituisce un elemento materiale del reato che come tale va apprezzato al momento consumativo.
La ragione della incriminazione si fonda sul fatto che l’autorità giudiziaria sia tratta in inganno e fuorviata per cui pone in essere tale delitto chi allo scopo di difendersi in un processo accusi falsamente altri di un reato e ciò in quanto tale condotta, certamente riprovevole dal punto di vista sociale, non ha alcuna attinenza con il diritto di difesa.
Basta portare a conoscenza dell’Autorità giudiziaria circostanze di fatto idonee ad indicare taluno come colpevole di fatti costituenti reato da lui non commessi perché si realizzi l’elemento materiale del reato di calunnia, poiché ciò che ha rilievo è che siano riferiti determinati fatti o comportamenti la cui valutazione va effettuata con criterio oggettivo dall’autorità giudiziaria.
La certezza dell’innocenza dell’incolpato costituisce l’essenza del dolo e deve essere piena ed assoluta nel momento in cui l’incolpazione ha luogo.
Il delitto di calunnia si può commettere anche riferendo fatti appresi da altri ovvero voci o maldicenze correnti, qualora il denunciante abbia la coscienza che l’incolpato non abbia commesso il fatto.
Per il delitto di calunnia non è concessa la attenuante di cui all’art. 62 n. 1 e cioè l’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale, qualunque sia stata la finalità perseguita dal reo, posto che l’ordinamento giuridico non può ammettere o riconoscere alcuna positiva valenza alla falsa incolpazione di un innocente.
Fin qui gli aspetti giuridici dei due reati e dalla lettura di essi è comprensibile che lo sconfinamento tra diffamazione e calunnia è un elemento molto sottile specie in determinati ambienti, come quelli politici, dove spesso il linguaggio e la battaglia politica travalicano i limiti della decenza e si sfora la sfera personale dell’avversario politico con accuse che in alcuni casi comportano soltanto una accusa all’onore ma in altri sono vere e proprie accuse di commissione di reati che il più delle volte risultano infondate.
Nel nostro paese e nella nostra provincia in particolare ciò accade molto di frequente e vi sono personaggi che sono maestri nella attività di delatori.
L’unico consiglio che si può dare, al di là di ricordare che le battaglie politiche debbono essere improntate alla lealtà e debbono avere come obiettivo l’interesse di chi si amministra o comunque l’interesse della comunità e non quello dello personale e carrieristico sulla pelle degli altri, l’unico consiglio dicevo è di connettere la lingua al cervello quando si esprimono opinioni.
Cordialmente
Avv. Giuseppe Aiello
3389622713
Purtroppo nella nostra zona la calunnia non viene perseguita sempre
molto interessante…….
Nella primavera 2110 sono stato accusato da due persone di avere ucciso una loro parente. lo denunciarono ai carabinieri sottoscrivendo l’affermazione di proprio pugno. da quel giorno sono stato indagato come occultatore di cadavere in seguito a un infarto venutogli alla vittima appurato dal medico legale . fino a qui il magistrato accantono l’uccisione anche perche mi trovavo in altra citta’ ma continuavo ad essere indagato per occultatore di cadavere creandomi una crisi depressiva,uno stop al mio lavoro di musicista-cantautore e oltre 7 mesi di degenga ospedaliera x vari malori provocati da una spinta dei due davanti alle autorita’. solo dopo 2 anni e mezzo il caso si e’ archiviato per prove che mi hanno scagionato totalmente. la mia vita e’ disrutta x questa calunia. solo 2 mesi fa’ ho trovato la forza si querelare questi calunniatori.aspettiamo i risvolti. mi scuso se sembro vendicativo io una brutta fine l’ho fatta ma loro che sorte avranno precisando che il piu’ giovane sta sotto le armi come un candito.aspetto risposta grazie. ciro ricci
Articolo 368 del codice penale:
“chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un`altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni.”
La pena è aumentata se s’incolpa taluno di un reato del quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un`altra pena più grave.
La reclusione è da quattro a dodici anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni, è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo.