E’ stato strano. Il modo in cui Federico mi ha guardato. Il saluto che ha biascicato a metà, senza riuscire a staccarmi gli occhi da dosso. Dalle gambe per prime. Dai capelli, dalle labbra, dagli occhi, dai piedi. Dai piedi… dai miei tacchi da dieci sotto una mini vertiginosa, con un metro di coscia in mezzo! Insomma, sono una donna lo sai da una vita! E tu sei gay, e lo so da una vita. E ci odiamo dal primo giorno in cui ci siamo incontrati. Non ci salutiamo neanche, se possiamo evitarlo. E non perché tu sei gay. Forse perché io sono donna? Forse semplicemente perché tra vicini succede? Forse perché tu rompi parecchio. Perché quando sei tu a tenere la musica a tutto volume o la tv accesa sotto il mio cuscino alle tre del mattino deve andar bene per tutti, quando sono io che ho bisogno di stendere i panni devo strizzarli per bene che se no ti si bagna il terrazzo; e non posso lavare i vetri, che se no ti ci cade il sapone. Perché tu stai al piano di sotto e hai il terrazzo. Dove non fai entrare nessuno a ripulire le erbacce e potare quella maledetta vite americana che d’estate mi entra fino in casa. E purtroppo non solo lei ma tutti gli animali che la amano, costringendomi a tener chiuse le finestre. Col caldo che fa. E non lo fai neanche tu. Non pulisci e non poti. E sbraiti per due gocce d’acqua. Ok, forse anche io rompo parecchio. Perché te lo dico e perché ti rispondo. E perché forse chi c’era prima di me era più accomodante. O forse solo perché tu sei arrivato prima di me. O perché rompo e basta e non me ne accorgo. Ma questo non toglie che il tuo guardarmi stasera mi è rimasto addosso. E’ stato strano. Insomma era lo sguardo di un uomo.
E’ strano. Insomma non è strano che io guardi una donna, le ho sempre guardate. Non mi interessano. Non mi interessano fisicamente. Forse neanche mentalmente credo, anche se faccio un torto alle mie amiche dicendolo visto che di amiche ne ho. Più o meno. Più o meno nel senso che sono amicizie sommarie. Si magari con qualcuna ci parlo di più ma non è come per altri come me, che trovano spesso più facile legare con loro. A dire il vero lego poco con tutti. E ovviamente credo dipenda da me. Da me che parto in difesa. Che nonostante gli anni e la consapevolezza e le scelte continuo a sentirmi osservato, giudicato. Forse è generazionale. I ragazzi che ho frequentato non si sentivano come me. Forse dentro si, o forse ci si sono sentiti, per qualche tempo. Poi una volta passato il segno, girata la boa, hanno fatto la loro scelta e si sono accettati. Io forse non ci sono mai davvero riuscito. Perché quando ero ragazzo io, o perché mia madre, o perché a scuola. In realtà perché non lo so. Non mi sono mai fatto neanche tante domande. Ed ho sempre cercato uomini molto più giovani che non ne facevano e non mi impegnavano a farmene. E stasera mi chiedo perché mi sto facendo tante domande. Davanti all’immagine delle gambe di Laura.
La cosa strana è che sapevo perfettamente che dietro quello sguardo di uomo c’era il tuo sguardo. C’era lo sguardo di Federico che giustamente non mi ha mai guardata. O se mi ha guardata mi ha guardata come forma vivente contro la quale sfogare i momenti di rabbia in risposta alla solitudine. Che lo vedo che è lì da solo. Come me d’altra parte. Con i trilli di Messanger che ci ascoltiamo attraverso il solaio. Forse è questo che mi ha fatto strano. Il vedere per la prima volta un uomo dietro il rompiscatole. O dietro le sue scelte che non ho mai pensato di dirgli che son sue e basta, e mi stanno bene. Nel senso che non mi cambia niente. Anche chi è etero fa delle scelte per quello che mi riguarda. Forse io ancora non le ho neanche fatte e non mi interessa di farne. E non credo che avrebbe voluto saperlo, magari si sarebbe incazzato, o mi avrebbe odiato di più. Mi hai guardato le gambe. Beh ok, mi hai guardato le gambe. Sfido! Ero tirata come una dea! Saranno vent’anni che mi conosci e non mi hai mai vista così! E so fare di peggio te l’assicuro! Se vuoi stendere un uomo posso… che cazzata! Sono le mie di armi che conosco, delle vostre non so un accidente. Magari potessi saperne di più!
Abiti qui da quasi vent’anni. Ma mi ricordo di te ragazzina. Di te e di una frotta di marmocchi biondi che veniva di tanto in tanto a trovare la zia. La zia del piano di sopra. Che rompeva parecchio più di te. Che litigava con mia madre anche sei volte al giorno. E mi ricordo anche di quando tua zia se ne andò. E delle feste da te, prima che nella sua casa venissi ad abitarci. Mi ricordo chitarre, canzoni, luci soffuse. Ho immaginato sorrisi e mani. E lacrime anche. Ma non ti ho mai detto niente. Ti ho guardato le gambe Laura. Ti ho guardato le gambe e i capelli e le labbra e gli occhi truccati perché eri bellissima e raggiante. E io so vedere quello che è bello. Anche se me ne sto qui rintanato. Ho avuto ragazzi bellissimi. E so che li hai visti. Che li hai guardati. Io dico che hai guardato anche me prima che. Perché anche io ero bello. Ero o lo sono ancora. A volte. Ti ho guardato le gambe perché erano anni che non ti vedevo così. Ho quasi pensato che ti cambiasse la vita stasera. Stasera ho visto una donna. Al di là della rompiscatole. Al di là del sesso, delle scelte, delle divergenze, delle differenze. Ognuno fa le sue. E non mi sono sentito libero delle mie. Per la prima volta quel peso che ho sempre evitato evitando i contrasti mi è crollato sul cuore. L’ho visto sul tuo. Diverso ovviamente. Il tuo peso erano gli anni in cui hai chiuso te stessa. Tuta scarpette e capelli legati. Sei bella lo stesso. Insomma so vedere quello che è bello.
Quando sono rientrata la tua luce era accesa. D’altra parte era presto. Tiri l’alba proprio come me. In chat con qualcuno o con nessuno. In attesa. In attesa di niente. Mi sono tolta le scarpe. Non credo di averlo fatto per non disturbarti. Forse volevo che non mi sentissi. Che pensassi che tutto quel po’ che avevi guardato qualcuno se lo fosse goduto. O che almeno me lo fossi goduto io. Domani sarò di nuovo quella di sempre. Magari per sempre. O magari comincerò a chiedermi a che cosa e per cosa sto rinunciando ad essere quella che sono. E ti stenderò i panni senza strizzarli. Noi donne siamo così certe volte.
L’ho sentita rientrare. Avrei preferito non sentirla. O almeno non sentirla rientrare da sola. Come torno io, sempre più spesso. E mi accorgo che c’è qualche parte dell’anima che invece ne sta quasi gioendo. Quella che non so far tacere. Che si sente diversa. Che non si è accettata. Con la quale non ho mai voluto parlare. E’ vigliaccamente felice che Laura che non è diversa sia sola. Come me. Domani le metto la musica a palla mentre riposa. Noi gay certe volte siamo così.