Stilate le graduatorie definitive sulle città italiane capoluogi, secondo la diciottesima edizione dell’annuale monitoraggio sull’ecosistema urbano condotto da Legambiente e Ambiente Italia.
Il punteggio finale riportato dal quotidiano “Il Sole 24 ore” relativo all’indagine sullo stato di salute degli agglomerati urbani – si legge nel comunicato stampa del Comune di Agrigento -, ha visto purtroppo le città del meridione agli ultimi posti della classifica articolata in città grandi, medie e piccole, tra le quali, però, Agrigento, inserita nel gruppo dei siti urbani piccoli (meno di 80.000 abitanti) si colloca in una buona posizione centrale della graduatoria (32° posto), distanziandosi considerevolmente anche da Trapani, Enna, Caltanissetta, Siracusa e Catania in coda alla classifica.
L’indagine sull’ecosistema urbano si articola su più fronti di monitoraggio, dall’aria ai trasporti, dall’acqua al verde pubblico, dai rifiuti all’energia ed alla viabilità urbana, avendo anche attenzione all’intervento sul territorio e alla capacità di risposta dell’amministrazione locale.
La città di Agrigento, pur non riuscendo a superare il centro della classifica, tuttavia per alcuni indicatori sull’eco sostenibilità, primeggia rispetto anche ad alcune virtuose città del nord: zero rischio ozono, scarse emissioni pericolose, consumi idrici domestici molto contenuti, molto verde fruibile in zona urbana.
Le città del sud sono il fanalino di coda nel rapporto sull’ecosistema urbano, ma ad Agrigento, che riesce a classificarsi al centro delle città capoluogo monitorate, si riconoscono alcuni segni di indiscutibile miglioramento delle condizioni di vivibilità urbana e di sostenibilità eco ambientale: uno spiraglio di ottimismo, se si considera la continua emergenza dei centri urbani sui problemi del traffico, della distribuzione idrica, dell’energia, dell’inquinamento. Tuttavia, con risorse finanziare sempre in calo, la sostenibilità ambientale rimane un obiettivo sempre più difficile da raggiungere.
32° posto su 44 realtà censite non vuol dire stare a metà ma collocarsi nella parte bassa della classifica. Se a penalizzare poi sono i dati sulla depurazione delle acque e quelli sulle perdite della rete idrica (49%), la raccolta differenziata dei rifiuti e i dati sulla superficie pedonalizzata e di verde urbano fruibile (per la maggior parte recentemente ripristinato) non possiamo gongolarci. I meriti sono attribuibili quasi esclusivamente alle minacciate buone risorse naturali che sfruttiamo.