Con un documento trasmesso al sindaco di Ribera, Carmelo Pace, il Segretario di Sinistra Ecologia Libertà Angelo Renda, lo sollecita a “volare alto” e guardare con attenzione e impegno la strategia rifiuti zero proposta dallo statunitense Paul Connett, professore emerito di Chimica Ambientale e Tossicologia all’Università St Lawrence di New York e consulente dell’ONU nel settore rifiuti per la sostenibilità ambientale. Se da una parte, sostiene il dirigente politico, spesso lo smaltimento dei rifiuti presenta insufficienze, inadempienze, spreco di risorse pubbliche. Dall’altra vi sono realtà come Ribera, Sciacca e soprattutto alcuni comuni dell’hinterland ritenuti fortemente virtuosi nella raccolta differenziata. Proprio in queste realtà, occorre che il sindaco Carmelo Pace assuma un ruolo di propulsione e guida per avviare e sperimentare il proposito dell’illustre professore statunitense. Da queste positive e locali esperienze l’auspicio è che decolli una progettualità innovativa e d’avanguardia qual è “RIFIUTI ZERO 2020”. In tal senso i dati riferiti al 2009 sono più che lusinghieri: Villafranca Sicula è il Comune più virtuoso dei “Comuni ricicloni”con il 73,62 per cento di raccolta differenziata. Troviamo tre Comuni dell’Ato Ag1 nella top ten regionale dei Comuni ricicloni. Oltre a Villafranca Sicula, c’è anche Lucca Sicula con il 69,79 per cento e Calamonaci con il 58,82 per cento. Non solo. Sciacca risulta il primo Comune in Sicilia oltre i 40 mila abitanti, con il 21,07 per cento di differenziata. Bene anche Ribera, primo tra i Comuni di 20 mila abitanti. In poche parole, luci ed ombre del sistema di gestione dei rifiuti in Sicilia è uno degli argomenti che nella nostra regione ha, negli ultimi anni, suscitato un vespaio di polemiche, un susseguirsi di proposte e di inchieste giudiziarie, senza mai trovare una robusta e valida soluzione. Oggi, sostiene Angelo Renda, è necessario oltrepassare l’ambito del progetto 4R: “Ridurre, Riutilizzare, Riciclare, Recuperare” per addivenire ad una più significativa proposta per un disegno strategico di “ZERO WASTE 2020” ovvero “RIFIUTI ZERO 2020”. Rifiuti Zero è una strategia concreta per promuovere la progressiva riduzione dei rifiuti, basata sull’eliminazione totale dell’impiego delle discariche e degli inceneritori, dannosi alla salute e all’ambiente, dando però significative e robuste alternative. Non è un’utopia afferma Angelo Renda, bensì un obiettivo ambizioso e realizzabile, come oramai ampiamente dimostrato in molte città nel mondo (California, Nuova Zelanda, Canada, Australia e perfino in numerose città italiane.). Il rifiuto, in sé, ripete con convinzione Paul Connett, è un fallimento. Il fallimento e l’inefficienza di un sistema produttivo. Partendo da questo assunto ha elaborato Rifiuti Zero, una strategia da mettere in piedi là dove riciclaggio e compostaggio non sono sufficienti a risolvere il problema. Che viene risolto solo ed unicamente producendo meno rifiuti. Sull’onda di questo rapido “contagio” le stesse “corporation” sono in qualche modo “costrette” a rincorrere il fenomeno, così la Toyota, la Walmart, la Nike, la Xerox, adottano impegni per raggiungere Rifiuti Zero riconoscendo che la produzione di rifiuti costituisce la “parte inefficiente delle produzioni” e come tale gradualmente da eliminare. Per la gestione delle “risorse” (anziché chiamarli rifiuti) si è ormai diffusa la realizzazione di Resource Recovering Park (Parchi per il recupero delle risorse) che, strutturati in modo tale da trattare e recuperare in modo specifico ogni “flusso di scarto”, non solo recuperano e commercializzano i materiali sottratti allo smaltimento, ma impiegano centinaia di addetti dando corpo a quella “green economy” che dalle vuote enunciazioni, in questo modo, è divenuta realtà. Ormai “famose” sono l’esperienza di Boulder e di Eco-Cycle di Eric Lombardi che impiega circa 100 addetti e quella di Berkeley in California. Alla luce della diffusione delle “buone pratiche” di raccolte differenziate (RD) “porta a porta” che guidano molti comuni, non solo al Nord ma anche al Sud, con percentuali veramente notevoli di RD, si comincia a ritenere che il nostro Paese possa essere insieme alla California una delle aree “elette” ad applicare in tempi ragionevolmente brevi la Strategia Rifiuti Zero. La creatività e la passione italiane, sostiene ancora Renda, la presenza di alcuni centri di ricerca come la Scuola Agraria del Parco di Monza, la nascita della Rete Italiana Rifiuti Zero, insieme alla straordinaria diffusione delle battaglie contro l’incenerimento dei rifiuti, vengono ritenute dall’infaticabile professore, un uomo alto, energico, gioioso, solare, dotato di una comunicativa straordinaria, un trampolino di lancio verso rifiuti zero e verso un concetto concreto di raggiungimento della sostenibilità ambientale unico almeno in Europa. E questa “vision” viene confermata quando nel 2007 il Comune di Capannori (Lu), per primo in Italia, adotta con specifica Delibera Consiliare la strategia Rifiuti Zero al 2020. Dando vita ad un efficiente e moderno Centro di Ricerca Rifiuti Zero. Dimostrando che non solo si può “andare oltre il porta a porta” puntando alla riduzione dei rifiuti ma che tale “coraggio” viene premiato dall’opinione pubblica che ha fatto guadagnare a questo comune semisconosciuto una “notorietà internazionale”.
Il comune di Capannori battistrada, dunque, rifiuti zero in Italia. Altri 21 comuni, tra i quali i siciliani Collesano e Marineo, hanno già seguito questo esempio. Una concreta e credibile scelta amministrativa, alla portata delle esperienze politiche di governo più attente alla innovazione e alla sostenibilità ambientale.
Tuttavia, per maggiore sinteticità ed efficacia qui riassumiamo i 10 “steps”, da noi chiamate le “Dieci Fasi”, contenute nella presentazione del professor Paul Connett proprio a Capannori in occasione del lancio del Centro di Ricerca Rifiuti Zero, tra l’altro riferiti anche presso la Commissione per la Sostenibilità Ambientale delle Nazioni Unite, dove Paul Connett è stato ufficialmente invitato dall’ONU a presentare la “Strategia Rifiuti Zero”.
Fase Uno: organizzare la Raccolta Differenziata. La gestione dei rifiuti non è un problema tecnologico ma organizzativo dove il “valore aggiunto” non è quindi la tecnologia ma il coinvolgimento della comunità chiamata a collaborare in un passaggio chiave per attuare la sostenibilità ambientale;
Fase Due: organizzare una RD porta a porta che appare l’unico sistema efficace di RD in grado di raggiungere in poco tempo e su larga scala quote percentuali di RD superiori al 70%. Il sistema migliore risulta quello dei “magnifici quattro” dove si prevedono quattro contenitori per quattro tipologie di flusso di scarti ( organico, carta, multimateriale e cioè vetro, metalli, lattine e plastiche, frazione non riciclabile) il cui ritiro è previsto secondo un calendario settimanale prestabilito;
Fase Tre: realizzazione di un impianto di compostaggio da prevedere prevalentemente in aree rurali e quindi vicine ai luoghi di utilizzo da parte degli agricoltori;
Fase Quattro: realizzazione di piattaforme impiantistiche per il riciclaggio per recuperare e valorizzare i materiali cartacei, i metalli ferrosi e non ferrosi, il vetro, le plastiche;
Fase Cinque: iniziative per la riduzione alla fonte dei rifiuti con la diffusione dell’auto compostaggio familiare, con la sostituzione delle stoviglie e bottiglie di plastica nelle mense pubbliche dove utilizzare acqua di rubinetto, con la sostituzione dei pannolini usa e getta con pannolini riutilizzabili, introduzione e diffusione di sistemi alla spina nella vendita di latte, bevande,
detergenti, prodotti alimentari, sostituzione dei sacchetti di plastica con le borse riutilizzabili per la
spesa;
Fase Sei: realizzazione dei centri per la riparazione, il riutilizzo, la decostruzione degli edifici in cui beni durevoli, mobili, porte, finestre, materiali in legno, in ceramica e manufatti edilizi vengono riparati, riutilizzati e venduti. Questa tipologia di materiali che costituisce circa il 3% del totale degli scarti riveste però un grande valore economico che può essere valorizzato attraverso la costituzione di imprese locali a significativa resa occupazionale come molte esperienze del nord America ed in Australia ci dimostrano;
Fase Sette: introduzione di sistemi di tariffazione che facciano pagare le utenze sulla base della produzione effettiva dei rifiuti non riciclabili inviati a raccolta/smaltimento. Ciò (come avviene già nei comuni serviti dal Consorzio Priula in provincia di Treviso) per premiare il comportamento virtuoso delle utenze e per incoraggiare le migliore scelte di acquisto dei cittadini;
Fase Otto: a)- realizzazione possibilmente in fronte di discarica di un impianto di selezione e recupero dei rifiuti residui in modo da recuperare ancora materiali riciclabili sfuggiti alle RD, impedire che materiali tossici (vernici, pile ecc.) possano essere inviati nella discarica transitoria e per stabilizzare la frazione organica residua eventualmente sottoposta anche a recupero energetico attraverso la digestione anaerobica; tutto ciò perche sia possibile ridurre in quantità e in tossicità i rifiuti che in via transitoria (in attesa di arrivare a “smaltimento zero”) si devono ancora inviare a discarica; in questo quadro anche sistemi di “downcycling” delle plastiche eterogenee ancora contenute nel “residuo” , attraverso processi di “estrusione” possono essere significativamente utili agli scopi di impegnare al minimo le volumetrie di discarica recuperando al contempo preziosi materiali; b)- realizzazione del Centro di Ricerca Rifiuti Zero situandolo possibilmente tra l’impianto di recupero e selezione e la discarica con gli scopi di studio del residuo e di riprogettazione;
Fase Nove: il Centro di Ricerca Rifiuti Zero attiva una serie di sinergie con gli altri aspetti della sostenibilità ambientale quali il risparmio e il recupero energetico tramite la digestione anaerobica, la promozione dell’agricoltura biologica attraverso l’impianto di produzione del compost e il ricorso ai prodotti derivanti dalla filiera corta, della bio-architettura, attraverso le pratiche costruttive del risparmio energetico e del riutilizzo di manufatti derivanti dalla decostruzione degli edifici, ecc;
Fase Dieci: raggiungimento, entro il 2020 dell’azzeramento dei rifiuti ricordando che la strategia rifiuti zero si situa oltre il riciclaggio dei rifiuti. In questo percorso non solo si riscontrano la riduzione degli impatti ambientali e sanitari e si favorisce un miglior risparmio di “materia-energia” ma si producono consistenti possibilità di impresa locale (che quindi arricchisce in concreto i territori e le comunità) e di posti di lavoro. Se si pensa che solo con l’esperienza di Capannori si sono creati 50 posti di lavoro, senza considerare l’intero indotto derivante dalla filiera di riciclaggio e di compostaggio su più ampia scala si possono prevedere migliaia di posti di lavoro da una “messa a sistema” dell’applicazione delle 10 fasi per rifiuti zero (particolarmente interessante è la parte relativa alla riparazione/riuso/decostruzione tesa a ridare seconda vita ai prodotti). In questo modo il processo RIFIUTI ZERO innescato dal “trampolino” di lancio del porta a porta diviene esso stesso trampolino di lancio per un vasto percorso di sostenibilità che in modo concreto ci permette di mettere a segno scelte a difesa globale del pianeta.