La triste storia di un uomo che avrebbe compiuto 39 anni, il prossimo luglio e che ha invece lasciato la moglie e due ragazzi, che non si danno ancora pace, per il suo tragico “gesto”.
Una vita non vissuta, nell’articolo di Alida Amico su Centonove di questa settimana. Inoltre, le vicende legate all’istituzione della zona franca a Caltanissetta e le polemiche – ma non solo quelle – sorte nell’ennese.
Morire di carcere
Niscemi
Avrebbe compiuto 39 anni, il prossimo luglio. Era entrato nel corpo della polizia penitenziaria, con destinazione il carcere nisseno del Malaspina, nel 93’. Antonio Parisi, agente penitenziario con la funzione di assistente capo – negli ultimi 8 anni distaccato alla Casa circondariale di Caltagirone – lascia la moglie e due ragazzi, che non si danno ancora pace, per il suo tragico “gesto”. Così come, sgomenti, non riescono a farsene una ragione, neanche i due colleghi ed amici del cuore: Giuseppe Alesci e Luca Di Tommasi, coetanei ed anche loro niscemesi. La mattina del maledetto 12 aprile scorso, Antonio doveva passare dalla casa di Luca, per poi andare insieme, a montare di servizio al vicino carcere di Caltagirone, distante una dozzina di chilometri. Solo che durante la notte, Antonio ha deciso di farla finita: è andato incontro alla morte, con la sua Opel e portandosi dietro una scala. Dopo aver percorso la strada che faceva ogni mattina con i colleghi per andare a lavorare, ha svoltato sulla destra e si è impiccato… Aveva una marcia in più rispetto agli altri – gli riconoscono – era anche dotato di un forte intuito. E sapeva risolvere i problemi: sia dei colleghi che dei detenuti. Lottava per i diritti del personale, spesso ignorati, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli…”
Lo stress uccide. Antonio, Giuseppe e Luca, condividevano anche la tessera nel medesimo sindacato, la Cgil. Per loro, il tragico “gesto” del collega ed amico, ha una cornice precisa. “C’entra tanto il nostro lavoro, molto, molto usurante…” ne sono convinti. ”Rispetto agli altri corpi di polizia, da noi, soprattutto in Sicilia, c’è un gran numero di suicidi… Un agente di polizia penitenziaria deve badare ad una media di 80 ed anche 90 detenuti”.
Celle affollate. Quando invece il rapporto dovrebbe essere di 2,3 agenti per un numero di reclusi dimezzato. Già, perché il sovraffollamento delle carceri, provoca grande malessere tra i detenuti, che poi scaricano la tensione su di loro…
Vita da reclusi. Per ricordare la memoria del loro collega ed amico Antonio, Giuseppe e Luca, accettano di raccontare il loro duro mestiere di agenti penitenziari. Di chi per uno stipendio di 1.200 euro al mese, deve convivere per 8 ore, a stretto contato con chi sta dietro le sbarre. Turni di lavoro spesso massacranti, ed una vita di inferno. “Si attacca alle 6 del mattino e per 7 volte al mese, capita anche di rimontare a mezzanotte, fino alle 6 della mattina dopo…
Il pressing dei detenuti. “Appena monto di servizio, ogni mattina, faccio la conta: controllo se tutti i detenuti sono vivi e presenti. Ed è il momento in cui i reclusi – prosegue Giuseppe – si rivolgono all’agente penitenziario per tutti i loro mille problemi…
Zuffe in cella. Le risse e le scazzottate in cella, le aggressioni e le vendette, sono del resto, molto frequenti: con pugni, calci, colpi di sgabello, insulti che non risparmiano anche il personale. E spesso ci vanno di mezzo anche loro: ad un agente penitenziario, intervenuto durante una rissa nel carcere di Augusta, gli hanno spaccato con una spranga, il timpano dell’orecchio…
Capri espiatori. Soprattutto di notte. Quando si verificano i suicidi tra i reclusi, afflitti per lo più da depressione. Ed i casi di autolesionismo tra gli immigrati…” Non mancano, spesso, anche le minacce, i ricatti da parte dei detenuti mafiosi. Ed i rischi per l’incolumità personale. “A qualche collega hanno bruciato la macchina, il portone di casa. A volte, sono stati anche uccisi: come a Catania, a Palermo.
Voglia di scappare. Il nostro lavoro è molto logorante per cui non vediamo l’ora di andare in pensione. Abbiamo colleghi, che a 49 anni, già non si reggono più in piedi. Un poliziotto o il carabiniere, lavorando fuori, magari due minuti per andare al bar con l’amico li trova. Ma uno di noi, con chi parla? Con il suo collega che è già pieno di problemi? Siamo reclusi anche noi…A volte ci guardiamo in faccia con i colleghi, e tra di noi ci facciamo coraggio…”
GELA
Il carcere di Gela, è quasi pronto. Con soli 50 anni di ritardo… Il progetto della Casa circondariale gelese, porta la data del 1959. Ma la sua definitiva approvazione, avvenne circa 20 anni dopo: nel 1978. I lavori, iniziati nel 1982, tra interruzioni e rallentamenti vari, sono durati ben 25 anni, un quarto di secolo. Già inaugurato una prima volta nel 2007, dall’allora Guardasigilli Clemente Mastella, il carcere che si trova a un tiro di schioppo da Niscemi, non è mai stato aperto. Nell’ottobre del 2008, il Ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano, annunciava alla Camera che entro quell’anno -, dopo gli ultimi ritocchi al sistema di sicurezza (con una spesa di 1 milione di euro) – la nuova struttura sarebbe stata pronta ad ospitare i detenuti. ”Ma ad oggi, ancora si attende l’apertura” denuncia il capogruppo del Pd alla Provincia di Caltanissetta, Alfonso Cirrone Cipolla…
Il “caso” del carcere “fantasma” di Gela – costato alla collettività la somma di 5 milioni di euro, consegnato ufficialmente nel 2009 all’amministrazione penitenziaria e rimasto un’opera incompiuta, con attualmente 2 guardiani che sono gli unici custodi della struttura vuota, mai entrata in funzione…”
CATANIA
“In questo periodo, sono morti nella sola provincia di Catania, tra infarti, suicidi ed omicidi, 12 agenti penitenziari. Come mai il Ministro non cerca di capire cosa sta succedendo tra il personale, dove lo stress è al massimo livello? Non è che 12 morti sono un fatto normale…Il Capo del Dipartimento ed il Ministro, devono passarsi la mano sulla coscienza e capire che la situazione nel Sud è peggiore di quella del Nord. Anche perché la tipologia di detenuti che c’è da noi, non è la stessa di quella che c’è al nord….” Armando Algozzino, catanese, segretario nazionale della Uil Penitenziari, davanti ai troppi “silenzi” ed alla “indifferenza” dell’amministrazione penitenziaria nazionale, ha invitato gli agenti a partecipare al sit-in di protesta (svoltosi il 5 maggio scorso) davanti la Prefettura di Catania…
“Nel carcere di Catania, il personale ha passato l’inverno al freddo e senza riscaldamenti. E se non ci sarà l’intervento ministeriale, sarà costretto a morire di caldo: le garitte, essendo dotate di vetro antiproiettile, fanno salire la temperatura, nei mesi più caldi, a circa 50 gradi…”
Se Enna non diventa Franca
La polemica, è scoppiata all’indomani della istituzione della zona franca per la legalità a Caltanissetta. Approvata con delibera dalla giunta regionale – su proposta dell’Assessore regionale alle Attività produttive Marco Venturi – comprende oltre i 22 comuni del nisseno anche 4 centri limitrofi dell’agrigentino, nonché il Comune di Pietraperzia dell’entroterra ennese. Ma la notizia, non è stata gradita dal primo cittadino ennese Paolo Garofalo, in quota Pd. “Vorremmo candidare Enna per la zona franca per lo sviluppo e la legalità – ha dichiarato il sindaco – se solo qualcuno ci indicasse quale procedura, sicuramente trasparente e legittima, si deve seguire. Perché ad oggi – ha prosegue polemico Garofalo – ci risulta che quella appena varata in provincia di Caltanissetta, sia stata individuata da un fantomatico tavolo per lo sviluppo del centro Sicilia, costituito da rappresentanti di alcune, neanche tutte, associazioni di categoria della provincia nissena, che infatti hanno individuato una zona costituita al 90% da comuni nisseni…
J’accuse di “Fendinebbia”. Ma alle esternazioni del sindaco,hanno immediatamente replicato le due associazioni: “Fendinebbia” ed “Enna in movimento”. La prima – a cui aderiscono il gruppo di esponenti del Pd vicini al senatore Lumia ( tra cui Rosalinda Campanile, Patrizia Di Mattia,Claudio Parisi e Maurizio Di Pietro) – è presieduta da Fulvio Licari. Mentre la seconda, guidata da Giuseppe Rizza, è vicina alla omonima ex lista civica di Enzo Cimino. ”Caro sindaco Garofalo, abbiamo letto la tua accorata protesta per la mancata considerazione del Comune di Enna – scrivono nel comunicato Fendinebbia ed Enna in movimento – abbiamo però il dovere di capire perché accade tutto ciò nella “pluri commissariata Enna”. E buttano giù, un lungo elenco di malefatte da parte dell’attuale leadership politica – amministrativa Al Comune governata da “quel moncone del Pd che ha per leader politico il senatore Crisafulli, interessato nel tempo da più inchieste giudiziarie…”
Elenco dei flop . Apre la black list il Patto territoriale ennese: non ha portato “nessuna ricchezza” – rilevano le due associazioni ennesi – tranne quella “regalata alla cricca politico-affaristica che l’ha gestita”…
Legalità cercasi… A Garofalo, vengono contestati i troppi “silenzi”. Nonché la “scarsa attenzione” sui temi della legalità, da parte del Pd locale. Che agevolerebbe “carriere politiche di uomini con comprovati rapporti in ambienti malavitosi”.
Intanto, a dare manforte a Garofalo, sono intervenuti anche i 2 deputati regionali del Pd: Elio Galvagno e Salvatore Termine…
Alloro e Di Ganci querelano
“Il contenuto della lettera non ci stupisce, essendo ormai abituati agli insulti gratuiti ed al sistematico ricorso alla menzogna ed alla denigrazione della nostra realtà territoriale, che contraddistingue da tempo le associazioni firmatarie…” Il segretario provinciale del Pd ennese Mario Alloro ed il coordinatore cittadino Vittorio Di Ganci, replicano con a muso duro alla pepata lettera aperta indirizzata al sindaco Garofalo, dalle associazioni Fendinebbia ed Enna in movimento. Anzi, preannunciano il ricorso alla carta bollata..
Nell’aspra “querelle” in corso con il sindaco di Enna, sono intervenute nuovamente, con una breve replica, le 2 associazioni. “Gentile signor sindaco…
Ed infine, ribadiscono che “niente e nessuno potrà impedirci di dire la nostra”…