di Agostino Spataro
Domenica saranno gli iscritti e gli elettori del Partito democratico di Gela, Niscemi e Mazzarino ad esprimersi, con un si o con no, sull’appoggio del partito al quarto governo Lombardo.
Dopo i referendum in diversi comuni dell’ennese e quello calatino, avremo una nuova tappa del travagliato processo di consultazione democratica interno al Pd, mentre gli alleati della coalizione che ha sostenuto la candidatura della Finocchiaro (Sel, Idv e Prc) ne annunciano un altro –regionale stavolta- rivolto a tutti gli elettori del centro sinistra.
Richiesta legittima visto che anche i loro elettori hanno contribuito a quel 31% raccolto dalla senatrice e pertanto hanno diritto di esprimere il loro punto di vista su un accordo realizzato con il candidato avversario.
Per altro, il Pd dovrebbe farsi carico di rappresentare le istanze degli elettori delle forze politiche sue alleate escluse dall’Ars a causa di un iniquo meccanismo elettorale che gli ha consentito di avere il 33% dei seggi col 16% dei voti.
Comunque sia, questa mossa a sorpresa complica la già difficile situazione, giacché il Pd potrebbe non aderire al referendum di coalizione ma non può impedire ai suoi elettori di parteciparvi.
Dunque, questo referendum sarebbe meglio proporlo che subirlo.
Si supererebbero le tante incomprensione fra direzione regionale e realtà locali che, perdurando, sfocerebbero in una crisi incontrollata del Pd tale da far avverare il disegno (diabolico o geniale?) del governatore il quale ha puntato tutte le sue carte sulla destrutturazione di tutti i partiti all’Ars , tranne il suo MpA.
Domenica, dunque, un’altra consultazione che- secondo l’on. Donegani – non dovrebbe provocare un secondo caso Caltagirone poiché a Gela non si tratta di referendum ma di una normale consultazione.
Distinzione pleonastica poiché entrambe le modalità hanno un valore di voto consultivo che non modifica, de jure, la decisione politica assunta dagli organismi regionali.
Ovviamente, il problema non è meramente statutario, ma di linea politica e pertanto da affrontare senza nervosismi e senza sarcasmi sulle percentuali bulgare (!) meglio sarebbe dire tunisine o bielorusse. Tanto per aggiornare il repertorio delle dittature amiche dell’attuale governo italiano.
Anche se la percentuale non fosse del 97% ma solo del 60 o anche del 49% ci sarebbe poco da irridere e molto da fare per recuperare una situazione che rischia di inficiare la credibilità democratica del PD, l’unico partito che, nonostante taluni esponenti, può vantare una certa vita interna partecipativa.
Negli altri partiti (MpA, PdL, ecc) la democrazia interna è vicina allo zero, surrogata com’è dall’arroganza di capi e capetti che impongono ai subordinati linea politica, nomine di partito e di governo.
E’ questo un problema serio da affrontare subito nel quadro di una riforma del finanziamento pubblico che non dovrebbe essere concesso a partiti che non garantiscano una trasparente vita democratica al loro interno e delle leggi elettorali introducendo la scheda disgiunta per l’elezione dei sindaci, dei presidenti delle province e della Regione, al fine di separare le sorti esecutivi e assemblee elettive, fra Ars e governatore, e quindi liberare il campo di un pesante ricatto che incombe sui partiti e sui singoli parlamentari.
Infine, una considerazione su un interrogativo che sembra emergere da questa vicenda: la democrazia interna, la trasparenza sono un punto di forza o di debolezza?
Nel Pd non dovrebbero esserci dubbi a riguardo: nel suo statuto la democrazia è contemplata come un punto di forza e una leva potente di mobilitazione popolare. Allora, perché avere paura dei referendum, delle consultazioni?
Questa vicenda bisognerebbe volgerla in positivo, depurandola da ogni maldestro tentativo d’ingerenza esterna mirato a condizionare, alterandolo, il suo confronto interno.
Sul Pd siciliano, infatti, si stanno appuntando le attenzioni di forze politiche, anche fra loro contrapposte, che tentano di strattonarlo a destra e a manca.
Quasi che questo partito, il primo all’Ars, fosse in balia di un mare in tempesta, senza una bussola e una rotta certa.
La migliore risposta a tali tentativi è quella di affermare, coi fatti, la sua sovranità e integrità attraverso una linea politica corrispondente agli orientamenti del suo elettorato. I referendum , le consultazioni servono a questo. Perché tanto scandalo?
E se la base dovesse indicare una posizione contraria all’appoggio di questo governo, pazienza!
Il mondo, la Sicilia non crolleranno. Sicuramente, si rafforzeranno la credibilità e le potenzialità politiche del Pd come principale forza aggregante per il cambiamento.
Perciò, bisogna diffidare degli elogi interessati del PdL e del Pid e delle solidarietà pelose degli esponenti del MpA. E, con l’occasione, fare finalmente chiarezza sui rapporti con questi partiti dai quali, di tanto in tanto, provengono accuse infamanti a carico di dirigenti del Pd che frequenterebbero quella sorta di “camera oscura” della politica siciliana dove esponenti di partiti anche avversari si scambierebbero voti e favori.
Agostino Spataro