È Natale. A natale tutti siamo più buoni. Così, anziché i soliti articoli all’arsenico, visto che non vi abbiamo fatto gli auguri, pubblichiamo una breve storia raccontata da un fedele collaboratore (alcuni lo ricorderanno per quello che scriveva sul vecchio blog) nella speranza di strapparvi un sorriso:
“Cera una volta…” no, non ho sbagliato, non volevo scrivere “C’era una volta…”
L’apostrofo è completamente fuori racconto. Ho scritto esattamente ciò che volevo scrivere: “Cera una volta…”.
“Cera una volta…” urlò …mio nonno, dal fondo del laboratorio dove stava lavorando alla replica di Tazio Nuvolari alla guida di una Matiz rosso sanguinaccio,
Sempre così con mio nonno: da quando avevo consumato un barattolo da 5 chili di cera light senza polifosfati — la migliore sul mercato, si trovava soltanto di contrabbando e se avevi amicizie nel giro dei Ceceni — per dare il lucido ai capelli di De Michelis pieni di forfora, non perdeva occasione per ricordarmi che su certe statue non vale la pena di sprecare qualità.
“Cero, nonno, cero…”. Mio nonno capì di cosa avevo immediatamente bisogno per cerare ma, forse l’età, forse la cattiveria che a volte hanno i vecchi nei confronti dei nipoti che pensano di saper far meglio e che invece lo sanno fare per davvero, anziché portarmi il cero acceso per modellare i dettagli che hanno bisogno di una piccola fiammella a mo’ di microscopico bulino, mi porse — porgette? porquette? — un cannello di fiamma ossidrica.
Distratto come Michelangelo mentre completava il Mosè, in totale estasi contemplativa del capolavoro che stavo realizzando, presi il cannello come avessi preso il cero. Inavvertitamente ne aumentai al massimo la potenza ed una violenta fiammata colpì in pieno viso la piccola Alice Carroll che, curiosa come la sua sorella Ellen, stava sempre a rovistare tra le cere con la segreta speranza di averne una buona.
Fu un dramma. Istintivamente cercai di dar luce a quel viso annerito applicandole uno strato di cera. Non servì a nulla: la cera si fuse con la sua carne e non fu possibile mai più separar le due cose. Da quel giorno la bambina rimase fortemente deturpata nel viso e straziata nell’animo.
Qualcuno in paese cominciò a dire che era .. lacerata!
Cosimo Piovasco di Rondò