Senza voler toccare le questioni pratiche di dignità negata, facciamo una breve ricerca sul dizionario nella speranza di comprendere meglio quest’aggettivo che pare diventato uno status acquisito, un segno particolare degno di essere annotato nella carta d’identità. Precario: instabile, provvisorio, temporaneo. Termini esplicativi che tutti ben conosciamo.
Quello che non tutti sanno, è che esiste un istituto del diritto romano che si chiama contratto precario. Con detto contratto veniva concessa temporaneamente e gratuitamente una qualcosa che era revocabile ad arbitrio di chi l’aveva concessa.
Il lavoro dunque non è più un diritto ma diventa una cosa. Un lavoro a qualsiasi condizione, con il rischio anche di vedersi revocare la ‘cosa’ ad arbitrio di chi l’aveva concessa
Quando il posto di lavoro non offre garanzie e prospettive adeguate, la precarietà non è solo economica e lavorativa, ma tocca tutte le sfere dell’esistenza, costringendo il lavoratore a ridimensionare le aspettative personali, impedendo un programmazione del futuro, fino a rimanere impantanati senza poter avere un’identità solida e stabile: Cosa farò? Chi o cosa sono?
Quella che pubblichiamo, è la lettera di alcuni ‘precari’ – ma perché non li marchiano così anche sulla carta d’identità? – della Provincia Regionale di Agrigento, affinchè non si verifichi oggi quello che è già accaduto ieri, nella speranza che si voglia dar seguito agli impegni assunti con oltre cento dipendenti dell’amministrazione provinciale, che dal 1996 vivono una vita precaria, con un lavoro precario e con un futuro precario:
“Se il lavoro è precario…. Il futuro è precario. Non è una convinzione di pochi o molti, ma, piuttosto, un dato di fatto ( come confermano gli istituti di credito). Lo sa, comunque, meglio di chiunque altro chi, da precario, ha trascorso questi ultimi vent’anni. Con l’unica certezza: che la propria vecchiaia non sarà prospera ( e pensionabile ) come quella delle stesse generazioni che l’hanno preceduto. Sono venute a mancare molte garanzie sociali così come accade in epoche politicamente ed economicamente instabili, quale quella che stiamo vivendo.
Preso atto, dunque, che il nostro sguardo non può andare oltre il presente, fermiamoci ad esaminarlo insieme: oggi, il massimo delle aspettative di oltre cento dipendenti, che dal 1996 all’interno dell’amministrazione provinciale hanno lavorato con identici doveri e spesso molti diritti in meno dei colleghi della stessa stanza, è mantenere la condizione di precari. Con l’incredibile aggravante di ricevere una retribuzione che, per famiglie monoreddito, li introduce nel già nutrito segmento della popolazione italiana definita povera. Cosa che, a quanto dicono taluni tecnici e qualche politico, dovrebbe essere ritenuta un premio.
Sembrerebbe che danno e beffa siano inseparabili.
Eppure, se ripercorriamo questo lunghissimo lasso di tempo, è innegabile che, presso questa stessa amministrazione, ad altri lavoratori precari è stato riservato un trattamento diverso. Tutti sanno, ad esempio, che tanti dipendenti (qualcuno dei quali divenuto anche dirigente) della Provincia, lo sono grazie alla famosa L.285, ribattezzata madre fortunata del figlio sfigato art.23.
Siamo stati felici per loro.
Sappiamo che nel dicembre 2001, mentre per noi, dopo dieci anni di percorsi accidentati , la politica normava, finalmente, l’obbligo della stabilizzazione, in poche settimane, con grave senso di responsabilità per le famiglie in questione, venivano assunti a tempo indeterminato e pieno, i colleghi dell’ASI.
Siamo stati felici per loro.
Sappiamo, infine, che nel natale del 2009 è stata richiamata l’attenzione di tutti, politici e tecnici, con i termini dell’urgenza, affinchè si ponesse rimedio alle pene dei dipendenti della Coop. Penelope e venissero assunti a tempo indeterminato entro il 30/12/2009. Ovviamente, anche loro, prima di tutti noi ! Di noi che, essendo molto più fortunati poiché in possesso di maggiori requisiti (anzianità di servizio pari a tre anni, art.3 comma 90 della legge 244/2007) avremmo avuto il diritto di essere assunti a scaglioni, nell’arco di tre anni, come previsto nella stessa determina.
In tutta onestà, risulta facilmente comprensibile, che, senza alcuna polemica, diventa complesso condividere la felicità con o per qualcuno, che, anche questa volta, prima, meglio o forse chi lo sa, al posto tuo, viene assunto proprio presso quell’ente che, sempre per circostanze esterne, o indipendenti dalla sua volontà, per te non ha le risorse sufficienti.
Al nostro Presidente e alla giunta, al Presidente del consiglio e al consiglio tutto, nonchè ai tecnici, chiediamo la disponibilità ad individuare tutte le soluzioni utili per concludere positivamente la penosa vicenda, dando seguito agli impegni assunti.”
Seguono firme
Se può essere di consolazione ai precari… sappiate che esistono lavoratori che lotterebbero per rientrare nella categoria: i lavoratori delle Cooperative Sociali, quelli che la Provincia utilizza per l’attuazione delle politiche per l’integrazione e non riconosce come propri dipendenti. Agli effetti contrattuali siamo dipendenti di Cooperative sociali, quindi di privati, che però pagano in funzione dei pagamenti della Provincia che, comè noto, non ha soldi.
Il sistema cooperativistico e dell’accreditamento fa acqua da tutte le parti, ma soprattutto dalle parti delle tasche dei lavoratori, disconosciuti, senza alcuna tutela, senza nessuna certezza del presente…lasciamo stare il futuro che, appunto, è problema dei precari.