Non può lasciare indifferente l’opinione pubblica la protesta dei precari della scuola della nostra provincia che non verranno riconfermati sul posto di lavoro.
Docenti, personale ausiliario ed amministrativo che da quindici ed anche venti anni (ed alcuni anche di più) inseriti nelle scuole con le nomine annuali e con le supplenze, dal primo settembre sono senza stipendio e
senza futuro.
In alcuni casi si tratta di moglie e marito che non rimangono senza mezzi economici.
Una situazione assolutamente disperata.
Il più grande licenziamento di massa mai avvenuto nell’Italia dal dopoguerra.
Non sono previsti per questi lavoratori ammortizzatori sociali perché i sindacati non hanno mai fatto le battaglie necessarie per garantire questo paracadute a queste categorie per cui precipitano nella disoccupazione e dovranno andare alla ricerca di una nuova occupazione.
Nella nostra provincia questa strada per molti di loro, che hanno anche 40 anni di età, è un vicolo cieco. Molti pensano già di emigrare.
Questi lavoratori da alcuni giorni in presidio permanente dinanzi gli uffici del Provveditorato non hanno ancora ricevuto neppure l’attenzione dei nostri amministratori locali.
In genere vediamo gli amministratori delle città del Nord andare nelle fabbriche occupate per incontrare
i lavoratori in difficoltà Non il Sindaco, non il Presidente della provincia di Agrigento sono andati a trovare i nostri precari disoccupati.
Tra i politici, solo il senatore dell’Idv Fabio Giambrone li ha ascoltati e sostenuti ufficialmente.
Non abbiamo sentito neppure il nuovo gruppo politico “Patto per il territorio” esprimersi su questo dramma sociale.
A quale territorio pensano ?
Anche questi sono segnali chiari di come la nostra classe politica locale è enormemente distante dalla situazione della gente comune.
D’altra parte il nostro Sindaco e il nostro presidente della provincia fanno parte della coalizione di governo che ha portato la scuola a questo disastro.
Scelte quelle ministeriali basate sulla necessità di risparmiare sull’assistenza sociale e sulla formazione, mentre imprese private in perdita come Alitalia e Fiat vengono sostenute col denaro pubblico.
Scelte che nascono dal un rapporto tra numero di studenti per classe e docenti che penalizza l’attività didattica, rende impossibile l’insegnamento individualizzato, ammassa in anguste classi anche oltre trenta studenti, per i quali non è neppure garantito lo spazio vitale previsto per legge.
Tra riforme calate dall’alto da un ministro che certamente non conosce la realtà scolastica italiana,
stipendi bloccati e docenti senza cattedra (pure quelli di ruolo che perdono in posto e non li si può collocare per mancanza di classi), nella scuola italiana siamo al tracollo.
Tutti problemi che riguardano da vicino le famiglie italiane e creano una situazione sociale esplosiva in una provincia povera e con già tanti disoccupati come la nostra.
La situazione scolastica rappresenta ormai uno dei punti più alti del fallimento dei governi del centro-destra, ma al momento l’interesse di Berlusconi e Bossi e dei loro ministri e portaborse è concentrato
piuttosto sullo show di Gheddafi e sulle liti da comare con i finiani.
Elio Di Bella