Il “PATTO DEL TERRITORIO” serve realizzarlo ma tra TUTTE LE FORZE POLITICHE ECONOMICHE E SOCIALI per mettere in “ascensore” la provincia di Agrigento che resta ultima in tutti gli indicatori nazionali.
Il patto del territorio serve realizzarlo ma tra tutte le forze politiche economiche e sociali per mettere in “ascensore” la provincia di Agrigento che resta ultima in tutti gli indicatori nazionali.
Invece prima diventa un’associazione, in seconda battuta un gruppo consiliare alla provincia e, forse, in terza battuta, qualcosa di diverso.
Le ambizioni personali rappresentano i motori che spingono all’impegno professionale, politico e quant’altro e sono una cosa apprezzabile quando hanno come “grandangolo” l’interesse generale di una comunità piuttosto che di un gruppo.
L’operazione politica compiuta con la costituzione dell’associazione e del gruppo patto per il territorio non può essere vissuta come un atto di ribellione nei confronti di chi -ai vertici regionali e nazionali dei governi e della maggioranza politica- manca di dare risposte.
Quali risposte? Quelle personali o quelle generali?
Credo sia velleitario che associazioni possano avere la pretesa di sostituirsi ai partiti.
E’ strano ed è inaccettabile che i segretari provinciali dei partiti tacciano rispetto alla mobilità di alcuni personaggi da un partito all’altro (poi smentita ma per restare nell’equivoco), così come non hanno nulla da dire su questa opzione associativa che punta, essenzialmente, a creare non un soggetto politico ma un gruppo eterogeneo costituito e finalizzato non credo allo sviluppo del territorio.
Si perché per determinare la crescita economica e lo sviluppo del lavoro in questa ultima provincia d’Italia non sono bastati un governatore agrigentino, un terzo del governo regionale costituito da tre assessori agrigentini e pupilli e ministri di giovane corsa, presidenti della provincia e tanti sindaci (me compresa) ben collegati con Palermo e Roma.
Né è stato sufficiente il nuovo corso confindustriale, né tutti i patti per il lavoro, lo sviluppo e la legalità promossi dai sindacati unitari CGIL CISL UIL, visto che nessuna parte dell’economia locale si trova fuori dalla crisi strutturale della quale langue.
Per risolvere i problemi della provincia di Agrigento ci vorrebbero un’intera finanziaria nazionale ed una regionale: impossibile sperarlo ma in 10 anni tra fondi europei (in scadenza nel 2013), contratto di programma, finanziamenti pubblici e privati, delocalizzazioni nord-sud, politiche mediterranee europee e nazionali, potrebbe cambiare il volto della Sicilia e di Agrigento se qui si trovasse, esistesse -questo sì – un PATTO UNITARIO PER IL TERRITORIO al di là dei proponimenti del buon Marco Zambuto e di quant’altri si sono incamminati in questa , mi si permetta, equivoca operazione.
Agrigento ha bisogno di coesione e non divisione, di costruire un’idea condivisa che faccia lavorare insieme tutti nella divisione di ruoli e competenze ma nella fortissima convinzione che è possibile uscire dalla crisi di sviluppo economico e di rattrappimento dei livelli occupazionali esistenti e di desertificazione della speranza giovanile.
E’ dentro i partiti che o si instaura un processo dialettico, un confronto aperto dove le diversità d’opinione non sia criminalizzata ma considerata valore aggiunto, oppure le fuggiasche scorciatoie risulteranno produttive soltanto di qualunquismo e di allontanamento dalla partecipazione democratica alla vita della comunità dentro la quale restano, per fortuna, ancora essenziali i partiti nella loro funzione di raccolta delle spinte sociali e di rielaborazione politica per servire, di ritorno, la società che li esprime.