Un’inchiesta che in qualsiasi altra parte del mondo avrebbe decretato la fine di un governo – e non solo – in Italia si allarga a macchia d’olio ma non scalfisce neppure il potere.
Nomi “pesanti” quelli di arrestati ed indagati, come Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi per i primi e il coordinatore del Pdl, Denis Verdini e il senatore Marcello Dell’Utri, tra i secondi.
Un’inchiesta condotta su una presunta società segreta, la P3, che coinvolge imprenditori, vertici del governo, magistrati e chissà quanti altri ancora, i cui nomi al momento non sono stati resi noti.
Ultimo indagato, in ordine di tempo, il sottosegretario alla giustizia, Giacomo Caliendo.
Già, proprio uno degli uomini di punta di quel ministero che dovrebbe rappresentare l‘emblema della legalità nel Paese.
Mentre parte del Pd e Idv, depositano una mozione di sfiducia e i finiani fanno sentire la loro voce affinchè gli indagati si facciano da parte – cioè buona parte del governo e dell‘opposizione – , Berlusconi, il ministro Alfano e Ghedini, esprimono piena solidarietà agli indagati.
A fare coro e dar sostegno ad un Parlamento delegittimato, un partito che aveva raccolto i consensi di molti italiani stanchi delle ruberie dei politici, delle collusioni mafiose e delle tangenti che rappresentano l’industria più attiva che sia rimasta in Italia: la Lega Nord.
I recenti arresti nel Nord Italia, hanno squarciato un velo che per tantissimi anni ha coperto il malaffare e la criminalità organizzata che operava ed opera nel cuore di quel Nord industrializzato, legalista e perbenista, i cui esponenti politici hanno saputo ben adeguarsi alle poltrone romane, a tal punto da non volere che vengano messe in discussione.
“La Lega ci ha sempre detto che certe cose al Nord non esistono -dichiara Roberto Saviano nel corso di un‘intervista rilasciata a Vanity Fair – , ma l’inchiesta sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia racconta una realtà diversa. Dov’era la Lega quando questo succedeva negli ultimi dieci anni laddove ha governato? E perchè adesso non risponde?”.
Parole che pesano come macigni e che suscitano le ire di quanti nel verminaio italiano hanno fatto le proprie fortune a discapito di un popolo di ingenui malaccorti che crede ancora oggi negli slogan, nella strombazzata lotta alla mafia e nella ripresa economica del nostro Paese.
Un popolo di calamari, dove qualche “trota” può fare un gran figurone e dove molti squali addentano ogni cosa che capita a tiro delle loro formidabili mascelle.
Così, mentre si attaccano i finiani i quali chiedono che gli indagati si ritirino dalla politica, non ci si rende conto che l’unica difficoltà nell’accettare la loro proposta, sta nel fatto che mezzo parlamento dovrebbe lasciare, con il rischio di finire in galera.
A cosa servirebbe allora il fatto che si siano candidati e fatti eleggere?
A nulla. Togliendo loro la possibilità di arricchirsi illecitamente e far ricorso a quell’impunità che ormai è d’obbligo per i politici, meglio sarebbe stato andare a lavorare onestamente…