Isola dei primati, la nostra! A giugno, Modica è entrata nel Guinnes per avere confezionato un filone di pane lungo un chilometro, centro tre metri e undici centimetri. A luglio, la Sicilia, forse, riuscirà a imitare il successo modicano confezionando un Lombardo-quater a poco più di due anni dalle elezioni.
Un governo ogni sei mesi; un ritmo davvero sorprendente per un presidente eletto dal popolo (col 65%). Un primato che ha deluso molte attese e contraddetto il senso della nuova legge elettorale voluta per garantire stabilità alle giunte e continuità d’impegno alla coalizione vincente.
Un risultato che ci riporta alle peggiori stagioni della “prima Regione” e di cui bisognerebbe prendere atto e correre ai ripari.
L’estrema caducità e lo scarso spessore dei governi, infatti, sono di per sé un segno evidente della crisi di una leadership senza più una maggioranza definita che, per sopravvivere, continua a ricercare alleanze a destra e a sinistra, indifferentemente.
Con l’aggravante che tutto sta tornando indietro, come d’incanto.
Si stanno rimangiando i loro stessi propositi di riforma, annunciati o minacciati, recuperando perfino taluni chiacchierati progetti maturati e avviati durante le aborrite gestioni di Cuffaro: dai rigassificatori ai termovalorizzatori. Ai quali bisogna aggiungere quello di una centrale nucleare proposta (o imposta?) dal governo Berlusconi.
E’ stato, di fatto, abolito il tanto sbandierato “nuovo piano-rifiuti” e ripristinato il commissariato all’emergenza, manco a dirlo, affidato al governatore in persona. Tutto come prima, dunque. Forse, peggio.
Giacché, oggi, la crisi economica sta distruggendo quel poco che resta del nostro tessuto produttivo (sano) mentre la regione continua a essere paralizzata e sempre più indebitata a causa d’avventurose operazioni imprenditoriali. E da Roma non arriva il becco di un quattrino.
Logiche arcane sembrano presiedere scelte così ardimentose, supportate da piazzamenti di amici inamovibili e nuovi arrivati (soprattutto dal catanese, fra cui anche un ottuagenario ex arcivescovo di Catania) in delicati organismi finanziari.
Se queste sono le premesse, il Lombardo-quater riserverà ai siciliani uno strano futuro: più volto all’indietro che proiettato in avanti.
Come previsto, il governatore è arrivato al punto più dolente del suo percorso ossia al ritorno alla casa madre che l’ha eletto. L’incontro, di ieri, con Berlusconi lo conferma.
Questo- a me pare- il dato nuovo di cui Lombardo dovrà tener conto per tentare di varare la sua quarta giunta.
Non potrà continuare a giocare con formule strampalate: governo con “chi ci sta”, dei “tecnici”, dei “competenti, di “legislatura”, ecc. I governi sono tutti e sempre politici!
La realtà è che il governatore non può uscire dall’accordo con Micciché e Berlusconi e Fini e, per non farsi strangolare dal fatale abbraccio, vorrebbe controbilanciarlo con il re-ingresso in giunta dell’Udc.
E pazienza se dovranno essere sacrificati alcuni assessori “tecnici” e lo stesso PD che si era illuso di costruire con Lombardo addirittura una prospettiva elettorale.
Dopo l’incontro con Berlusconi e il voto favorevole del MPA alla stangata finanziaria, si delinea un nuovo scenario dentro cui si dispiegherà la manovra del governatore: rafforzamento dell’asse con Micciché, apertura agli (ex) amici dell’Udc, trattative sottobanco anche con esponenti del Pdl lealista e con taluni del Pd che, all’occorrenza, potranno servire come “ruota di scorta”. In fila, dall’altro ieri, c’è anche un gruppo di quattro transfughi provenienti da vari partiti.
Un disegno tuttavia imperfetto poiché contiene un quid che lo contraddice.
E’ noto, infatti, che nel PDL permangono contrasti sui rapporti con Lombardo, ma c’è pieno accordo sul fatto che dopo Lombardo verrà una candidatura targata PdL.
Gli aspiranti sono tanti, perciò sarà Berlusconi a scegliere. Autonomisticamente!
Comunque vadano le cose, è certo che si è cominciato a sgomberare il campo da un grande equivoco che ha bloccato la regione per (quasi) metà legislatura.
Anche il Pd sembra aver, finalmente, capito il tranello in cui stava andando a cacciarsi e ha impresso una seria correzione alla linea politica, verso un recupero unitario del suo ruolo di principale forza aggregante di uno schieramento alternativo.
Questo mi sembra l’altro, rilevante elemento di novità. Come uscire dall’impasse? La risposta non è facile e non sta a noi darla. Possiamo solo ricordare che in democrazia il governo deve corrispondere alla volontà della maggioranza degli elettori. Niente inciuci, dunque.
Agostino Spataro