Sarebbe giusto e salutare chiedersi,anche sommessamente, se il modo di ricordare Pirandello per iniziativa di uno sparuto drappello di cittadini d’Agrigento sarebbe stato gradito dal Nobel di Girgenti. Lungi da noi proporre paragoni con la cerimonia ufficiale che si svolgeva al Caos con corone bronzee e gran rumore di sciabole di carta pesta. Questo lasciamolo al giudizio di Pirandello che tutto vede e tutto sente. Certo, però, a uno che scrive il suo testamento nei termini e nei modi di “carro dei poveri, nudo…nessuno mi accompagni…né parenti né amici…” la “misera” rievocazione del drappello agrigentino, senza adontarci, sarebbe piaciuta. Un piccolo drappello capitanato dalla guida turistica Marco Falzone e dall’attrice Lia Rocco che aveva lanciato l’iniziativa, si è ritrovata ai piedi della scalinata di san Gerlando e con improvvisate performances di brani pirandelliani si è riappropriata di una memoria “globalmente” dura a morire e poi attraversando vicoli e cortiletti fatiscenti dove regnava l’odore dei secoli ha discusso , commentato lo spirito dei tempi, i corsi e ricorsi di una storia che Marco Falzone è riuscito a farci amare e capire. E anche a” temere” con quell’accenno alla paleofrana che rode e corrode il Seminario vescovile, il museo diocesano, la cattedrale e la Curia che farebbero bene a trasferirsi a valle della città senza creare problemi e oneri alla spesa pubblica. Il clou della peregrinazione si è toccato nel vicolo Arco di Spoto, residenza, scrive Pirandello nella novella “La verità”, di quel Tararà che poi nel “Berretto a sonagli” si chiamerà Ciampa e che attraverso la lettura di Vincenzo Campo ha rivissuto il suo dramma. Ma anche Lia Rocco con l’Enrico IV, Beniamino Biondi col Mattia Pascal, Giovanna Grisafi con Il treno ha fischiato sono andati a comporre un memoriale garbato e affettuoso per il don Luigi nostrano. Così in una serata del 28 giugno 2010. Centoquarantatre anni fa, Luigino dormiva, vagiva e poppava da appena dodici ore. (D.R.)