Si è molto parlato della Banca del Mezzogiorno, voluta per “creare le condizioni finanziarie per uno sviluppo del credito nel Mezzogiorno, per un riequilibrio economico dell’intero territorio nazionale, per acquisire un rapporto più bilanciato fra impieghi e depositi nelle diverse aree del Paese, nonché per fare fronte ai problemi strutturali che tuttora incidono sul credito nel Mezzogiorno”.
Fin qui la mission, ma in realtà, come scriveva tempo fa Il Foglio, “alla base del fenomeno del razionamento del credito c’è l’asimmetria informativa tra prestatore e prenditore che può dar luogo a due distinti effetti: la selezione avversa (solo i progetti con rischiosità elevata sono in grado di sopportare l’onere di tassi di interesse più elevati) e l’azzardo morale (il tasso di interesse influenza il comportamento dei prenditori che al crescere di questo scelgono progetti più rischiosi). In presenza di questi effetti, un mercato altrimenti perfettamente concorrenziale può dar luogo a fenomeni di razionamento”.
Nelle more, Unicredit ha completato la fusione del Banco di Sicilia. 450 sportelli, che convogliano i risparmi del Sud per investirli nell’industrializzato e più ricco Nord.
Se anche la banca siciliana dovesse trarre vantaggi da questo progetto, altrettanto non può affermarsi con certezza per il mondo imprenditoriale dell’isola.
A questo, si aggiunge il rischio di un mondo finanziario che sconosce confini geografici e politici, tant’è, che la crisi economica che stiamo vivendo, non ha danneggiato soltanto gli stati direttamente interessati, ma ha investito l’intero mondo finanziario.
È di oggi la notizia pubblicata dal giornale ucraino KyivPost, di una truffa in danno della Ukrsotsbank e del colosso bancario Unicredit.
Boris Timonkin – Ukrsotsbank – ha accusato i proprietari della società di sviluppo Kyiv Donbass sviluppo (KDD), di essere i veri proprietari di una catena di ristoranti (Puzata Khata) a basso costo in Ucraina, di cercare di frodare la Ukrsotsbank di 70 milioni di dollari grazie a fallimenti fittizi.
Il pagamento degli interessi passivi, è cessato nel febbraio 2010, e i rappresentanti della società, da quel momento non hanno più risposto ai solleciti della Ukrsotsbank, respingendo le ripetute richieste di incontri, sostenendo che il direttore generale e formalmente principale azionista, Vladislav Guliy, era malato.
Ma questa è solo la punta di un iceberg, ha detto Timonkin. Le indagini hanno rivelato che tutte le società controllate Puzata Khata erano state dichiarate fallite nel corso del mese di febbraio-marzo. “è un classico caso di enormi crediti fittizi creati per diluire il debito reale durante il processo di bancarotta”, ha detto Timonkin. Un processo che trasformerebbe la TOV Puzata Khata in un guscio vuoto.
Dai documenti è emerso, per esempio, che la controllata di maggior spicco della Puzata Khata a Kiev, aveva ottenuto un prestito di 44 milioni dollari da parte di un terzo, con solo 16 mila dollari dati in garanzia e che prestiti simili con risibili garanzie presentate, esistono per tutte le altre filiali della catena di ristoranti.
Il debito accumulato dalla TOV Puzata controllata Khata verso terzi ha raggiunto 152 milioni di dollari.
La banca ha anche scoperto che tre ristoranti dati alla Ukrsotsbank come garanzia erano stati illecitamente venduto a terzi.
Timonkin ha prodotto documenti di un ristorante Puzata Khata recanti un nuovo nome della società TOV PKh gruppo invece che TOV Puzata Khata, dimostrando che le operazioni commerciali erano ormai nelle mani di una struttura diversa, la PKh Group.
Secondo Timonkin, anche se la banca avesse avuto a che fare con i top manager della TOV Puzata Khata, che sono i suoi azionisti formali sulla carta, i veri proprietari della società sono gli azionisti della Kyiv Donbass Sviluppo (KDD), Konstantinovskie, i gemelli Vyacheslav e Oleksandr, Alexander Levin, Olena Topolov (la moglie dell’ex ministro dell’energia Viktor e Topolov) e Slipets Petro. Slipets, KDD CEO proprietario di una quota del 11 per cento che è stata uno dei partner di Ukrsotsbank.
La Ukrsotsbank, parlando anche in nome della banca Unicredit, ha invitato il nuovo governo ucraino a prendere misure per proteggere gli investitori stranieri e migliorare l’immagine internazionale dell’Ucraina, precisando che è di primaria importanza per la banca ottenere indietro i suoi soldi. Tuttavia, è stato sottolineato, che la situazione non avrebbe alcuna influenza negativa sulle finanze della banca.
Una storia per molti versi analoga a quella del malaffare italiano nel mondo dell’alta finanza.
Scatole vuote, fallimenti per centinaia di milioni o miliardi di euro, coinvolgimento di politici e banche.
Le vicende che riguardano la TOV Puzata Khata, potrebbero rappresentare la punta di un iceberg, con danni di gran lunga superiori ai 70 milioni di dollari. Non si esclude infatti che il danno sia di gran lunga superiore al mezzo miliardo di dollari.
E’ il Sud, il salvadanaio delle grandi banche?
Se così fosse, è bene allora ricordare che i salvadanai, son fatti perchè quando pieni venganno rotti e si possa attingere alle riserve economiche accumulate.
C’è da chiedersi quale sia l’interesse dell’imprenditoria siciliana, nel continuare ad operare con banche che, direttamente o tramite affiliate o controllate, investono fuori dall’isola, avvantaggiando altre economie e, come in questo caso, mettendo a rischio capitali raccolti in questo profondo sud, da sempre boicottato, quando poi per ottenere anche un piccolo prestito qui da noi, e non altrove, vengono chieste impensabili garanzia.
Se l’unità d’Italia ha fatto sì che il denaro della Banca delle Due Sicilie venisse depredato e trasferito per investire in altre regioni, la globalizzazione sta completando la distruzione del già misero Sud.
Ovviamente, di queste vicende poco o nulla scrivono quei media che dipendono da una classe politica che ha grossi interessi nel mondo imprenditoriale e bancario…
Gian J. Morici