Martina, è una ragazza di diciassette anni, chiusa nel corpo di una bambina di tre. È affetta da Sindrome di Cornelia de Lange, una sindrome malformativa le cui caratteristiche sono la scarsa crescita post-natale in peso ed altezza, ridotte dimensioni della testa (microcefalia), piccoli o gravi alterazioni malformative a carico delle mani. L’acquisizione delle comuni tappe di sviluppo di ogni bambino (stare seduto, gattonare, camminare, dire le prime parole) è ritardata, così come ritardato in modo variabile è lo sviluppo intellettivo. Martina non parla, ma come dice la mamma, Donatella Samaritano, Martina, nonostante i gravi problemi che si porta dietro, ama la vita.
Spesso diamo tutto per scontato e molti di noi, pensano che questi bambini non abbiano stimoli esterni che gli facciano apprezzare qualche piccolo piacere che la vita può offrir loro.
Se è pur vero che ci sono disabili e disabili, altrettanto vero è il fatto che ognuno di loro, come del resto per noi che continuiamo a definirci “normali”, esistono diversi livelli di apprendimento, di socializzazione, di godimento della vita.
Donatella – la mamma di Martina – è una donna coraggiosa che assieme al marito ha affrontato questi diciassette anni di incertezze con grande serenità e lucidità, riversando sulla figlia tutto l’amore che due genitori possono provare. Madre di tre figli, uno avuto precedentemente a Martina e l’altra successivamente, Donatella adora quella che definisce la sua “bambina”.
E come vedremo in seguito, nonostante i diciassette anni già compiuti, di una bambina si tratta.
“Martina è una bambina dolcissima – ci dice Donatella – che si fa capire in tutti i modi. Se è contenta sorride, abbraccia, bacia gli altri bambini. Se è triste, lo si vede subito dagli occhi. A volte non servono le parole per comunicare. Martina non vegeta. Martina vive. È una bambina meravigliosa, con una gran voglia di vivere”.
Di recente, la storia di Martina è stata oggetto dell’attenzione da parte di qualche organo di stampa a seguito di uno spiacevole episodio, dai risvolti che sarebbero potuti essere veramente drammatici.
– Cosa è successo a Martina?
– Lei si riferisce a quanto accaduto il 10 di marzo. Quel giorno, la bambina è uscita da casa come tutte le altre mattine, quando dopo averla pulita e vestita, l’ho consegnata agli operatori che per conto del Comune accompagnano questi bambini disabili a scuola. Al ritorno da scuola, ho messo la bambina nella culletta. Martina, a volte si addormentava e stava tutto il giorno a dormire e poi magari stava tutta la notte sveglia, quindi non mi sono subito accorta che c’era qualcosa che non andava. Quando dopo qualche ora l’ho presa in braccio, mi è subito collassata tra le mani…
– A cosa era dovuto?
– Inizialmente non riuscii a capirlo. La bambina non parla e quindi io avevo attribuivo questo suo malessere a cause diverse da quelle che poi scoprii. solo dopo una serie di indagini in ospedale, quando ci venne detto che la bambina aveva tutte e due le teste dei femori fratturati.
– Come si era procurata quelle fratture?
– I medici, sostengono si tratti di un trauma da caduta. Avevo il sospetto potesse trattarsi di una fragilità ossea, ma poi, quest’ipotesi è stata sconfessata dagli accertamenti clinici. Quella mattina, Martina è stata tra le mie braccia, le braccia degli operatori che s’interessano del trasporto e in classe… Martina l’ho consegnata ai signori che si occupano del trasporto e non aveva nulla, quindi per esclusione, o è successo qualcosa durante il trasporto o a scuola.
– Lei ritiene dunque che qualcosa sia accaduto in questo lasso di tempo. Crede che ci possa essere stata la volontà di qualcuno nel fare del male a Martina?
– Tanto la cooperativa quanto la scuola, nega ogni eventuale responsabilità. Io non so di chi possa essere la colpa di quanto accaduto, sarà la magistratura ad accertarlo, ma quello che so per certo, è che mia figlia è uscita da casa che stava bene e mi è tornata con le fratture alla del femore. Non credo ci siano responsabilità diverse da quelle di un incidente, anche perché sono persone perbene coloro che l’avevano in affidamento. Penso che sia successo qualcosa di cui inizialmente non si sono neppure resi conto loro, visto che la bambina non parla ed ha una soglia del dolore molto elevata. Magari la bambina non ha pianto e loro in un primo momento non si sono neppure resi conto della gravità dell’accaduto. Il mio timore, è che tutto sia avvenuto a seguito di quelle che eufemisticamente potremmo definire carenze del settore pubblico. O durante le ore di scuola, o durante il trasporto. Il trasporto della bambina, avveniva a cura di una cooperativa che aveva ottenuto l’affidamento da parte del Comune di Sciacca. Questa cooperativa, possiede un solo pulmino che dovrebbe servire al trasporto di tanti bambini e di conseguenza, il trasporto nella maggior parte dei casi avviene con macchine private del personale. Utilitarie sulle quali i bambini vengono messi sul sedile posteriore, senza neanche un seggiolino, senza neppure le cinture di sicurezza. Quindi senza neppure i requisiti minimi di sicurezza. Lei capisce bene, che se io porto un passeggero qualsiasi (non parliamo di disabili) senza neppure le cinture di sicurezza, vado incontro a sanzioni pecuniarie, oltre alla decurtazione dei punti dalla patente. Un bambino disabile con queste patologie, è come un neonato… A me non interessano neppure i risvolti economici, m’interessa che quanto verificatosi a Martina, non debba più accadere ad altri bambini…
– Ma il Comune, prima di affidare il servizio, non aveva verificato che la cooperativa fosse in grado di effettuarlo?
– Quando si offre un servizio come quello del trasporto o della scuola, ci si dovrebbe accertare che ci siano almeno i requisiti minimi di sicurezza. Non pretendo – come sarebbe giusto ndr – che il trasporto debba avvenire con mezzi dotati di apposite pedane o quanto altro, ma riducendo un po’ sugli utili aziendali, si potrebbe almeno dotare le vetture con gli appositi sediolini per i disabili…se si fanno le domande, li forniscono pure le Asl… Non è possibile pensare sempre a ricavare il massimo guadagno con il minimo investimento…Quando io andavo a far presente le mie perplessità in merito al trasporto di questi bambini disabili, mi dicevano che avrei dovuto rivolgermi ad un legale. Adesso, dopo il fatto, hanno istituito una commissione d’inchiesta che sta indagando sul tipo di servizio offerto… Pensi che di recente – dopo l’incidente di Martina ndr – è stata indetta una conferenza stampa nel corso della quale, hanno presentato due furgoncini idonei al trasporto dei disabili, che la cooperativa ha avuto in regalo. Quando ho chiesto se i furgoncini potevano essere adoperati per trasportare questi bambini che spesso – come nel mio caso una volta la settimana – devono essere portati a Palermo o altrove con l’utilizzo di ambulanze private a pagamento, mi è stato risposto che non hanno neppure gli autisti abilitati a guidare questi furgoni. Ma allora, cosa stanno a fare conferenze stampa, solo per far vedere che “adesso” si sono dotati di furgoni idonei? Mi auguro solo che questi due furgoncini, non debbano rimanere posteggiati perché non hanno gli autisti in grado di poterli guidare…
– Voi, avete anche vissuto un dramma nel dramma…
– I fatti più gravi che voglio denunciare all’opinione pubblica, e sui quali intendo portare avanti una battaglia, riguardano la realtà sanitaria con la quale mi sono dovuta scontrare. Al danno, si è aggiunta la beffa. Mentre mia figlia aveva delle emorragie, la glicemia altissima, l’emoglobina tanto bassa da essere a rischio di trasfusione e più fratture, non trovavo un ospedale che potesse accudire Martina, solo per un problema di natura burocratica. Quando arrivai in ospedale, gli stessi medici dell’ospedale di Sciacca, manifestarono le loro perplessità ad eseguire un intervento per il quale non avevano alcuna esperienza, ritenendo sarebbe stato più logico che l’intervento fosse affidato ad un’equipe abituata a trattare casi pediatrici. Lì nacque la beffa. Mi fu infatti detto che mia figlia, non poteva essere assistita dai pediatri, perché aveva già superato l’età pediatrica. Martina, nonostante sembri una bambina di tre anni, anagraficamente ha già compiuto diciassette anni. Quanto accaduto, mette in evidenza le discrasie di una legge che prevede il trattamento sanitario riservato ad un adulto, per un soggetto che in realtà fisicamente, e non solo, presenta tutte le caratteristiche di un bambino di pochi anni. Un conflitto tra quello che è la realtà delle cose e una legge che non tiene conto che ci sono casi in cui ci si può trovare dinanzi un paziente che, seppur avendo superato l’età pediatrica, ha il fisico, e non solo, di un bambino di pochi anni. Siamo stati dalle 11 del mattino fino alle 7 della sera a cercare un ospedale pediatrico che potesse accogliere la bambina. Il dottore Marsala, del Pronto Soccorso dell’ospedale di Sciacca, ha fatto le sovrumane cose per poter trovare una struttura che potesse accogliere Martina e se non fosse stato per il dottor Cassarà, della “Casa del Sole” di Palermo, che si è assunto la responsabilità di accogliere la bambina, non so proprio cosa avremmo potuto fare. Dove sarei dovuta andare? Solo a pensarci, mi sento male. La notte, mi sveglio di soprassalto con l’ansia, come se non avessi ancora risolto il problema…è un dramma difficile da spiegare a chi non lo vive in prima persona…
– Cosa pensa di fare adesso?
– Superato l’evento traumatico e accertate da parte della magistratura le eventuali responsabilità, resta il problema di una legge che va modificata affinchè non debba accadere ad altri genitori e ad altri bambini, di dover patire le ansie, le sofferenze e le difficoltà che abbiamo affrontato noi. Questa sarà la mia vera battaglia. Una modifica di legge, che tenga conto anche di chi ha problemi diversi da quelli che comunemente ci si trova a dover affrontare.
Nella voce di Donatella, si leggono le paure di una mamma che teme possa verificarsi nuovamente un evento imprevisto che la faccia ripiombare nell’incubo già vissuto, ma anche la determinazione e la rabbia di chi è deciso a lottare con tutte le proprie forze, affinchè la figlia non debba più rivivere le peripezie e le sofferenze che hanno segnato tutta l’intera famiglia. A nessuno, può essere consentito di far finta che nulla è accaduto. Spesso, i drammi che non ci riguardano personalmente, sembrano non riguardarci. Volutamente li ignoriamo. Eppure, sarebbe bene tenere a mente che nessuno di noi è immune da questi problemi. Chi l’avrebbe mai detto a Donatella, che già aveva avuto un figlio che non le ha dato preoccupazione alcuna, che avrebbe dovuto affrontare tutte queste difficoltà? Ogni tanto, faremmo bene a soffermarci e pensare che potrebbe capitare anche a noi o ai figli dei nostri figli…
– Torniamo al Comune… Purtroppo, come lei ben sa, molte amministrazioni comunali hanno seri problemi economici e non hanno fondi per far fronte neppure a quelle che sono esigenze primarie…
– Non ci sono i fondi? Non è vergognoso che si spendano centinaia di migliaia di euro e non si trovino somme modeste per venire incontro alle famiglie che vivono situazioni tanto drammatiche? A Sciacca non c’è un centro Aias, noi siamo costretti a spostarci tre o quattro volte la settimana a Sambuca, a Castelvetrano o ad Agrigento. Molti genitori che lavorano, hanno anche delle difficoltà a doversi spostare continuamente anche per 80km, per raggiungere questi centri. Ebbene, né il Comune, né altri enti, si sono premurati a trovare dei locali disponibili dove potersi riunire, per cercare di sopperire alle carenze dei servizi pubblici. Un gruppo di genitori di bambini disabili, ha creato un’associazione e si sono dovuti tassare per poter prendere in affitto i locali…
Martina, ha fatto le elementari e la mamma, racconta con un certo rimpianto quei giorni. La sua voce si incrina mentre ci dice di quando si facevano le pubblicazioni dei lavori dei bambini e le fotografie, con Martina sempre presente. Di quando alle recite e Martina era la mascotte della classe.
“Quando Martina piangeva – dice Donatella – i bambini la capivano e si premuravano ad informare la maestra, intuendo financhè di cosa avesse bisogno.
Anche i genitori degli altri bambini, adoravano Martina e se mancava qualche giorno da scuola, in continuazione riceveva telefonate dalle altre mamme preoccupate, che s’informavano se fosse successo qualcosa.
Le cose, purtroppo cambiano non appena Martina va alle medie.
Nel mese di ottobre, Donatella aveva chiesto di tenerla un po’ in disparte in attesa di fare il vaccino per l’influenza suina, ma all’inizio di novembre, dopo aver fatto il vaccino, ha parlato con il coordinatore di questi bambini disabili dicendo che tutto era a posto e quindi avrebbe voluto che Martina potesse essere messa con gli altri bambini della classe. Martina in classe con i suoi compagnetti, non è mai andata.
– Cosa avveniva quando Martina arrivava a scuola?
– A scuola, quando arrivava mia figlia, non veniva inserita nella classe di appartenenza, ma veniva portata in quello che loro chiamano laboratorio, che dovrebbe essere una classe dove questi bambini dovrebbero essere portati al massimo per un’ora, per poi essere riportati in classe con gli altri bambini. Cosa quest’ultima, che con Martina non è mai avvenuta…
– È normale questa lunga permanenza in “laboratorio”?
– La legge prevede che queste aule – come il laboratorio dove viene tenuta Martina – non debbano esistere perché non c’è integrazione sociale di questi bambini, che dovrebbero essere inseriti nella classe di appartenenza. Io non condanno l’esistenza di queste classi-laboratorio, purchè non diventino un pretesto per tenere ghettizzati questi bambini. Ho il timore, che diversi fattori concorrano ad una scelta di questo genere, in danno dei bambini…
– Si spieghi meglio…
– Può anche capitare che le maestre di sostegno non abbiano adeguata preparazione o non hanno alle spalle uno psicologo che possa aiutarle nel lavoro con questi bambini, oppure, che gli insegnanti si disturbino nell’avere in classe questi bambini perché magari a volte piangono o si lamentano… si finisce così con il trasformare quell’ora o due di laboratorio, nella totalità della giornata scolastica…
– Una scelta dettata dunque da esigenze dei docenti, ma che portano all’esclusione di questi bambini dalla vita sociale…
– Infatti, da quanto riferitomi, si prevedeva che mia figlia dovesse stare all’interno della classe solo 5 o 6 ore in un anno. Si rende conto? Mi è stato detto che doveva essere integrata poco per volta… Considerato che eravamo al 10 marzo e la scuola a maggio finisce, quest’integrazione in che mese doveva avvenire? Capisco che alle medie ci siano maggiori complicazioni, ma questa non può diventare una scusa per tenere, per comodità, una bambina come Martina isolata nell’aula laboratorio senza che avvenga integrazione alcuna con gli altri compagni.
– Ha mai lamentato questo trattamento?
– Il preside della scuola, ha ribaltato le cose, accusandomi di aver “posteggiato” mia figlia a scuola, disinteressandomi di lei sotto il profilo didattico. Ma cosa devo interessarmi sotto l’aspetto didattico? Martina ha raggiunto le sue tappe evolutive. Ad un certo punto, anche noi genitori dobbiamo arrenderci e non stressare oltre questi bambini, chiedendo loro il raggiungimento di obiettivi impossibili. Dobbiamo prendere atto di quello che possono fare e accettarli per come sono.
– Il suo problema, è dunque quello della socializzazione, dell’integrazione nella classe…
– Il suo grado di apprendimento, è quello che ha raggiunto ed io ho accettato che sia quello… La critica che muovo alla scuola, non è rivolta agli aspetti didattici, quanto ai problemi d’integrazione. Quando i bambini con i quali è stata alle elementari incontrano Martina, le fanno festa, si avvicinano, la coccolano. Con loro, era riuscita a socializzare e a farsi voler bene. Anche quest’anno, avrei voluto accadesse la stessa cosa…
– Integrazione…Purtroppo, assistiamo spesso alla difficoltà che c’è ad accettare la diversità…
– Proprio per questo l’avrei voluta inserita in classe… Vede, quando per la prima volta dei bambini vedono Martina, capita magari che abbiano paura. Questo non mi offende né mi fa arrabbiare, perché capisco che fisicamente Martina non è una bambina che è facile da accettare. L’integrazione deve avvenire sia per Martina, quanto per gli altri bambini che è giusto si abituino ad accettare le diversità. È su questo, che non si è fatto alcun lavoro di preparazione…
– La storia di Martina, riguarda molteplici aspetti. Da quello normativo, all’integrazione dei bambini disabili, a quelli, non meno gravi, della gestione dei servizi. Tutti aspetti che direttamente o indirettamente, hanno a che fare con la politica… C’è qualcuno che ha attenzionato la vicenda di Martina?
– Ad oggi, non si è ancora interessato nessuno. Quello che io desidero, è sollecitare un maggiore interesse e non per Martina, ma per tutti i bambini che si trovano nella sua condizione. Quello che serve, è una modifica della legge. Io ho paura e a volte mi chiedo cosa accadrebbe se Martina dovesse avere un problema, come è accaduto in questa circostanza, a chi dovrei rivolgermi? Ad un medico abituato più a trattare con gli adulti che non con i bambini? Questo è un problema che va risolto nelle sedi opportune. Dai politici, mi aspetto un maggiore interessamento che porti non solo alla modifica della legge, ma anche alla soluzione di tanti problemi che noi genitori affrontiamo quotidianamente e che sembrano non interessare nessuno. Vorrei avere un raffronto con il ministro Gelmini o con qualcuno che la rappresenti, per farle presente come spesso sia facile legiferare, senza poi tener conto delle varie realtà e senza pensare a dotare le scuole di quanto serve in casi come questo…
Martina, prima dell’incidente, riusciva ad avere un minimo di autosufficienza. Si alzava e si sedeva da sola. Tenendosi con la manina al tavolo, riusciva a camminare. I movimenti di una bambina di un anno, che muove i suoi primi passi, che nella culletta si alza da sola, riesce a prendere il biberon da sola. Basta poco a distruggere quello che si è fatto. Basta un incidente banale, che poteva essere evitato.
“Ci sono disabili fisici – dice mamma Donatella – che comunque possono sopperire a determinate carenze. Ma ci sono quelli come Martina, che sono come degli uccellini che se l’imbecchi vivono, altrimenti muoiono…”.
Possiamo consentire che muoiano per la nostra distrazione?
Noi ci auguriamo che Martina non viva mai più momenti del genere, ma se non si fa qualcosa, quanti altri bambini corrono il rischio di vivere la stessa tragica esperienza?
Forse, più che le parole di Donatella o nostre, a fare comprendere chi è Martina e quanto meriti la nostra attenzione e il nostro affetto, questo filmato che vi invitiamo a vedere.
Pochi minuti del vostro tempo che, se avete avuto la sensibilità di seguirci fin qui, siamo certi vi indurranno a riflettere e collaborare con Donatella, affinchè assieme a quello di Martina, si risolva anche il problema di tanti altri bambini che, non dimentichiamolo, potrebbero essere i nostri figli o nipoti di domani.
Guarda il filmato: La storia di Martina
gjm
colplimenti per l’articolo, anche se noi conosciamo fin dalla nascita Martina.
Brigida e Vincenzo Sanzone.”padrini di Martina”