Sono in Sicilia. Nel caldo torrido (“Qui nevica fuoco”, diceva il Gattopardo….) gli incendi divampano. Incendi dolosi, si dice, che divorano ettari ed ettari di boschi, pinete, macchie, pascoli, coltivazioni. Incendi dolosi, per vendette, estorsioni, rivalse di disoccupati per il “taglio” delle spese per i lavori per le “fasce tagliafuoco” e, in generale, antincendio.
Tutto questo è mafia, o giù di li.
Ma in Sicilia, anche se i giornali non ne parlano o ne parlano assai poco e male, non sono solo i boschi, le macchie, la campagna a bruciare. In proporzione si direbbe che bruciano di più gli impianti per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. Della “munnizza”, per parlare chiaro.
Ne bruciano tanti dei non troppi che ce ne sono. Prima di ferragosto è bruciato l’ultimo, quello di Racalmuto, il paese di Sciascia, ma anche il paese in cui l’amministrazione comunale fu sciolta (Alfano all’interno!) per mafia. Ma poi di mafia l’amministrazione risultò pulita. Ma così andò all’aria la raccolta differenziata della “munnizza” che l’amministrazione aveva realizzato riuscendo così a farsi passare per mafiosa.
Di questi impianti ne sono bruciati almeno dieci. L’anno scorso è andato in cenere il più grande: quello della zona industriale di Agrigento, che serviva un vasto comprensorio.
La Sicilia è l’ultima regione nella realizzazione della raccolta differenziata (la penultima è la Calabria).
Il 12,8% del totale smaltito in modo differenziato è la percentuale che le vale la “maglia nera”.
Il Veneto, in testa alla classifica, supera il 68%.
Per forza, direte voi. In Sicilia il gran caldo provoca l’autocombustione della “munnizza” e, così, addio impianti. Manco per sogno! La “munnizza” non brucia nelle vecchie (e nelle nuove) discariche, che prosperano e rendono fior di quattrini ai proprietari o, magari, ai gestori cui qualche provvida leggina regionale le ha affidate . Più o meno, regalate.
La raccolta differenziata non è ostacolata dagli incendi, o meglio, solo dagli incendi, ma da crisi di amministrazioni, scioglimento d’autorità “per infiltrazioni”, magari, invisibili, “mafiose”, ostacoli e incidenti d’ogni genere. Gli incendi provvedono a quel che resta e sfugge al sistema. E a dissuadere le imprese ad assumere un così pericoloso servizio. Servono comunque a far scendere ancora più giù la percentuale della raccolta differenziata e, soprattutto, ad impedire che risalga più in alto.
In molti si grida e si mormora per il carattere doloso degli incendi di boschi, macchie e sterpaglie e la parola….”mafia spiega l’inspiegabile, nessuno sembra formulare ipotesi sulla frequenza e la gravità degli incendi degli impianti di “differenziazione dei rifiuti”. Ne tanto meno si osa parlare di mafia.
E l’Antimafia? E la Magistratura?
L’Antimafia ha sempre applaudito lo scioglimento delle amministrazioni, anche quelle modello per la realizzazione della differenziata. E, a quanto pare, prospera anche (e soprattutto) se le cose vanno così.
Ulteriori spiegazioni domandatele a certi industriali “antipizzo”. La Magistratura “apre fascicoli”. Per “atti relativi ad incendio in località ……” etc.
Ne apre, forse, troppi.
Per tutte quelle storie di strani incendi forse ne avrebbe dovuto aprire uno solo. Sarebbe un buon metodo per ricercare e capire di che si tratta. E quale sia il movente, se un movente c’è. E c’è.
Mauro Mellini