L’INCARICO AD UN CONTE CHE NON CONTAVA DI RINUNZIARE AD UN GOVERNO GIA’ BOCCIATO.
IL GROTTESCO DI UNA VICENDA TRAGICA
Due bulletti da bar di periferia che giuocano a fare gli uomini di Stato. Un contratto privato di gestione di fantasie oniriche.
Un Presidente del Consiglio incaricato di dimettersi. Una procedura incostituzionale da tutti approvata ed una conclusione ovvia con ridicole minacce di una messa in stato d’accusa.
Questo il canovaccio della più delicata crisi di Governo della Repubblica.
Quando nei giorni scorsi andavamo dichiarando che Mattarella, rovesciando la procedura per la nomina del nuovo Governo aveva commesso qualcosa al limite dell’attentato alla Costituzione, avevamo l’impressione che, più che parlare al vento, ci trovassimo di fronte a gente fermamente decisa a tapparsi le orecchie.
Oggi che il Presidente del Consiglio designato, che non ha battuto ciglio in tutta la vicenda, confermando così che più che “designato” a formare il Governo dovremmo dire “appiccicato” sopra un governo Di Maio-Salvini a coprirne la grottesca natura ed origine, ha “declinato l’incarico”, io non sarei disposto ad affermare che lo abbia fatto a causa della sola controversa nomina di Savona (sulla quale non mi risulta che egli abbia avuto la benché minima parte).
Salvini e Di Maio insorgono contro Mattarella (non una parola contro Conte perché tutti sanno che non contava!!) e lo vogliono addirittura mettere sotto procedimento d’accusa per un atto che è, invece del sia pur irrilevante Presidente del Consiglio incaricato.
Certo, la manovra politica di Mattarella estremamente arrischiata, è da considerarsi di straordinaria abilità nel tendere la trappola a Salvini e Di Maio, lasciandoli redigere e proclamare quell’obbrobrioso contratto per sputtanarli a dovere. Ma se Mattarella è andato fuori delle prassi costituzionali ciò è avvenuto proprio quando ha lasciato a quei due sciagurati ragazzotti le briglie sul collo nella “privatizzazione” della gestione della crisi facendo sbilanciare (è il caso di usare proprio questo termine) con quel contratto, le norme dei ministri etc. etc. per intervenire a gamba tesa nella questione Savona, fino a tirar fuori il coniglio Conte dalla manica per fargli compiere quello che era quasi l’unico suo prevedibile compito che ora i due balordi vogliono usare come “capo d’accusa” addirittura per l’incriminazione di Mattarella.
Pare, dunque, che si andrà a nuove elezioni.
Con la stessa legge? Certo non senza il rischio dello stesso esito. Se gli avvenimenti di questa incredibile crisi hanno evidenziato il ridicolo della maggioranza populista, non sappiamo quali saranno, alla fine, le reazioni della gente di fronte a così complicati machiavellismi.
Certo è d’altro che ha bisogno l’Italia.
C’è da rifare una coscienza politica. Ci sono da affrontare problemi di straordinaria rilevanza e difficoltà. Abbiamo il dovere di sperare che è, poi, quello di non stare a guardare.
Mauro Mellini