A novembre le elezioni per l’elezione del Presidente e del Parlamento Regionale porranno fine alla funesta buffonata in Sicilia, della “rivoluzione” di Crocetta, il cui governo dell’Isola passerà alla storia per il suo non facile primato di inconcludenza e di devastazione istituzionale ed economica.
Ancora una volta toccherà alla Sicilia di “essere metafora” della situazione politica italiana e, sarebbe augurabile, dei cambiamenti e di una rivolta vera contro le oramai manifeste ed obsolete, anche se di recente conio, forme di oppressione progettate e realizzate nel nostro Paese.
Il “Movimento 5 Stelle” è stato, anche in Sicilia l’ultima manifestazione di un’insofferenza del potere oppressivamente clientelare, falsamente retorico, fondato sulla devianza di ogni funzione pubblica, coperta da una retorica ipocrita ed uggiosa. Ma quel Movimento, espressione, di un’antipolitica del tutto corrispondente a quella forma di oppressione è divenuta con rapidità sorprendente, servo sciocco e tuttavia “naturale” della prevaricazione oppressiva dell’Antimafia mafiosa, di un Partito dei Magistrati invadente e spregiudicato, di un’imprenditoria parassitaria, ammantata essa pure di antimafia strumentale, esperta di un’assurda repressione della concorrenza etc. etc. Quell’imprenditoria (se così può chiamarsi) che è stata il vero “puparo” di Crocetta e del crocettismo.
C’è in Sicilia la percezione di tutto ciò.
Lo scoramento prodotto dal ripetersi di sciagurate politiche di persecuzione sfacciata tende a scomparire in una voglia di rivalsa e di rovesciamento delle icone dell’ipocrita trattamento paracoloniale dell’Italia in nome di un’antimafia distruttiva di ogni certezza del diritto e della stessa economia. Ma l’espressione coerente e saggiamente politica di questo spirito di giusta rivolta è ancora embrionale, incerto, forse lontano. E’ probabile che in queste elezioni ai mafiosi non riuscirà di giuocare facilmente come in passato la carta dell’Antimafia. Le sceneggiate di scalpitanti magistrati pronti a “sacrificarsi” assumendo ministeri, assessorati, potere diretto, sono valse a fare aprire molti occhi rimasti troppo a lungo chiusi, ma ciò non basta a dissolvere l’atmosfera di intimidazione che la sostanziale alleanza con il Partito dei Magistrati ancora garantisce ai “poteri forti” (che sono, poi, marci e melmosi) e, soprattutto non basta a delineare e realizzare un’alternativa vera.
Ho notizia di un’iniziativa, che merita attenzione e critiche sagge e severe proprio per il valore intrinseco dell’intuizione al solito giusta e brillante che l’ha ispirata: è quella di Vittorio Sgarbi, al quale l’aver subìto la prevaricazione di uno degli “scioglimenti per infiltrazioni mafiose” dell’Amministrazione Comunale veramente rivoluzionaria di Salemi di cui era Sindaco, conferisce una “sicilianità” non occasionale e, magari, farsesca come pure qualcuno vorrà sostenere.
Sgarbi starebbe preparando una formazione politica per affrontare le elezioni regionali, candidandosi alla Presidenza, presentando come assessori le vittime, ben note, di persecuzioni giudiziari “antimafiose”.
L’idea è tutt’altro che balzana e non si può negare che ponga, con la dovuta brutalità, la questione centrale della politica Siciliana e non solo Siciliana.
Ma, se portata fino in fondo, la brillante iniziativa di Sgarbi rischia di avere effetti e conseguenze politici opposti a quelli che egli (e noi con lui) ci proponiamo.
Se è pur vero che nessuna delle altre forze politiche in lizza in Sicilia oserà suonare la diana della rivolta contro la mafia dell’antimafia, contro la soppressione dei diritti civili, della certezza della proprietà, del valore delle garanzie e del credito aggrediti e messi in forse dalla legislazione antimafia e dalle esorbitanze di una magistratura partigiana oltranzista e grettamente giustizialista, una formazione come quella di Sgarbi, che non credo abbia ambizioni (e possibilità) di vincere, ridurrebbe il movimento di protesta e di liberazione da tutto ciò in una mera testimonianza.
E questo non è il momento di limitarsi a geti formali. Bisogna cacciare dalle sedi del potere almeno i più impudenti mafiosi dell’antimafia, Crocetta ed i suoi eredi più o meno legittimi, ridicolizzare le velleità del Dimatteismo cinquestelluto. Togliere voti a chi ha la possibilità (e il dovere) di fare tutto ciò sarebbe un errore imperdonabile e, tra l’altro, servirebbe a fornire un comodo alibi per le tendenze al “quieto vivere”, all’inconcludenza del “moderatismo” berlusconiano, al partito degli “impauriti” etc. etc.
Ed allora sarebbe assai più utile e significativa la “conversione” dell’iniziativa di Sgarbi verso quelle correnti di pensiero e quell’impegno che in qualche modo sono già in atto per condizionare il possibile schieramento vincente anticrocettiandemocratico ed anticinquestelle perché esca dagli equivoci, raccolga il moto di rigetto dell’oppressione falsamente antimafiosa e delle speculazioni sfacciate di “munnizzari” delle discariche, di concessionarie di servizi pubblici etc. etc.
Un movimento che affronti le elezioni senza candidati e candidature, ma con decisione e senza far sconti a nessuno, facendo pesare il suo appoggio a chi mostri di meritarlo o, almeno, di subirlo.
E ponga apertamente condizioni ineludibili. E distrugga alibi e ridicolizzi la paura. E se questa è rivoluzione lo sia. Perché lo sarebbe veramente.
Mauro Mellini