Non è una gaffe ascrivibile all’”inesperienza” della Sindaca Raggi. Così come Sala non è un problema solo per il P.D.
Credo che stia venendo a galla, senza che la classe politica e la cultura del Paese se ne rendano conto e mostrino almeno di volerla dare per possibile, la crisi vera, della democrazia e delle libere istituzioni: un’antipolitica ben più estesa e più pericolosa di quella rabbiosa e ignorante dei Grillini, il passaggio del potere reale da quella che è etichettata come “politica”, l’apparato dei partiti, degli eletti, delle istituzioni conosciute come tali, ad una schiera di “tecnici” di “manager” disponibili per tutte le etichette di Destra o di Sinistra, un’ambigua ed inquietante schiera al di sopra ed al di fuori della burocrazia tradizionale e (ma solo formalmente) al di sotto dei “politici”.
I quali, peraltro, sempre più sono, invece nelle mani di questi “manager”, di quelli che sanno come muoversi nella “stanza dei bottoni” sempre più complicata ed inestricabile.
Mentre l’ignoranza non solo delle nuove tecnologie del potere, ma anche delle vecchie ignoranze senza bisogno di specificazioni, cresce e fa di ministri, deputati, sindaci, presidenti, assessori e consiglieri di Regioni delle marionette un po’ goffe nella loro pretesa di apparire all’altezza dei compiti istituzionali e dei tempi, cresce continuamente il potere di manager che, poi, non sono più colti ed esperti dei “politici”, ma conoscono assai bene l’arte di apparire tali.
I fulmini dell’antipolitica si abbattono sugli eletti e sui titolari istituzionali dei poteri politici. Ad essi è fatto carico di esser corrotti, o magari, pure di essere pagati dai cittadini, di “costare troppo”. Questi manager dello Stato, con le funzioni più varie e, magari, fumose, sono strapagati ed hanno fatto presto ad ereditare dai partiti e dai “politici” l’arte di “arrotondare” la loro situazione economica.
Marra è una metafora di questa ancora sfuggente categoria. Anche se, a ben riflettere, è corso troppo avanti. L’inesperienza della Raggi ha fatto sì che il suo ruolo si “istituzionalizzasse” eccessivamente. Resta il fatto che è uno al servizio di tutti i partiti o, se vogliamo, umo che ha avuto tutti i partiti al suo servizio.
Ma non c’è solo il caso Marra. E, quelli che conosciamo, sono, in fondo i casi in cui il confine tra questa categoria e quella dei politici era stato attraversato troppo vistosamente. Sala, Sindaco di Milano, era stato prescelto per i suoi precedenti da manager.
E Parisi, suo antagonista a Milano, nominato da Berlusconi non si sa bene a quale carica e funzioni proprio in un partito, si può considerare una caricatura degli appartenenti a questa categoria.
Certo le complicazioni delle Amministrazioni pubbliche sembrano rendere ineluttabile questo fenomeno. In realtà una parte rilevantissima delle complicazioni amministrative si è venuta stratificando nell’intento di creare controlli sostitutivi di quello politico da tempo carente.
La corruzione si annida sempre più proprio in queste “complicazioni” inventate per combatterla.
La Raggi che si rivolge alla cosiddetta Autorità Anticorruzione per avere un autorevole placet alla nomina che dovrebbe essere la più discrezionale e fondata sulla fiducia personale che si possa immaginare, è manifestazione di questa grottesca situazione.
Un’altra figura emblematica della situazione che provoca questo fenomeno è quella della Ministra Fedeli, titolare della Pubblica Istruzione di cui scarsamente si è avvalsa, essendo risultata falsa l’autoattribuzione di una laurea ed anche il conseguimento di un diploma di scuola superiore.
Se è evidente che il problema che per primo si pone in un simile contesto è quello del livello incredibilmente basso di cultura, ma anche di ordinaria istruzione, della classe politica (tale riconosciuta), è anche auspicabile che a nessuno venga in mente di stabilire per legge che deputati, senatori e ministri debbano essere laureati. Benedetto Croce, ministro dell’Istruzione nel Governo Giolitti, non era laureato, ma era Benedetto Croce. Non è questione di “pezzi di carta”.
Certo è che l’esistenza di questa corporazione di manager pubblici, indispensabili per i “politici” direttamente o indirettamente eletti, manager privi di una responsabilità politica e di una specifica appartenenza a forze politiche ed anzi, disponibili ad operare sotto tutte le bandiere, potrà costituire e rappresentare il passaggio da una democrazia ad una nuova forma di Stato, paraburocratico è, per ciò stesso, autoritario.
Attenzione! E’ questione da affrontare alle radici!!!
Mauro Mellini