E’ forse, fra tante e grosse, la cazzata del primato. Quella addirittura inverosimile, che anche gli studenti del primo anno di giurisprudenza saprebbero evitare per non essere bocciati.
C’è ma non si vede. Perché nei testi della “Costituzione (sconciamente) riformata dal duo Boschi-Renzi non la troverete mai. C’è ma non negli articoli “riformati”, ma nella legge costituzionale che approva le riforme, nell’articolo finale, l’art 39, paragrafo 13 (disposizioni circa l’entrata in vigore) che recita:
“Le disposizioni di cui al capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a Statuto Speciale e alle Provincie Autonome di Trento e Bolzano fino alla revisione dei rispettivi Statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Provincie Autonome”.
Dunque se (Dio scampi) vincesse il SI, per le suddette Regioni e Provincie figlie dell’oca bianca, sarebbe solo un NI, un SI solo per la metà della riforma (su per giù). Per il resto, costituito, poi, dalle norme costituzionali sui rapporti tra Stato e Regioni, essa entrerà in vigore solo quando e, quindi, se piacerà alle Regioni e Provincie stesse, dopo che, sarà stata approvata “sulla base di intese con esse” la revisione dei rispettivi Statuti. Se no? Se no niente. La nuova Costituzione non avrebbe il permesso dei Crocetta e colleghi vari di “estendersi” a quella parte d’Italia.
Questa subordinazione della Costituzione al “placet” degli enti territoriali, come ha scritto il costituzionalista Ainis su “Repubblica” (ma quelli di quel “giornalone” non sembra che si siano dati per intesi) è un colpo di cannone contro la Costituzione, facendo della “concertazione con quelle Regioni e Provincie privilegiate” una fonte del diritto superiore alla Costituzione stessa.
Alla faccia dell’”amico Cerasa” che tempo fa, pontificando nel suo ruolo di custode e profeta dei dogmi del renzismo, spiegava a noi poveri ingenui che nel referendum c’è il confronto tra la cultura dello scontro e della competizione espressa dal SI e quella della “concertazione” espressa dal NO alla riforma Renzi.
Le conseguenze di quella stortura indecente sono gravi, anche per quel che riguarda il voto referendario, che nelle Regioni e Provincie “Speciali” è subordinato esso stesso ai voleri ed agli espedienti, non degli elettori stessi, ma delle loro rappresentanze, magari inamovibili malgrado la generale esecrazione, come il governo Crocetta ed il Parlamento regionale Siciliano.
Si comprende perché questa “perla” ulteriore della indecente riforma sia tenuta praticamente segreta.
Essa è un autentico attentato all’unità giuridica della Nazione, espressa dalla Costituzione.
E’ il simbolo della degenerazione della democrazia nel sistema delle “opportune intese”. Intese sempre auspicabili, ma che, se rese obbligatorie e superiori alla stessa Costituzione, rappresentano la fine dello “Stato di diritto”.
Il NO è anche il NO a questo ulteriore obbrobrio, non per nulla tenuto “segreto”.
Mauro Mellini