Erano appena arrivate le prime notizie del terremoto, ancora non si sapeva bene quali fossero i paesi più colpiti, quante le vittime, i feriti, i crolli, i senzatetto e già i primi comunicati: “la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta…”.
Prima le inchieste, poi gli aiuti. Se c’è una sciagura che, oltre che le vite ed i beni colpisca l’opinione pubblica, scateni la paura, il dolore della gente e provochi frustrazione e sgomento, fulminea è la domanda: di chi è la colpa?
Anzi, neppure la domanda, perché qualcuno la colpa deve pur averla. Che il colpevole, i colpevoli, se non della sciagura, di alcune pur gravissime conseguenze di esse ci siano veramente è una cosa, tutto sommato, secondaria. Come secondario è il fatto che in molti casi colpe e colpevoli alla fine risulti che non ce ne sono stati.
Ora ci si è messo anche il Vescovo che, alle parole di pietà e di cordoglio, ha voluto aggiungere quelle di minaccia per i colpevoli. Diciamo, per non dispiacere troppo a qualcuno, di richiesta di giustizia (che, poi, non è cosa, di questi tempi, troppo diversa). Si è spinto ad un’affermazione emblematica: “i sismi non uccidono (?!?!) uccidono le opere dell’uomo”.
In fondo il Vescovo, la Chiesa sono stati anche in questa occasione i più coerenti con la tradizione, il loro passato. Una volta, in casi del genere, in occasione di terremoti, inondazioni, epidemie, la Chiesa proclamava che erano i peccati degli uomini a provocare la punizione divina, inflitta con quelle sciagure. Che, poi anche allora pagasse, per aver provocato l’ira divina, il giusto per il peccatore è aspetto anch’esso di una continuità coerente e terribile.
A pagare, a “rimetterci il posto” erano talvolta persino i Santi, quelli, almeno, muniti di ufficio di patroni delle Città e paesi colpiti. Leonardo Sciascia ricorda che, quando nel secolo XVII la Sicilia fu funestata da terribili epidemie, quasi tutte le città siciliane “licenziarono” per scarso rendimento i Santi Patroni allora in carica e li sostituirono con Patroni nuovi, di cui si diceva fossero più affidabili.
Anni fa abbiamo fatto ridere e incavolarsi tutto il mondo scientifico, condannando in primo grado geologhi e sismologhi imputati di non aver saputo prevedere il terremoto dell’Aquila e ciò perché un mezzo stregone pare che avesse azzeccato predicando l’imminenza del sisma, che poi si era effettivamente verificato. Perché gli scienziati, invece, no?
Pare che ad Amatrice, ad Accumoli, a Pescara del Tronto sia effettivamente risultato (inusitata celerità) che i collaudi di costruzioni e ristrutturazioni recenti erano stati falsificati.
Brutta, bruttissima cosa. Di fronte alla quale occorre però fare la riflessione che i crolli, le sciagure, specie in occasioni di eventi straordinari come terremoti, alluvioni etc. non si evitano con le carte, anche se vere e non falsificate, e che molti pasticci cartacei in luogo di lavori veramente utili ed efficaci (se ve ne sono di possibili) avvengono per il fatto che un finimondo di leggi, leggine, regolamenti, atti, verbali etc. etc. sono più difficili e complicati che non la realizzazione delle stesse opere che dovrebbero attestare, autorizzare, finanziare.
Se responsabilità, specie penali, vi sono, non saremo certo noi a non augurarci che siano esattamente e giustamente individuate.
E’ per questo che ci preoccupa questo porre il carro avanti ai buoi. Cercare ed indicare i colpevoli quando ancora i crolli si verificano ed i morti sono sotto le macerie, non c’è modo migliore per riuscirci. C’è aria di “volere i colpevoli”.
Abbiamo (cioè hanno) cominciato male.
Mauro Mellini