(da Togliatti a Renzi e al P.d.M.)
Per un piatto di lenticchie, per quanto abbondante e ben condito, rappresentato dal finanziamento pubblico in vario modo camuffato e denominato per cercar di sfuggire all’ostilità della gente per tale sistema, i partiti politici hanno venduto la loro primogenitura quale strumento della volontà popolare e di partecipazione alla gestione della cosa pubblica e si sono sottomessi ad un invadente ed avvilente sopraffazione da parte della magistratura e del Partito dei Magistrati, che da tale invadenza ha tratto legittimazione al suo ruolo politico.
Queste considerazioni mi tornavano alla mente dopo che il mio amico, collega e collaboratore Andrea Granata mi ha impedito di trascurare per distrazione (e magari per un po’ di stanchezza e di sfiducia) una vicenda giudiziaria singolare, tale per la franchezza con la quale sono state evocate dai suoi protagonisti le distorsioni politico-istituzionali e dei principi costituzionali, sempre più frequenti in certi processi.
Si tratta dell’incriminazione, nientemeno per peculato di 66 tra consiglieri regionali e funzionari della Regione Marche per l’uso illecito dei fondi assegnati a gruppi consigliari (uno dei “camuffamenti” del finanziamento dei partiti). Indagine cominciata non già per una notizia di reato” pervenuta alla Procura di Ancona, ma per una sorta di “ispezione” che, come ha dichiarato la Sostituta Melotti che l’ha disposta, rappresenta un “controllo esteso all’attività di tutti i gruppi consigliari anche per evitare strumentalizzazioni”. Esercizio, dunque di una “funzione ispettiva” di quelle che le “superiori Autorità” compiono (o dovrebbero compiere) nei confronti degli “uffici dipendenti”.
Ancora più grave la dichiarazione subito resa con patente incoscienza ed ignoranza dei problemi che essa implica, dal Presidente del Consiglio Regionale, tale Vittorio Solazzi, probabilmente convinto di “minimizzare” con ciò tale gravissimo episodio: “dopo gli scandali di altre regioni (!!!) nell’uso vergognoso di fondi assegnati ai gruppi è NORMALE che la magistratura disponga CONTROLLI A TAPPETO”.
Il Sig. Presidente e, quel che è peggio, la Signora Sostituta si direbbe che non abbiamo mai inteso parlare delle condizioni per l’esercizio dell’azione penale, che, come ben specificava il codice di procedura “fascista” del 1930 e come ha ritenuto (forse surrettiziamente) superfluo ribadire e specificare il codice di procedura penale (“democratico” del 1989) solo per una distorsione ed un abuso si traduce in un “potere ispettivo”, con la sfacciata pretesa di un generale “controllo di legalità” della magistratura (del Partito dei Magistrati) su tutte le amministrazioni dello Stato e su tutti i cittadini, anche quelli che appaiono e sono onesti, allo scopo di verificare se lo sono davvero. Ne abbiamo parlato e ne parleremo ancora. (Era questa la funzione delle “Procurature” sovietiche, organi, del resto, del Partito Comunista e non dello Stato).
Qui ed ora, invece, dobbiamo parlare delle implicazioni perverse del finanziamento pubblico dei partiti, che ha dato occasione alla concorrente invadenza della magistratura (P.d.M.), tale da distruggere l’autonomia e la libertà dell’organizzazione politica primaria: i partiti.
Se il sistema inverecondo delle tangenti, ha dato cause e pretesti per l’esercizio dello “jus sputtanandi” da parte del “circuito mediatico giudiziario” con la conseguente perdita di credito e di fiducia del ceto politico presso la gente, questo “controllo” così disinvoltamente accettato dal “Sollazzevole” pensiero di certi politici, ha segnato un traguardo di degrado assai rilevante sul piano istituzionale e dei relativi rapporti per il Partito dei Magistrati.
Non è questa l’espressione di una mia fisima relativa a questo delicato argomento.
Palmiro Togliatti, che pure era vissuto per lunghi anni in plaudente consenso con il regime là imperante in U.R.S.S., dove la confusione tra partito e Stato era completa, era contro il finanziamento pubblico dei partiti politici e poco importa ai nostri fini il fatto che lo fosse in previsione di un lungo periodo in cui il P.C.I. non avrebbe potuto esser maggioranza di governo: “Ciò che attraverso il finanziamento pubblico dei partiti politici viene fuori o sembra venir fuori è un tentativo di sottoporre a un controllo dello Stato, del Governo e, quindi, del partito dominante, con le finanze, l’attività stessa dei partiti…”.
E’ un Togliatti liberale del tutto inedito. Ma proprio per questo il suo pensiero ha valore e non dovrebbe essere dimenticato dai suoi successori post comunisti e, magari, da un Solazzi qualsiasi.
Non contraria al finanziamento, ai soldi, ma alle conseguenze di quel piatto di lenticchie oggi tranquillamente accettate come “naturali”, la compagna di Togliatti, Leonilde Iotti, presidente della Camera (che sembrava non considerare impossibile “la botte piena e la moglie ubriaca”): “Che nessun reazionario di casa nostra si metta in mente l’espediente delle verifiche per tentare di introdurre controlli o limitazioni dell’autonomia dei partiti”. Questo disse dal suo seggio di presidente.
Solo che Nilde Iotti voleva spingere il rifiuto dei controlli al di là ed al di fuori della sfera istituzionale, vietando, di fatto, anche quelli politici della pubblica opinione, dello stesso elettorato, pretendendo la “segretezza” dei bilanci dei partiti che la legge sul finanziamento imponeva di depositare alla Camera dei Deputati, appunto per assicurarne la pubblicità. Così si impediva un controllo politico dei cittadini (la cui legittimazione derivava dal mandato elettorale) preparando il terreno alla sopraffazione istituzionale, al controllo-inquisizione di un altro potere.
“Un controllo dell’attività dei partiti” da parte del “partito dominante” era quello che temeva Togliatti. Pensava alla D.C., ma il “controllo a tappeto” e poi i rinvii a giudizio li avrebbero invece fatti il Partito dei Magistrati che oggi è quello dominante. I “reazionari di casa nostra che si sono messi in testa”, controlli e limitazioni, troppo facilmente esorcizzati dalla Iotti.
Ed oggi quel che resta dei partiti ed i loro ridicoli ectoplasmi è rappresentato per lo più da una sigla, oltre tutto stravagante, e proprio da un bel “contributo pubblico”. Il piatto di lenticchie per il quale hanno venduto la primogenitura.
Mauro Mellini