Nell’articolo precedente avevamo anticipato che questa settimana avremmo affrontato un argomento, forse meno interessante dal punto di vista mediatico ma più utile ai lettori o comunque ad una categoria di essi, e concludevo dicendo “salvo che non si verifichino fatti nuovi”.
Il fatto nuovo si è verificato e cioè l’intenzione del Presidente del Consiglio e della sua maggioranza di richiedere lo scioglimento di una sola delle due Camere ed in particolare della sola Camera dei Deputati.
Per cui abbiamo ritenuto opportuno, con la redazione, di affrontare questo argomento.
Tuttavia avendo ricevuto e-mail da parte di lettori che chiedevano spiegazioni su varie questioni giuridiche, tra le quali l’affido condiviso, questa settimana affronteremo, con due distinti articoli, sia lo scioglimento di una sola camera che l’affido condiviso.
Alcuni operatori politici, in questi giorni, ritengono che dalla situazione di stallo politico verificatasi in queste settimane se ne possa venir fuori attraverso un voto contraddittorio tra la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica e cioè che il Senato voti la fiducia al Governo Berlusconi mentre la Camera contestualmente lo sfiduci.
L’obiettivo sarebbe quello di chiedere così lo scioglimento di una sola Camera al Presidente delle Repubblica e, quindi, procedere alla rielezione della stessa, in particolare della Camera dei Deputati.
Partiamo dalla incontestabile considerazione che a norma dell’art. 88 della nostra Costituzione il potere di sciogliere le Camere è affidato esclusivamente al Presidente della Repubblica che può essere determinato da una situazione di contrasto tra Parlamento e Governo a seguito, ad esempio, dell’approvazione di una mozione di sfiducia da parte delle Camere; dal fatto che le Camere non rispecchino più la volontà del corpo elettorale; perché, a seguito di una crisi di governo, la maggioranza dei partiti ritiene che la soluzione possa essere soltanto il ricorso alle urne o infine perché il Parlamento non riesca ad esprimere una stabile maggioranza.
Indubbiamente lo scioglimento è una delle competenze più delicate riconosciute al Presidente della Repubblica, poiché con esso va ad incidere su organi su cui risiede la sovranità popolare.
In ogni caso è un potere del Presidente della Repubblica, una volta che il Governo registra la sfiducia, anche di una sola delle Camere, ha il dovere di dimettersi e la parola passa al Capo dello Stato.
A norma dell’articolo 88 della Costituzione, effettivamente, tra i poteri del Capo dello Stato vi è quello di sciogliere una sola delle Camere.
Questa norma fu pensata dai padri costituenti quando era prevista una diversa durata delle Camere ed in particolare, la Costituzione stabiliva che la Camera dei Deputati durava in carica 5 anni, mentre il Senato della Repubblica 6 anni.
Per riequilibrare tale durata il Presidente della Repubblica procedeva allo scioglimento anticipato di una sola Camera tant’è che se ne è fatto un uso soltanto nel 1953, 1958 e 1963, in occasione del rinnovo della Camera dei Deputati, mai dopo la riforma costituzionale del 1963 che ha parificato la durata delle due Camere.
Per cui l’art. 88 della Costituzione, nella parte in cui prevede lo scioglimento di una sola Camera, aveva un senso prima della riforma del 1963, adesso che entrambe le Camere sono elette per cinque anni, lo scioglimento di una sola Camera provocherebbe, più che nel passato, gravi ripercussioni sullo svolgimento dei lavori parlamentari, soprattutto ove si rifletta che, di frequente, tali lavori vengono svolti dalle due Camere attraverso comuni strutture organizzative (si pensi ad esempio alle Commissioni bicamerali).
In ogni caso va detto che lo scioglimento di una sola Camera apre possibilità diverse e la scelta tra l’una e l’altra non può dipendere dall’arbitrio o dalla necessità di favorire o danneggiare questa o quella forza politica, ma deve dipendere dalla necessità di garantire, imparzialmente, l’integrità del sistema.
E riflettendoci lo scioglimento di una sola Camera, in particolare di quella che nega la fiducia, sarebbe un atto che discriminerebbe quella che ha espresso una maggioranza diversa da quella di governo e quindi la decisione non sarebbe più imparziale, bensì di parte, poiché il Presidente della Repubblica dovrebbe scegliere tra due eventuali maggioranze diverse, sarebbe una sorta di sanzione costituzionale contro la Camera che non ha votato la fiducia al Governo.
Del resto ragionando per astratto, la Camera che non voterebbe nel caso di specie la fiducia al Governo Berlusconi, potrebbe avere la capacità di esprimere una maggioranza diversa e quindi di sostenere un diverso Governo, per cui la scelta del Presidente della Repubblica tra questa o quella maggioranza sarebbe una discriminante in un sistema in cui vige un bicameralismo perfetto.
La stessa identica situazione si verificò con il Governo Prodi che ebbe la sfiducia solo al Senato, si invocò lo scioglimento di una sola Camera, il centro destra in quella occasione giustamente insorse ed il Presidente della Repubblica procedette allo scioglimento di entrambe le Camere.
Inoltre lo scioglimento di una sola Camera produrrebbe degli effetti prolungati nel tempo che creerebbero non pochi problemi ai lavori parlamentari, poiché la Camera dei Deputati che si andrebbe a votare oggi, così come vorrebbe il centrodestra, andrebbe a scadere nel 2015 mentre il Senato, oggi in carica, nel 2013 per poi scadere nel 2018 mentre la Camera, eletta nel 2015, scadrebbe nel 2020 e così via.
Una situazione di tal genere renderebbe, alla luce del nostro sistema bicamerale perfetto, qualunque ipotesi di riforma, soprattutto di riforma costituzionale, quasi impossibile.
E’ naturale che una volta registrata la sfiducia, anche di una sola Camera, il Presidente del Consiglio ha l’obbligo costituzionale di dimettersi e la parola passa al Capo dello Stato il quale compito non è quello di favorire o ostacolare disegni politici ma è quello di garantire l’integrità e la funzionalità del sistema per cui si aprono due possibilità consequenziali: la prima è la formazione di un governo nuovo che abbia una maggioranza e la fiducia di entrambe le Camere (e di questo abbiamo parlato nell’articolo precedente); la seconda applicabile solo dopo avere constatato l’impossibilità per le Camere di portare a termine la legislatura, compito che spetta esclusivamente al Presidente della Repubblica, aprirebbe lo scenario dello scioglimento delle due Camere.
Si può obiettare affermando che queste regole sono non adeguate ai tempi moderni, che sono in contrasto con le regole del bipolarismo e dell’alternanza, che ledono il diritto di espressione del popolo, ma sono le nostre norme Costituzionale su cui si fondano i pilastri della nostra Repubblica e che rappresentano fonte primaria del nostro sistema giuridico.
Cordialmente Avv. Giuseppe Aiello
cell. 3389622713
” la parola passa al Capo dello Stato il quale compito non è quello di favorire o ostacolare disegni politici ma è quello di garantire l’integrità e la funzionalità del sistema ”
Anche se vero, la responsabiltà e funzione prima del Presidente della Repubblica è quella di garantire che la sovranità appartenga al Popolo.
L’integrità e la funzionalità del sistema è un’opportunità, ma è qualcosa di accessorio e secondario rispetto alla garanzia della sovranità popolare.
Nel frangente, deve sciogliere la Camera che è in contraddizione con l’espressione del popolo sovrano alle elezioni. Il Senato, invece, è in linea ed è bene, opportuno, auspicabile, nel senso più bipartizan e costituzionale della parola, che il Senato non interompa, anzi non cancelli, ma sviluppi il lavoro già svolto.
Qui, se non lo ha colto ancora, c’è il collegamento tra i due argomenti – quello dell’affido condiviso e quello della possbilità (l’opportunità, invece, non le compete) di sciogliere una sola Camera.
Al Senato è in calendario la discussione del Ddl 957 detto dello “affido condiviso bis” o, meglio, dello “affido condiviso plus”.
Sciogliere entrambe le Camere equivarrebbe a buttare due anni di lavori, mentre, invece, molto più utilmente, l’iter al Senato dovrebbe trovare il suo completamento. La parte competente alla Camera dei Deputati potrebbe, invece, essere svolto dalla prossima Legislatura.
egregio sig. Pierpaolo Poldrugo
intanto la ringrazio per aver voluto commentare l’articolo e mi permetto, con il suo gentile consenso, di rispondere alle sue affermazioni.
La sovranità rientra tra gli elementi costitutivi del nostro Stato insieme al territorio e al popolo. Però va anche ricordato che l’art. 1 comma II della nostra Costituzione recita che “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Tra queste forme e limiti della Costituzione vi sono anche le norme e consuetudini costituzionali che regolano lo scioglimento delle Camere. Non possiamo, in nome della sovranità del popolo chiedere la violazione delle norme costituzionali.
Personalmente non ritengo che l’integrità e la funzionalità del sistema costituzionale sia qualcosa di accessorio e secondario rispetto alla sovranità popolare invece credo che sia un tutt’uno dove il rispetto delle prime norme garantiscano la sovranità stessa.
Ricordo a me stesso che secondo l’art. 67 della Costituzione “gli eletti esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato” per cui sulla base del nostro sistema costituzionale risulta errato dire che la Camera vada sciolta perchè è in contraddizione con l’espressione del popolo mentre il Senato è in linea per cui va mantenuto.
Se un milione di italiani scendono in piazza e manifestano chiedendo le dimissioni di un Governo possiamo affermare che quel Governo non ha più la fiducia del popolo???? ritengo di no almeno finchè quello stesso Governo non sia stato sfiduciato dalle Camere.
Lo scioglimento della sola Camera incontestabilmente creerebbe problemi ai lavori parlamentari anche se ben non comprendo quale sia il lavoro già svolto dal Senato considerato che a seguito della situazione di stallo creatasi il Parlamento non produce una seria legge da circa un anno. Io comprendo la sua amarezza poichè anche io, probabilmente come lei, ho votato per il centrodestra e comunque mi ritengo un elettore moderato, però prima che elettori siamo italiani.
Infine debbo dirle che non ho ben compreso cosa c’entri l’accostamento che lei ha fatto tra affido condiviso e scioglimento di una sola Camera.
Nel mio articolo faccio presente ai lettori che la rubrica avrebbe pubblicato due articoli, uno è il presente l’altro riguarda l’affido condiviso dei figli nelle separazioni tra coniugi, sulla base delle norme oggi vigenti, che è stato già messo in rete e sarà pubblicato tra qualche ora
Per cui mi scuso con lei se sono stato infelice nella mia esposizione.
cordialmente
Giuseppe Aiello
Egregio Avvocato Giuseppe Aiello,
apprezzo l’attenzione dedicata al mio precedente commento.
Ritengo più opportuno riprendere ora il problema dello scioglimento anticipato di una sola Camera propriro perché ora non è più di attualità politica.
Spero così venga dissipata ogni illazione su interessi di parte, mentre rimane il problema costituzionale.
Viene conclamato il potere del Presidente della Repubblica di sciogliere anche una sola delle due Camere.
Non è accettato, né accettabile, che lo scioglimento di una soltanto delle due Camere sia, in sè, sconsigliabile perché andrebbe ad intaccare “l’integrità e la funzionalità del sistema”.
L’integrità e la funzionalità del sistema sono valori solo se ed in quanto servono ad attuare la sovranità popolare. Se non sono ordinate alla realizzazione di questo elemento costitutivo della Repubblica, non hanno alcun significato, anzi.
Se e quando l’integrità e la funzionalità del sistema fossero solo espedienti per coortare la volontà popolare in favore di giuochi di palazzo, di tale integrità e funzionalità sarà bene fare un bel malloppo da buttare nell’immondezzaio.
Questo è il compito del Presidente, nella qualità di garante della Costituzione. Se non lo facesse il Presidente dovrebbe farlo il Popolo direttamente, con modalità tutte da inventare, volta per volta.
Quindi, se una parte di una Camera cambiasse le carte in tavola rispetto al mandato ricevuto alla elezioni, sarebbe corretto e doveroso rimettere quella sola Camera al giudizio popolare.
Per quanto riguarda il collegamento con l’affido condiviso e la durata di questa Legislatura parlamentare, ella riconoscere di non riuscire a comprenderlo.
Ritengo – ma questa è una mia illazione – che non riesca a comprenderlo perché ritiene che l’affidamento condiviso sia qualcosa di indissolubilmente legato all’appicazione della L. 54/2006.
Al contrario, l’affidamento condìviso è materia “de jure condendo” ed è stato affrontato in modo molto più costruttivo al Senato con il Ddl 957 che non alla Camera dei Deputati con la Pdl 2209.
L’eventualità di buttare a mare lo scarso lavoro svolto per la Pdl 2209 danneggeebbe molto poco l’affidamento condiviso, mentre sarebbe molto importante, invece, dare al Senato altri 3 anni per portare a termine il lavoro già iniziato sul Ddl 957. Lavoro che potrebbe essere costruttivamente utilizzato anche da una nuova Camea dei Deputati, diversa da quella attuale.
Questo, ovviamente, per dare attuazione alla volontà popolare, anche in contrasto con la volontà di poteri burocratici come quello della Magistratura.
I miei complimenti.