“Gli italiani credo meritino di sapere esattamente come stanno le cose e non soltanto slogan di carattere propagandistico […]. Gli impegni vanno rispettati, altrimenti non ci sto“, con queste dichiarazioni, rilasciate al Corriere della Sera, il Ministro dell’economia Saccomanni rischia di far esplodere le larghe intese già fortemente provate a seguito della sentenza di condanna definitiva per frode fiscale di Silvio Berlusconi. In realtà sin dalla nascita del Governo Letta, spacciato per governo del fare ma meglio conosciuto dagli italiani come “il Governo dell’Inciucio”, al suo interno a predominare su tutto sembrano essere stati i dissidi tra PD e PdL. Un miserevole conflitto messo in atto non tanto per il bene degli italiani e del Paese bensì, per riguadagnare alla prossima tornata elettorale qualcuno di quei milioni di voti persi alle scorse politiche. Nella realtà dei fatti il centrosinistra con in testa il PD perse delle elezioni che già sentiva di aver vinto, mentre il centrodestra riuscì quasi a pareggiare nonostante il PdL dopo anni di malgoverno, sfociato nel commissariamento montiano, perse ben 6 milioni di voti rispetto alle elezioni politiche del 2008.
Gli aut aut di Fabrizio Saccomanni al “governo del fare” targato Letta Nipote, giungono alla vigilia del risultato delle elezioni tedesche, determinanti per tracciare la futura politica comunitaria, nonché a quella della riunione del Fondo Monetario Internazionale sul caso Italia. Vicinanza a Fabrizio Saccomanni è stata espressa dal premier nonostante quest’ultimo rimanga convinto dell’esistenza di credibili margini per trovare soluzioni alle questioni poste dal ministro.
Dalle dichiarazioni di Saccomanni, contro il quale si è scagliato compatto l’intero PdL, pare chiaro che dopo i veti ed i proclami propagandistici berlusconiani l’aumento dell’Iva non sia più procrastinabile. Far rientrare il rapporto deficit/pil nei limiti del 3% sembra ormai una priorità assoluta, come pure trovare immediatamente 1,6 miliardi di euro. Le ricette date dal ministro avrebbero un qualche effetto sull’economia allorché non si vada a votare subito, viceversa tutto sarebbe inutile: “Io non mi metto alla disperata ricerca di un miliardo se poi a febbraio si va a votare. Tutto inutile se una campagna elettorale è già iniziata”.
Per il viceministro all’economia Stefano Fassina se si andasse a votare a Marzo si rischierebbe non solamente di bruciare i sacrifici lacrime e sangue fatti dagli italiani negli ultimi anni, ma, soprattutto, l’Italia rischierebbe il commissariamento della troika: “chi auspica elezioni non è consapevole delle conseguenze”. Immediata la replica di Renato Brunetta (PdL) a Fassina al quale fa sapere, col chiaro intento di mettere in rilievo “l’ignoranza del viceministro all’economia”, che proposte di coperture per un totale di 10,5 miliardi di euro sono state già consegnate dal PdL al premier Letta il 18 settembre. Dunque, a sentire Renato Brunetta gli italiani possono dormire sogni tranquilli, le tasse saranno diminuite, l’iva non aumenterà e c’è pure l’opzione di recuperare cifre ben superiori al miliardo e seicento milioni di euro richiesti da Saccomanni.
La guerra tra le due diverse anime (PD e PdL) di questo ambiguo governo dell’inciucio imposto da Giorgio Napolitano e presentato agli italiani come il governo voluto dal “responsabile e assolutamente innocente” Silvio Berlusconi, sembra destinata a continuare e può essere ben sintetizzata dalle dichiarazioni di Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanza alla Camera: “[…] le dimissioni si danno o non si danno, più che annunciarle […].Ci sono le risorse per fermare l’aumento Iva sia per confermare la cancellazione dell’Imu sulla prima casa […]. Quindi, non ci sono scuse né alibi: gli impegni assunti davanti ai cittadini possono e debbono essere mantenuti”.
Sullo sfondo dei frequenti videomessaggi auto assolutori dell’ex premier condannato per frode fiscale, con l’establishment del Pd incapace di valutare le proprie responsabilità per il disastro Italia dopo il ventennio berlusconiano reso possibile anche dall’appoggio più o meno consapevolmente offertogli dagli “avversari politici”, si staglia l’immagine di un Paese in ginocchio sull’orlo del precipizio delle larghe intese.
Totò Castellana