
Una nuova decisione del Giudice di Pace di Vercelli riapre il dibattito sulla recente riforma del Codice della Strada voluta dal Ministro Salvini, mettendo in discussione l’applicazione delle norme sul ritiro della patente in caso di positività ai cannabinoidi.
Il caso, gestito dall’avvocato Jacopo Evangelista, è simile a quello che qualche settimana prima aveva coinvolto un motociclista di Asti. Anche in questo caso, un automobilista, coinvolto in un incidente e trasportato al pronto soccorso, era risultato positivo alla cannabis. A seguito di questa positività, gli era stata ritirata la patente, in linea con le nuove disposizioni che prevedono la revoca del documento di guida anche solo per la presenza di sostanze, senza necessità di accertare l’effettivo stato di alterazione psicofisica.
Tuttavia, proprio come nel caso precedente, un medico aveva certificato il perfetto stato di lucidità dell’automobilista al momento dell’incidente, escludendo l’alterazione. L’avvocato Evangelista ha quindi fatto ricorso, sostenendo che la mera positività ai test non è sufficiente per stabilire l’incapacità di guidare in sicurezza, dato che le tracce di cannabis possono rimanere nell’organismo per un tempo ben superiore all’effetto psicoattivo.
Il Giudice di Pace di Vercelli ha accolto il ricorso, concedendo all’automobilista la possibilità di tornare a guidare in attesa di una revisione della decisione fissata per dicembre.
La decisione del Giudice di Pace, che segue quello siile in precedenza gestito dallo stesso avvocato Evangelista, sembra contrastare apertamente la filosofia della “tolleranza zero” del nuovo Codice della Strada. La legge, infatti, ha rimosso l’obbligo di dimostrare l’alterazione psicofisica, rendendo sufficiente la sola positività ai test per il ritiro della patente.
Questa interpretazione restrittiva, tuttavia, si scontra con la realtà biologica, in cui le tracce dei metaboliti dei cannabinoidi permangono nell’organismo per settimane, a volte mesi, dopo l’assunzione. Di conseguenza, un test positivo non certifica necessariamente che una persona sia sotto l’effetto della sostanza al momento della guida.
La decisione del Giudice di Pace di Vercelli, insieme a quella precedente, rappresenta un importante precedente giurisprudenziale e riaccende il dibattito sulla legittimità costituzionale di questa parte della legge, sollevata anche da un giudice di Pordenone.