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Si è tenuta il 21 gennaio, nella Sala Chiaramontana del Seminario Arcivescovile di Agrigento, la conferenza stampa di presentazione della Festa di San Gerlando 2025, patrono della città e della diocesi di Agrigento.
Alla conferenza sono intervenuti il Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Agrigento, don Giuseppe Cumbo e don Giuseppe Pontillo, parroco della Cattedrale (foto sotto).
Per l’edizione 2025 i festeggiamenti si svolgeranno nel contesto di due grandi percorsi quello del Giubileo e quello della Capitale Italiana della Cultura. Durante l’incontro con la stampa sono stati illustrati il programma delle celebrazioni gerlandiane e il programma delle attività culturali per Agrigento Capitale della Cultura 2025. Evento centrale della Festa sarà la restituzione al culto dell’Urna di San Gerlando, finalmente, restaurata dopo i furti egli anni ì70 e ’80 che la danneggiarono irreparabilmente.
Nel mentre, lunedì 20 gennaio 20025, nella sacrestia della Cattedrale, alla presenza del Vicario Generale, di rappresentanti del Capitolo della Cattedrale, del direttore dell’Ufficio Liturgico, dell’Ufficio Beni Culturali della Curia e dei collaboratori della cattedrale, si è proceduto, ai fini del restauro e e per ridare unità potenziale all’urna del Patrono, a togliere da essa le reliquie, contenute runa cassa in legno rivestita di velluto roso, con una targa con su inciso “S. Gerlandi” e collocarle nel sacello chiaramontano del transetto, luogo che ha ospitato finora l’Urna reliquiaria.
L’urna custodisce i resti mortali del patrono della città e dell’Arcidiocesi di Agrigento, «rappresenta , scriveva Domenica Brancato sul nostro settimanale (cfr. n.38/2012,pag.3) un emblematico monumento della fede cristiana del territorio. Preziosa testimonianza non solo del profondo sentimento religioso del popolo agrigentino verso il Patrono, ma anche la dimostrazione di una committenza colta e illuminata, che si rivolge quasi sempre a noti artisti per la loro esecuzione.
La monumentale cassa è stata infatti voluta dal vescovo Francesco Traina, vescovo della Diocesi di Agrigento dal 2 marzo 1627 al 4 ottobre 1651, per arricchire la nuova cappella fatta erigere dallo stesso, per la Cattedrale di Agrigento. L’esuberante vara venne commissionata il 10 gennaio 1635 da don Francesco Albamonte all’argentiere palermitano Michele Ricca su progetto dell’abate Vincenzo Sitaiolo. Il 16 gennaio 1635 “Mastro Michele” affida a Giancola Viviano la realizzazione delle parti a fusione e cioè i dodici puttini e due serafini con le ali spiegate. La monumentale urna riporta non a caso in più parti il marchio degli argentieri di Palermo, l’aquila a volo basso che sovrasta la scritta RUP (Regia Urbs Panormi), il punzone del console 1637, Giovanni Berlinghieri e quello del citato argentiere Michele Ricca che sigla le sue opere con MR.
L’opera, che presenta insieme le tipologie dell’arca reliquiaria e della macchina processionale, venne realizzata su disegno del grande pittore monrealese Pietro Novelli.
Presenta una forma schiettamente rettangolare, motivata dalla necessità strutturale di comporre una cassa con relativo coperchio, compositivamente simmetrica, secondo analoghi schemi del periodo, suddivisa in tre parti: il supporto di base, il corpo centrale e la copertura apicale. Il corpo rettangolare in passato accoglieva sei formelle raffiguranti scene della vita del santo, due ai lati maggiori e una ciascuna ai minori. Ai margini esterni si protendono due volute su cui stanno due puttini reggenti insegne vescovili e accennanti al Santo e ai fedeli. Una nitida coerenza e uniformità stilistica caratterizza tutta la composizione in accordo con la coerente visione del Ricca che “amava la forma bella, i volti nobili e il disegno accademico senzasvolazzi” (M. Accascina 1974)».
“Celebrare il Patrono di una città – dice don Giuseppe Pontillo – significa asserire solennemente che egli, oltre che nella fede, è pure il Pater civitatis, il fondatore della Città stessa. La Città non è un ammasso d’individui ma una comunità perché i cittadini hanno una comunanza di fini e la comunanza di fini richiede un fondamento indisponibile che solo Dio può garantire. I vescovi patroni hanno difeso le loro città da nemici e carestie; talvolta, le hanno tenute insieme nelle difficoltà e, talvolta, perfino governate. La festa del Patrono ricorda che le questioni di quaggiù non si risolvono senza l’aiuto da lassù. Non si dissodano i terreni incolti se prima non si dissodano le anime. Le relazioni tra gli uomini rimangono conflittuali se prima non si sistemano le relazioni con Dio. La famiglia non può essere protetta con leggi e politiche se si dimentica la Santa Famiglia. Chi non guarda in verticale finisce per non guardare nemmeno in orizzontale. In questo anno le celebrazioni rientrano nel contesto del Giubileo e di Agrigento e di Agrigento Capitale della cultura 2025 e sono connotate dal riaffermare, sulla scia della tradizione cristiana, la fede facendo parte del vissuto quotidiano genera stili di vita, comportamenti, arte, storia”.
Fonte: L’Amico del Popolo