La presente è stata inviata ieri al direttore di Sicilia 24h, il quale nel rispondere di non conoscermi ha utilizzato ancora una volta il linguaggio che ormai da tempo lo contraddistingue, obbligandomi al contempo a pubblicarla come lettera aperta:
Egr. Direttore,
grazie alla segnalazione di amici sono venuto ieri a conoscenza dello spazio dedicatomi nel corso della sua intervista al collaboratore di giustizia Daniele Sciabica, pubblicata sul giornale Sicilia 24h, in data 13/11/2024 (https://www.sicilia24h.it/il-collaboratore-di-giustizia-daniele-sciabica-a-lelio-castaldo-mio-fratello-giuseppe-mi-aiutava-negli-affari/) oltre che sulla piattaforma YouTube (https://www.youtube.com/watch?v=vzBLak7SN3c)
Da tempo ci conosciamo personalmente, e conosco bene il modo in cui esprime opinioni critiche nei riguardi di quanti manifestano un pensiero diverso dal suo, pertanto non mi stupisce il linguaggio adoperato nel valutare l’intervista da me rilasciata al giornalista di Italyflash.it in merito alle vicende che hanno riguardato il Sig. Daniele Sciabica e le propalazioni dal medesimo rese a suo tempo.
Per quanto concerne linguaggio da lei adoperato nei miei riguardi – e nei confronti del giornalista che mi ha intervistato – degno del più infimo lupanare della suburra della Roma antica, dovrei ricordarle che parole come ‘pezzo di merda’, ‘squallido o accattoni (rivolto anche all’intervistatore) non rientrano certamente nel linguaggio corretto e continente che deontologia impone.
Un linguaggio censurato anche sui social – che non sono tenuti a far rispettare il codice deontologico dei giornalisti – in merito al quale mi riservo tutte le azioni legali più opportune.
A tutela della mia persona – le spiegherò anche il perché – mi corre l’obbligo di fare chiarezza sui contenuti dell’intervista da me rilasciata a Italyflash.
L’intervista in questione ripercorre una vicenda giudiziaria che riguardava un noto parlamentare agrigentino, chiamato in causa dal Sig. Sciabica, in quanto, a dire del collaboratore, coinvolto in un omicidio di mafia.
All’epoca mi stupii del fatto che lei, come altri giornalisti esperti di mafia, non aveste dato la notizia, che io appresi soltanto dopo a seguito dell’archiviazione dell’indagine.
Successivamente, mentre la procura, facendo riferimento a un accordo tra la magistratura italiana e quella tedesca era propensa ad archiviare l’indagine scaturita dalle dichiarazioni del pentito che si era autoaccusato di quattro omicidi e tre tentati omicidi, il sottoscritto in assoluta solitudine pubblicava una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, stante la quale il Sig. Sciabica doveva essere processato.
Così come avvenne un anno dopo, quando la DDA ne rivalutò la processabilità.
Devo ammettere che avendo ascoltato la sua intervista e il tentativo di sollecitare una reazione del Sig. Sciabica nei miei riguardi, considerato anche il fatto che questi poteva avere motivo di rancore nei miei confronti, mi ha stupito l’onestà intellettuale e la serenità del collaboratore in questione che non ha lasciato trapelare alcuna acredine.
Il Sig. Sciabica, con un passato di sanguinario killer, ha mostrato una sensibilità e una moralità ben diversa da quella sua, visto il palese tentativo di aizzarmelo contro.
Vede Direttore, mi chiedo, a seguito delle sue sollecitazioni, cosa potrebbe accadere se lo Sciabica non fosse un uomo colto da reale pentimento.
Cosa potrebbero suscitare le sue parole indirizzate nei confronti di un uomo che aveva evidenziato con i propri scritti che il collaboratore poteva essere sottoposto a procedimento penale?
Un procedimento penale che ha comportato una sentenza di condanna e a ulteriori 20 anni di carcere, oltre quelli già scontati dal Sig. Sciabica.
Si ponga lei stesso le domande e valuti la sua condotta, quantomeno sotto il profilo morale.
Last but no least. Le vorrei appena ricordare che ognuno di noi ha una propria storia.
Quella mia – che non è certo di accattonaggio come lei afferma e che sono sicuro saprà spiegare nelle sedi ritenute più opportune – è quella di un uomo le cui anche più recenti sentenze hanno sancito tombalmente la condizione di chi nel fare informazione non ha mai esitato nel pubblicare vicende che ne avrebbero potuto mettere a rischio l’incolumità della propria famiglia e quella personale.
La sua la sconosco, e la lascio giudicare a lei stesso e ai suoi lettori.
Spero abbia la dignità di pubblicare integralmente questa mia, anche se devo ammettere di nutrire seri dubbi in merito.
Gian J. Morici
Questa l’intervista da me rilasciata a Italyflash, alla quale è palese fa riferimento il Castaldo.
Ognuno tragga le dovute conclusioni… e se il Lelio Castaldo dovesse ritenersi leso, sono certo saprà fare valere le proprie ragioni nelle sedi opportune…