Non sorprenderti di questa bella notizia che riguarda la Capitale della Cultura, potrebbe essere una ulteriore ragione per trasferirsi nella Città dei Templi, un luogo unico al mondo.
È vero, c’è penuria di acqua, ci sono le erbacce e la spazzatura ovunque, gli edifici fatiscenti che crollano e le vie transennate, ma vuoi mettere com’è bello vivere in una città dove non si muore mai?
Sarà che ad Agrigento – come in tutta la Sicilia – si parla il siciliano, una lingua che non utilizza il tempo verbale futuro, ma sta di fatto che il futuro è fine vita e il fine vita nella città di Pirandello non deve esistere.
Qui non c’è bisogno di toccarsi gli zebedei come atto di scongiuro, semplicemente perché morire è severamente vietato.
Lo proibiscono le condizioni, lo vieteranno per legge.
Infatti, chi muore, vista la penuria di loculi viene messo a deposito nel cimitero di Piano Gatta, forse in attesa che resusciti.
Perché dunque preoccuparsi del come si vuol morire depositando le disposizioni anticipate di trattamento (Dat) – comunemente definite “testamento biologico” o “biotestamento” – presso l’ufficio di stato civile del Comune, come dall’art. 4 della Legge 219 del 22 dicembre 2017?
È quello che deve aver pensato il sindaco, che in attesa di emettere un’ordinanza che vieti di morire non si è preoccupato del fatto che il servizio per depositare le Dat sia stato sospeso per mancanza di personale, né si sa quando potrà essere ripristinato.
A un amico non agrigentino che oggi mi diceva “non capisco come viene amministrata la tua città”, parafrasando Indro Montanelli ho risposto: “Non preoccuparti se non capisci qualcosa, non sei solo tu a non capire, non lo capiscono sessantamila agrigentini e neppure gli stessi amministratori che amministrano… sindaco in testa…”
Gian J. Morici