La Sicilia è il nuovo hub del trattenimento: diverse strutture, stesse storture
ACTIONAID “CPR, UN FALLIMENTO DAI COSTI UMANI E ECONOMICI INACCETABILI, MODELLO PER I CENTRI IN ALBANIA”
Nel 2023 il 54% dei rimpatri partono dalla Sicilia, di questi quasi l’86% è di soli cittadini tunisini.
50mila persone straniere detenute dal 2014 al 2023 in centri che violano i diritti umani e sono un disastro per le finanze pubbliche: si delinea uno scenario di progressiva e deliberata confusione tra sistema di accoglienza e detentivo. Così i CPR in Italia appaiono il reale modello di disumanità e gestione incontrollata per i nuovi centri di trattenimento in Albania targati Governo Meloni. Un sistema inumano e costoso, inefficace e ingovernabile, che negli anni ha ottenuto un solo risultato evidente: divenire lo strumento per rimpatri accelerati dei cittadini tunisini, che nel periodo 2018-2023 rappresentano l’82% delle persone in ingresso in un Cpr siciliano e quasi l’86% dei rimpatri dalle strutture di Caltanissetta e Trapani. E proprio dai Cpr siciliani parte nel 2023 il 54% dei rimpatri a livello nazionale, l’85% dei quali di soli cittadini tunisini. Ma i migranti tunisini sono stati solo il 18% degli arrivi via mare nel 2018-2023, l’11% nel 2023.
Sono questi i tratti caratteristici del sistema dei centri di detenzione raccolti nell’aggiornamento 2024 del report “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri” di ActionAid e del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari. Un lavoro di analisi dettagliata di dati sul sistema di detenzione volto al rimpatrio dal 2014 al 2023, raccolti grazie a 97 richieste di accesso agli atti a Ministero dell’Interno, Prefetture e Questure e a 53 richieste di riesame. Dal dato complessivo fino alla singola struttura, tutte le informazioni sono disponibili in formato accessibile e aperto sulla piattaforma Trattenuti (https://trattenuti.actionaid.it/), con la possibilità di approfondire i singoli centri, compresi quelli di Caltanissetta Pian Del Lago, Trapani Milo, Modica (RG), nonché avere un inquadramento di quello di Porto Empedocle e delle strutture in Albania.
Cronaca (locale) di un fallimento nazionale. L’attuale governo sembra voler imprimere una decisa accelerazione al sistema facendo leva sulla Sicilia come vero e proprio hub del trattenimento, un modello per l’Albania: si moltiplicano i circuiti detentivi e si crea un sistema per la gestione rapida delle domande d’asilo e dei rimpatri, direttamente in frontiera, in uno scenario di progressiva e deliberata confusione tra sistema di accoglienza e detentivo.
Il primo di questi nuovi Centri di trattenimento per richiedenti asilo (Ctra) assoggettati alle procedure di frontiera è stato inaugurato nel settembre 2023 a Modica, in provincia di Ragusa, e per il solo allestimento è costato più di 1 milione e 650mila euro. Un secondo è sorto lo scorso agosto a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Altri sembra saranno inaugurati entro fine anno ad Augusta (CT) e Trapani: 8 milioni di euro rispettivamente il peso sull’esercizio finanziario 2024 del Ministero della Difesa.
Il Ctra di Ragusa ha funzionato per poche settimane ospitando solo 22 persone, tutti richiedenti asilo di nazionalità tunisina il cui provvedimento di trattenimento non è stato convalidato dal Tribunale di Catania, competente per territorio. Alla fine del 2023 la struttura era dunque vuota, dato che a seguito dei provvedimenti di mancata convalida, il Governo italiano sembrava voler attendere il pronunciamento della Corte di Giustizia europea in merito alle regole secondo cui è implementata la procedura d’asilo di frontiera in Italia.
Nel periodo 2018-2023, il Cpr di Caltanissetta ha registrato una media di 44 presenze giornaliere e di 646 ingressi annuali, 1159 nel 2023. Il Cpr di Caltanissetta è la prima tra le strutture (Bari, Roma, Torino) che hanno trattenuto il 67% delle oltre 50mila persone transitate nei centri detentivi italiani tra 2014 e 2023: 10506 detenuti in totale, il 21% degli ingressi a livello nazionale. Nel 2023 il 49% delle oltre 6700 persone entrate in un centro detentivo sono state trattenute nei centri di Caltanissetta (17%), Roma (17%), Trapani (15%). Tra 2018 e 2023 invece, il Cpr di Trapani ha registrato una media di 58 presenze giornaliere e di 572 ingressi annuali, 933 nel 2023.
Trapani Milo e Caltanissetta Pian del Lago sono due tipici Cpr di frontiera: utilizzati soprattutto per i rimpatri accelerati delle persone appena giunte sul territorio italiano. In queste strutture a tempi di permanenza molto al di sotto della media, si associa una elevata incidenza dei rimpatri. Infatti, il tempo di permanenza medio è molto basso tra 2018 e 2023: 21 giorni a Caltanissetta e 22 a Trapani (rispettivamente 14 e 31 giorni nel 2023), a fronte dei 36 giorni riscontrati a livello nazionale. Colpisce il dato sui rimpatri. Dal Cpr di Caltanissetta è rimpatriato in media il 78% delle persone in ingresso, una percentuale che nel 2023 si alza fino all’87%. Mentre dal Cpr di Trapani il 67% (nel 2023 il 62%), a fronte di una media nazionale del periodo del 47%.
“I dati sui centri detentivi in Sicilia parlano chiaro e confermano il quadro nazionale di un sistema che dovrebbe essere deputato al rimpatrio e nei fatti, si fonda sul solo accordo con la Tunisia, un paese tutt’altro che sicuro. Una politica che fa leva sul trattenimento in frontiera, in particolare in Sicilia” dichiara Giuseppe Campesi dell’Università di Bari, tra i massimi esperti in Italia di detenzione amministrativa e rimpatri, “Nello svolgere la loro funzione di contenimento in frontiera, i Cpr sono infatti adesso affiancate dai centri di trattenimento per richiedenti asilo come quello aperto a settembre 2023 a Modica e in agosto a Porto Empedocle”.
Parallelamente, tra 2018 e 2023, in queste due strutture gli ingressi dal carcere incidono meno che in altri centri (13,6% a Caltanissetta e 3,7% Trapani), così come la presenza dei richiedenti asilo (in entrambi i casi intorno al 14%) e le uscite per decorrenza termini dell’8% a Pian del Lago e del 2% nel trapanese.
Costi esorbitanti e gestione incontrollata. Mentre il Cpr di Caltanissetta è stato recentemente affidato alla coop. albatros 1973 dopo la decennale esperienza non priva di criticità maturata tra 2003 e 2013, la struttura di Trapani, interessata a inizio 2024 dalla chiusura dovuta a un incendio e alle rivolte che vi sono seguite, e quella di Modica sono gestite dallo stesso soggetto: l’associazione temporanea di impresa tra la cooperativa “Vivere Con” e il consorzio Hera.
“Ci sono gestori di CPR esclusi dalle gare delle prefetture, il più delle volte a causa di illeciti e reati contro la Pubblica Amministrazione. Ma che partecipano a nuove gare e continuano a gestire CPR in altre regioni” spiega Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid, “I gestori sono sempre gli stessi. Questi enti producono un guadagno non erogando quanto previsto dal contratto e facendo leva sui mancati controlli delle prefetture. Anche per questo, visti i monitoraggi come il nostro, sono sempre meno i soggetti disposti a gestire questi luoghi, soggetti che spesso si alleano con i propri concorrenti per vincere le gare”.
Nel periodo 2018-2023, il Cpr di Caltanissetta e quello di Trapani hanno avuto un pro-capite pro-die medio di euro 26,80 e 28,19 rispettivamente, largamente al di sotto della media nazionale. Ma se nel 2023 il prezzo giornaliero per ospite a Trapani è ancora il più basso tra i Cpr (30€), Caltanissetta si attesa sui 42€.
Nei sei anni considerati il costo complessivo della struttura di Caltanissetta è stato di oltre tredici milioni di euro, di cui il 17% spesi per costi di manutenzione straordinaria. Nel 2023 il Cpr di Caltanissetta è costato complessivamente un milione di euro, per un costo medio di un singolo posto di circa 16mila euro. Il Cpr di Trapani invece è costato complessivamente tra 2018 e 2023 oltre 5 milioni di euro, di cui il 28,9% spesi per costi di manutenzione straordinaria. Nel 2023 il Cpr di Trapani è costato un milione e 800mila euro per un costo medio di un singolo posto pari a 12mila euro, il più basso tra i Cpr.
Le elevate spese di manutenzione straordinaria registrate per le strutture siciliane sono un chiaro indicatore, assieme alla continua oscillazione dei posti effettivamente disponibili nei due centri, dell’invivibilità di questi luoghi, sottoposti a continui danneggiamenti e a sistematiche ristrutturazioni straordinarie.
L’analisi presentata impone nuove domande all’esecutivo e agli amministratori locali. Ci auguriamo che giornalisti, società civile e decisori ad ogni livello, vogliano usare i dati messi a disposizione dando vita a un dibattito informato e auspicando la chiusura di luoghi inumani e inutili e di porre fine a una politica, mai valutata realmente, che a livello nazionale porta al 10% dei risultati attesi.