La constatazione della Commissione ispettiva dei 76 alloggi popolari è stata oltremodo raccapricciante. Avere davanti agli occhi un “orribile disastro” ha creato un grave turbamento. Gli umori dei suoi componenti non celano il disagio di trovarsi di fronte ad una spaventosa catastrofe, una sciagura di notevoli proporzioni e insanabile. Avvertono, ispezionando le palazzine, di essere stati convocati alla celebrazione di un rito doloroso che è la consapevolezza che le gravi immagini non facciano riferimento alle macerie di un impetuoso tsunami, ma ai 76 alloggi IACP di Largo Martiri di Via Fani, annientati, consunti, sfiniti. Il verbale redatto dall’ennesima commissione ispettiva non può che essere un fatto prettamente burocratico, scontato, ma con le solite valutazioni chiare, evidenti, indiscutibili. Addì 13 Giugno 2011 nei locali della Presidenza del Consiglio si sono riuniti per la Protezione Civile regionale l’arch. Palumbo G. e il geometra Milioto E. per l’IACP di Agrigento l’Ing. Vaiana S. e il geom. Amato M. (viene anche menzionato il codazzo dei politici e funzionari comunali locali che hanno sempre avuto un ruolo insignificante, assolutamente marginale). Le palazzine visitate presentano evidenti segni di degrado strutturale: in particolare nelle travi si evidenzia l’esposizione dell’armatura principale e secondaria, che presenta un avanzato stato di ossidazione. Si è anche evidenziato che la pavimentazione dei balconi presenta lesioni lungo il corpo dell’edificio, mentre tra le travi e i tompagni si evidenziano delle lesioni in senso sia verticale che orizzontale. Si riscontra nella zona portici un avallamento del pavimento. La Protezione civile regionale invita il sindaco ad adottare tutti i provvedimenti necessari per la messa in sicurezza della struttura al fine di garantire la pubblica e privata incolumità, in particolare consiglia la transennatura degli spazi sottostanti agli aggetti nei vari piani degli edifici.
Di seguito una breve cronistoria dell’ infinita anomalia che viene da lontano e la trascrizione di una parte degli avvenimenti, un accenno al profilo dei “personaggi”, degli “attori” che hanno ruotato attorno all’incresciosa vicenda.
Don Antonio Nuara, il parroco della chiesa di San Francesco d’Assisi a Ribera, un prete “irrequieto”, “scomodo”, in prima linea nelle tematiche sociali in un quartiere a rischio di devianze minorili. Definito il prete “virgator”, il fustigatore dei politici di destra, centro e di sinistra. Il suo campo d’azione è il quartiere “San Francesco”, già chiamato tristemente quartiere “Bronx” di Largo martiri di via Fani, da lui amorevolmente dedicato al santo di Assisi. Qui porta avanti il suo messaggio di fede e di speranza, soprattutto tra i ragazzi. Ogni tanto si trovano dei preti che fanno bene il loro mestiere. Fece scalpore quando in modo impetuoso cercava di spezzare il muro di indifferenza e omertà che regna nel suo quartiere spesso meta di “pellegrinaggio” di ogni sorta di commercio di droga. Come a voler dire «Non c’è muro che non possa crollare e, quindi, anche la battaglia contro il crimine, dei venditore di morte, può essere vinta!». Eccolo in questi anni essere sempre vicino tra gli abitanti delle palazzine delle case popolari di largo Martiri via Fani che hanno rappresentato un pericolo per l’incolumità pubblica facendone, ancora una volta, una battaglia di vivibilità e di civiltà da richiedere periodicamente l’intervento fattivo e decisivo dell’amministrazione comunale, dell’Iacp e della Protezione Civile di Agrigento per valutare, una volta e per sempre, la situazione generale dell’area dove gli immobili incredibilmente con meno di 25 anni di vita cadono a pezzi.
Angelo Renda, già dirigente delle Ferrovie dello Sato e allora Segretario di Democrazia Proletaria e impegnato nel sindacato inquilini – Sunia , oggi Segretario del locale circolo di SEL. Negli anni, sin dalla consegna degli alloggi agli assegnatari, inoltrava alla Procura di Sciacca diversi e preoccupanti esposti. Il Giornale di Sicilia così scriveva. “alloggi popolari pericolosi per chi vi abita. E’ quanto ha denunciato al pretore di Ribera, Orietta Miccichè, il Segretario della locale Sezione di Democrazia Proletaria, Angelo Renda. Questi nel segnalare un certo “susseguirsi di disfunzioni preoccupanti” con il verificarsi di continue rotture di tubi degli impianti idrici, nonché di pregiudizi vari alla stabilità degli alloggi stessi. Se non bastasse, in quel periodo, segnalava con appositi esposti anche alla procura della Repubblica di Sciacca la gravità della situazione dei 76 alloggi IACP. Succedeva poi che lo “stato di salute” dei 76 alloggi avessero un ulteriore e prevedibile “crollo rovinoso” che richiedeva la necessità di altri due esposti alla Procura della Repubblica di Sciacca: l’uno relativo alla minaccia di crollo che si avvertiva alle scale delle palazzine che obbligava il Comune di Ribera ad emanare una apposita ordinanza per lo sgombero delle palazzine per una verifica tramite la cosiddetta “prova di carico” ; l’altro nel mese di Dicembre 1989 quando gli appartamenti venivano “sventrati”, abbattendo tutte le pareti dei doppi servizi e della cucina. Venivano divelti i pavimenti, gli impianti idrici ed elettrici. Da un giorno a l’altro gran parte degli inquilini si erano visti buttati in mezzo ai calcinacci senza i servizi igienici, senza luce elettrica e senza acqua. Solo il clamore di questa immane e dolorosa tragedia spingeva, finalmente, la Procura della Repubblica di Sciacca ad aprire un fascicolo.
Procura della Repubblica di Sciacca
Quasi tutti gli esposti, almeno, dei 76 alloggi passavano tra le mani del Procuratore Rosario Messana. Stranamente senza che si muovesse foglia. Fu questa la necessita che l’allora Segretario locale del Sindacato inquilini, Angelo Renda chiedesse e gli fosse accordata udienza. Essa fu brevissima perché il dottor Messana, in modo elegante, ma risoluto indicava la porta al sindacalista sbigottito e sconcertato del gesto poco opportuno. Forse, oggi a ripensarci, non gradì la pesante frase che chiudeva l’esposto: “Le giustizie sono tante: quella dei ricchi, quella dei poveri, quella dei padroni, dei governanti, di chi ha in mano il potere, ma anche quella dei colpiti!: E’ vano il sacrificio di quelli che lottano, quelli che si battono per avere giudici onesti?”. O forse perché in quei giorni turbato dagli avvenimenti che vedevano il proprio cugino ed omonimo indagato dalla magistratura palermitana quale personaggio , poi finito in cella, che in quegli anni era “incaricato di tenere i collegamenti con le istituzioni”. Costui al Palazzo di Giustizia di Sciacca era di casa, andava spesso a trovare il cugino Magistrato che come lui si era trasferito da Castelvetrano (TP) a Sciacca. (Archivio La Repubblica dal 1984). Solo dopo questi ultimi due esposti la Procura della Repubblica di Sciacca è costretta a dare una accelerazione all’inchiesta. Infatti, successivamente, sulla stampa agrigentina così scriveva il giornalista saccense Giacomo Glaviano: – La costruzione di alloggi popolari a Ribera. Accusato di frode imprenditore agrigentino. Forniva materiale diverso da quello previsto dal capitolato d’appalto. Un noto imprenditore edile ed il suo direttore dei lavori, nel mirino della magistratura per la costruzione dei 76 alloggi popolari di Largo Martiri di Via Fani del Comune di Ribera in merito alla difformità in ordine alla fornitura e messa in opera di materiale vario rispetto al capitolato d’appalto. Si tratta del dott. Francesco Di Betta e dell’Ing. Francesco Castaldo, entrambi di Agrigento, ai quali è stato addebitato il reato di frode nelle pubbliche forniture. A questa determinazione è pervenuta la Procura della Repubblica di Sciacca che ha completato gli accertamenti eseguiti a mezzo di propri periti d’ufficio per fare piena luce sulla vicenda delle case popolari, che avevano registrato malcontento e proteste da parte delle famiglie interessate. L’inchiesta giudiziaria venne avviata dalla Magistratura a seguito di un esposto presentato dal sindacalista del Sunia, Angelo Renda, di Ribera, il quale denunciava anomalie strutturali ai pilastri oltreché i lavori di tubazione, infissi ed altro eseguiti dall’impresa non rispondevano a quanto previsto dall’appalto. Il Procuratore della Repubblica della città Termale, Comm. Rosario Messana ha formalizzato intanto il relativo procedimento penale contro l’appaltatore ed direttore dei lavori e trasmesso gli atti all’Ufficio Istruzione del locale Tribunale per l’istruttoria formale.-
Prefetto – Comune – Genio Civile – Iacp
Il ruolo pubblico di questi Enti, sull’affaire dei 76 alloggi IACP, è stato straordinariamente e paurosamente “marginale”. Hanno vissuto il dramma delle disgrazie degli inquilini con distacco, con uno stato d’animo di vile disinteresse, sono sempre stati attori impotenti di una scena che avrebbe richiesto massima capacità di intervento risolutivo e non la celata indifferenza collaudata a metodo del continuo rinvio e insabbiamento! Si contano almeno 30 tra summit, incontri, sopralluoghi, ispezioni, riunioni e visite guidate a contemplar i ruderi dei 76 alloggi IACP!
Una sola parola VERGOGNA!
Cari Enti vari, a sola esclusione della prefettura che nel frattempo ha cambiato dirigenza, continuate pure a dormire ed ad intascare soldi pubblici.. buonanotte!
non demonizziamo gli imprenditori! chi deve controllare e non controlla chi chiamato a guidare la cosa pubblica fa il padrone senza assumersi la responsabiltà Prefetto – Comune – Genio Civile – Iacp che con la loro compiaciacenza e collusione affidavano l’incarico all’imprenditore. erano tutti contenti che l’appalto lo ha vinto l’amico ……
LEGGIAMO ATTENTAMENTE
Il contesto definitorio (art.89 D.Lgs. n. 81/2008) di base del decreto legislativo 494/96 è rimasto immutato salvo che per il responsabile dei lavori e per il coordinatore per l’esecuzione dei lavoratori. Pur permanendo il regime di nomina facoltativa da parte del committente, il responsabile dei lavori, QUALORA INCARICATO, coincide con il progettista per la fase di progettazione dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell’opera medesima.
La Cassazione sulla nomina del responsabile dei lavori
Il R.U.P., il progettista ed il direttore dei lavori non corrispondono automaticamente ai responsabili dei lavori ex art. 89 del testo unico, ma devono essere destinatari di incarichi specifici e forniti di delega.
Cassazione Penale Sez. IV – Sentenza n. 23090 del 10 giugno 2008 – Pres. Novarese – Est. Koverech – P. M. Galasso – Ric. P. M. e S. G.
La sentenza ribadisce la linea interpretativa consolidata della Suprema Corte, confermando che il committente è il “perno” della sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, e fornisce un prezioso chiarimento in merito alla nomina da parte del committente della figura del responsabile dei lavori di cui alla definizione contenuta nell’art. 89 comma 1 lettera c) del D. Lgs. n. 81/2008 contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
“ c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente, della progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera; tale soggetto – aggiunge la definizione – “coincide con il progettista per la fase di progettazione dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell’opera. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è il responsabile unico del procedimento”.
L’art. 89 comma 1 lettera c) del D. Lgs. n. 81/2008, che ha modificato in parte la definizione di responsabile dei lavori già contenuta nel D. Lgs n. 494/1996 e nel quale sono riportati i termini “è” per quanto riguarda il R.U.P. e “coincide” per quanto riguarda il progettista ed il direttore dei lavori, questi non corrispondono automaticamente con i responsabili dei lavori in quanto gli stessi devono essere invece destinatari di un incarico specifico ed anche forniti di una specifica delega da parte del committente che quindi non è tenuto comunque ad incaricarli.
Il caso in esame riguarda un committente rinviato a giudizio per omicidio colposo a seguito di un infortunio occorso ad un lavoratore di una ditta appaltatrice che, mentre sopra di una scala all’altezza di circa sei metri era intento a dei lavori di demolizione, cadeva decedendo. Al committente veniva addebitata la colpa consistita genericamente in negligenza, imperizia e imprudenza per aver omesso di verificare il rispetto delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui al D. Lgs. n. 494/1996 e per non aver verificata l’applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nello stesso piano di sicurezza e di coordinamento.
Il Tribunale assolveva il committente in quanto ha escluso la sua responsabilità per aver lo stesso incaricato della effettuazione dei lavori di demolizione e di ricostruzione una impresa dotata di una propria organizzazione di lavoro e per aver nominato un responsabile dei lavori.
Avverso la sentenza del Tribunale proponevano ricorso per Cassazione sia il Pubblico Ministero che l’imputato. Il P. M. in particolare accusava il giudice di avere dato una errata interpretazione dell’intero impianto normativo in materia di sicurezza nei cantieri, “finalizzato ad attribuire un ruolo di vigilanza al committente nella sua qualità di soggetto che incarica terzi della esecuzione di un’opera” e faceva osservare una erronea applicazione della legge penale “per avere il GUP erroneamente interpretato il Decreto Legislativo n. 494 del 1996 assimilando il responsabile dei lavori all’appaltatore, trascurando di considerare che il legislatore ha costituito due figure autonome, di cui la prima ‘eventuale’”.
La Sez. IV penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del P. M. ed ha annullata la sentenza di primo grado sostenendo che “La sentenza impugnata, nell’escludere che il committente possa essere chiamato a rispondere per le violazioni poste in essere dall’appaltatore nell’ambito della propria organizzazione dei lavori e delle persone che lo affiancano nella gestione e organizzazione delle misure di sicurezza, è incorso in una erronea interpretazione dell’impianto normativo di cui al Decreto Legislativo n. 494 del 1996 (così come modificato dal Decreto Legislativo n. 528 del 1999)”. La suprema Corte ha avuto modo, altresì, di ribadire che il committente costituisce “il perno” intorno al quale ruota la sicurezza nei cantieri (Cass. Sez. 3, 07.07.2003, n. 28774, Szulin) e che è consolidato il principio secondo il quale “il committente rimane il soggetto obbligato, in via originaria e principale, alla osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza sul lavoro” (Cass. Sez. 3, 25.01.2007, n. 7209, rv. 235882, Bellini; conf. Sez. 4, 06.12.2007, n. 7714, rv. 238565, Mandatati)”.
La Sez. IV si è quindi soffermato sulle responsabilità del committente e del responsabile dei lavori precisando che “L’esenzione del datore di lavoro (leggi del committente) dalle responsabilità che la legge gli impone si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori e nei limiti dell’incarico conferito a quest’ultimo” e richiamando il contenuto dell’articolo 6 comma 1 del D. Lgs. n. 494/1996 ha ribadito che “Dalla formulazione della suddetta norma, dunque, emerge chiaramente che il legislatore, nel prevedere l’esonero del committente dalle responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro nel cantiere, lo ha subordinato alla nomina di un responsabile dei lavori, nell’ambito però della delega ad esso conferita. Alla nomina del responsabile dei lavori si deve imprescindibilmente accompagnare un atto di delega, con il quale si attribuiscano al predetto responsabile dei lavori poteri decisionali, cui sono connessi evidenti oneri di spesa o, più in generale, la determinazione della sfera di competenza attribuitagli”.
“Il legislatore, in sostanza” – prosegue la Corte – “non ha predeterminato gli effetti della nomina del responsabile dei lavori, avendo stabilito espressamente che l’area di esonero della responsabilità del committente dipende dal contenuto e dall’estensione dell’incarico conferitogli (Cass. Sez. 3, n. 7209/2007 cit.)”.
Le condizioni precisa infine la Sez. IV perché vi sia un esonero da responsabilità del committente sono quindi la nomina di un responsabile dei lavori, la tempestività di detta nomina in relazione agli adempimenti da osservarsi in materia di sicurezza del lavoro e l’estensione della delega conferita al responsabile dei lavori ai predetti adempimenti, condizioni che nel caso in esame non sono state rispettate non contenendo la nomina del direttore dei lavori alcuna delega ed essendo stato formalizzato l’incarico professionale relativo ai coordinatore per la progettazione e l’esecuzione ed inoltrata all’Ispettorato del Lavoro la notifica preliminare riguardante i lavori in questione solo dopo l’inizio dei lavori stessi e successivamente all’infortunio sul lavoro.
La definizione di cui all’articolo 89 del d.lgs. n. 81/2008 di responsabile dei lavori è nel solco di questa concezione, laddove ribadisce che il responsabile dei lavori non è un soggetto predeterminato ex lege, ma “incaricato”.
CORTE DI CASSAZIONE – Sezione IV Penale Sentenza n. 23090 del 10 giugno 2008 – Pres. Novarese – Est. Koverech – P. M. Galasso – Ric. P. M. e S. G. – Il r.u.p., il progettista ed il direttore dei lavori non corrispondono automaticamente ai responsabili dei lavori ex art. 89 del testo unico, ma devono essere destinatari di incarichi specifici e forniti di delega.
Quindi piena solidarietà all’imprenditore ed professionisti
Condanna per I COMMITTENTI
Cordiali saluti Pietro MULE’ GENTILUOMO Quartiere Manhattan case popolari lato ovest ( LIDL )
A COMU FINI?
AGNEDDRU E SUCU E FINII U VATTIU !