Era il “cavallo di battaglia” del Salvini, Vice di Conte n. 1. “Se sono un gioielliere che subisce, magari la terza o la quarta rapina, io il rapinatore lo ammazzo e nessuno deve venire a rompermi le balle”. Parola di Salvini.
Una “certa confusione” di termini giuridici, ma molta semplicità, molto rigore nelle conclusioni.
Salvini, quando nei comizi faceva il segno con indice e pollice di sparare al rapinatore, riceveva sempre il suo bravo, scrosciante applauso. Ed era certo di meritarselo. Alla faccia di tante cazzate con le quali rompono i c. ad un poveraccio che non ha fatto altro che difendere il suo lavoro.
In verità non era solo Salvini ad essere convinto che ci volesse una legge più o meno come nel Far West. Diritto di sparare per primi. Diritto di ammazzare tutti i banditi. Una questione di rapidità, di prontezza di bando a tutti i cavilli.
Non era la prima volta che i cosiddetti legislatori di questa nostra Repubblica mettevano le mani sull’articolo del Codice Penale (art. 52) che riguarda la legittima difesa.
Una “necessità riformatrice” che viene fuori tra la gente che l’art. 52 c.p., mette in bocca agli avvocati dei rapinatori.
Fatta la “riforma” (la 1°), ci si era accorti che le cose erano tali e quali, o, al più, meno chiare di prima e che si continuava sempre a “cavillare per voler farla fare franca a ladri e rapinatori” e metteva nei guai i galantuomini.
Salvini ha fatto la voce grossa, ha giurato sulle piazze e sugli schermi televisivi che lui ai rapinatori vuole che si possa sparare e basta.
Così hanno impasticciato pure il già tormentato articolo del Codice Penale. Che, invece era uno di quelli fatti meglio nella Legislazione Europea ed Occidentale.
Non c’è voluto molto perché capitasse un caso esemplare. Esemplare nella complessità della questione e della necessità dei (presunti) “cavilli” e delle “rotture di c.” per chi avesse avuto in sorte di vedersela con un rapinatore mandandolo all’altro mondo con uno o più colpi di pistola.
Oggi, cioè l’altro ieri, il caso del Carabiniere che ha sparato ed ucciso un “quindicenne” (l’età dei morti è in tutti i titoli di cronaca nera o grigia dei giornali).
Un caso “di scuola” dal quale però viene fuori che ognuno dei “cavilli” in presenza di ladri e rapinatori ammazzati dai derubati non è, poi, un cavillo, ma una cosa maledettamente seria e complessa.
Un quindicenne (l’età in questo caso non è un vezzo del cronista giudiziario) punta una pistola alla tempia di un Tizio e gli ingiunge di consegnargli l’orologio. Il Tizio, che è un Carabiniere in libera uscita, tira fuori una pistola d’ordinanza (che di regola è tenuto a portare con sé anche se non è in divisa) e gli spara ammazzandolo. E’ venuto fuori che la pistola del “quindicenne” (che agiva con un complice diciassettenne) era di plastica. Una di quelle belle riproduzioni che non si possono dire “giocattolo” perché non sembrano proprio fatte per giuocare.
La “gente” si è divisa. C’è chi ha subito gridato che quel Carabiniere era un assassino, perché ammazzava i quindicenni che giuocavano alle rapine con le armi giocattolo. C’è chi ha tirato fuori i dogmi “Salviniani”, in favore, si capisce, dei Carabinieri non delle pistole vere che ammazzano i quindicenni che giuocano con quelle che sono giocattoli.
La Procura ha aperto un fascicolo per “omicidio volontario”. I colpevolisti hanno gioito. Non sanno che l’omicidio per legittima difesa è “in sé” volontario, anche se giustificato da una “esigenza” vera o erroneamente ritenuta con o senza colpa (eccesso colposo) di chi reagisce all’altrui violenza, di essere nella necessità di difendersi.
E’ già abbastanza complicato per menti che “Salviniane” non sono.
Ma, in realtà, anche se i giornali non hanno proprio scandagliato particolari, ce n’è da cambiare opinione in un senso o nell’altro.
Non c’è dubbio che se mi sento puntare una pistola alla tempia, verso in uno stato di (giustamente) presunto pericolo della mia morte e se sparo non faccio che difendermi (e rischiare ancora). Ma le armi da fuoco “false”, “giocattoli”, debbono portare nella bocca della canna un bollino rosso ben visibile. C’era nel caso? Il Carabiniere poteva vedere in faccia il suo aggressore e, magari, valutarne un atteggiamento puerile, tale che ne escludesse ogni seria volontà omicida oltre che rapinatoria?
Questi e tanti altri interrogativi debbono avere una risposta perché possa dirsi che il “caso di scuola” del Carabiniere che si difenda dalla rapina a mano ritenuta armata, versava proprio in stato di legittima difesa, tale ritenuta senza colpa.
Provate a considerare inutili uno o più di questi (e di altri) interrogativi e vi accorgerete che quelle leggi che Salvini ritiene dovere “semplificarsi” (“tu mi vuoi rapinare, io ti ammazzo…!!”) hanno tutta una loro necessità ed importanza e che potete portare a risultati abnormi se non tenete conto dei “cavilli” che a Salvini non piacciono. Che se c’è e ci deve essere la “legittima difesa”, ci deve essere anche quella erroneamente ritenuta tale, ma anche quella che solo un errore evitabile, una valutazione colposa proprio erronea può far ritenere tale da far pensare di essere veramente in pericolo chi potrebbe difendersene.
Caro Sen. Salvini! Altro che “cavilli! Si tratta di norme essenziali perchè la “legittima difesa” non diventi un pretesto magari, di vendetta e di giustizia sommaria di reazioni infuriate.
Certo. C’è il pericolo che, invece di una pistola nelle mani di un quindicenne, ci sia un articolo, anzi, più articoli, nelle mani di una (o più) testa di cavolo che se non mi ammazza, mi manda in galera e mi rovina. Il difetto sta, come sempre, nel manico. Ma con questo, però, non è detto si possa fare a meno del manico. Anche se qualcosa bisogna pur fare per raddrizzarlo.
Mauro Mellini
09.03.2020