Alla presentazione del libro di Giovanni Grasso, il sindaco Mattia Palazzi e il direttore della Gazzetta di Mantova Paolo Boldrini
“IL CASO KAUFMANN”, L’AMORE ANTIDOTO ALLA FOLLIA E ALLA DISUMANITA’
“Ad un certo punto della mia vita di bambina ho notato come a scuola e per strada ero indicata a dito, derisa, non venivo più invitata alle festicciole dei coetanei obbligati dai genitori a non giocare con me”. E’ l’isolamento sociale, prodromo di ben altri, terribili eventi, che l’autore del libro di successo “Il caso Kaufmann” Giovanni Grasso denuncia. Con lui, martedì 21 maggio alle ore 17, nella Sala degli Stemmi di via Gandolfo 11, Mantova, il sindaco Mattia Palazzi e il direttore della Gazzetta di Mantova Paolo Boldrini commentano la pagina nera d’Europa.
Il libro “Il caso Kaufmann” – che sta riscuotendo un grande successo di critica e di lettori – origina da un fatto vero, ma che Giovanni Grasso – giornalista, saggista e autore televisivo, consigliere per la stampa e la comunicazione e direttore dell’ufficio stampa della Presidenza della Repubblica – ha trasformato in romanzo storico: l’ha scritto in un anno, ma ha dovuto aspettarne altri venti prima di trovare un editore.
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Scrive Giancarlo Pani S. J. Vicedirettore de “La Civiltà Cattolica”: «Il caso Kaufmann documenta la storia di un ebreo benestante, presidente della comunità ebraica di Norimberga, e si ispira a una vicenda realmente accaduta, quella di Lehmann Kaufmann (Katzenberger), detto Leo, e Irene Seiler, una giovane ragazza tedesca ariana. Leo, ebreo osservante, 60 anni, vedovo da cinque, è un apprezzato commerciante di Norimberga. La sua vita, cupa e monotona, viene sconvolta dall’arrivo di Irene, figlia del suo migliore amico. Solo l’onestà di Leo e la notevole differenza di età impediscono che l’amicizia si trasformi in una relazione.
Intanto le Leggi razziali, promulgate da Hitler proprio a Norimberga, stabiliscono che il popolo ebraico è nemico della Germania e vietano qualsiasi rapporto con gli ebrei, per la protezione della razza. È l’inizio della fine degli ebrei.
Il mondo attorno ai due protagonisti crolla all’improvviso: la stima e la devozione nei loro confronti divengono diffidenza e sospetto, i sorrisi si affievoliscono, le voci incalzano, i timori si fanno sempre più puntigliosi. Alcune persone che lavorano al servizio di Leo, e che più volte sono state da lui beneficate, guardano con malizia l’amicizia con Irene e infangano il loro rapporto. La vicenda giudiziaria rivela in maniera esemplare come si possano trasformare il sospetto e le voci in verità, i pregiudizi e i rancori in prove.
L’Autore è riuscito a rintracciare i verbali del processo e il modo in cui venivano circuiti i cosiddetti «testimoni». Spaventosa diviene allora la mostruosità del regime nazista e di una società che dipende in tutto da Hitler e dai suoi fidati collaboratori, fanatici e orgogliosi.
L’amicizia di Kaufmann e di Irene si conclude con la pena capitale di un innocente, il primo ebreo condannato alla ghigliottina.
(Abstract del quaderno 4051 – 6 aprile 2019)
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“THE KAUFMANN CASE»: THE ROOTS OF RACIAL HATRED
The first impression of Il caso Kaufmann (The Kaufmann Case) may be that it is a historical novel; instead, it is the tragic memory of the history of the inhuman racial laws. The persecution of Jews is known to most due to the concentration camps; however, the Holocaust was the monstrous culmination of a systematic persecution, carried out gradually, and above all with the rigid application of cruel laws. Inspired by a true story of a friendship between the Jewish widower, Kaufmann, and a young Aryan German, Irene, the novel represents a tragedy which concludes with the execution of an innocent person, the first Jew sentenced to the guillotine. The novel documents in an original way the lunacy of the Racial Laws.
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La presentazione a Mantova è curata da Antonio Ivan Bellantoni, giornalista, avvocato e portavoce parlamentare. L’accesso è libero fino ad esaurimento posti.