
L’omicidio del presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella, avvenuto a Palermo il 6 gennaio 1980, è un caso che, pur essendo attribuito a Cosa Nostra, presenta più di un elemento anomalo e inquietante, come la tecnica di contraffazione della targa del veicolo usato dai killer e il rinvenimento di un guanto.
L’utilizzo di auto e targhe rubate è una pratica comune nella criminalità organizzata per commettere reati gravi. Tuttavia, non emergono altri casi di omicidi di mafia in cui sia stato accertato che la targa fosse ricavata da un assemblaggio di “spezzoni” di altre targhe rubate o da una manomissione artigianale. La mafia ha sempre preferito metodi più rapidi, come il furto integrale o la clonazione di targhe.
L’episodio Mattarella rappresenta l’unica eccezione nota in cui la manomissione della targa è stata centrale nelle indagini, sollevando l’ipotesi di un assemblaggio o di una falsificazione acon pezzi residui.
Mentre era prassi consolidata di Cosa Nostra per i reati di sangue il semplice furto integrale o la clonazione di targhe, nel caso Mattarella si ricorse a una modifica artigianale. La targa autentica rubata (PA 536623) fu alterata nella seconda cifra per confondere subito le indagini (diventando PA 546623).
Questa manomissione, e l’ipotesi sollevata in atti sul possibile assemblaggio o l’uso di “pezzi” residui, puntano verso il modus operandi della destra eversiva.
Infatti, questa tecnica di tagliare e riassemblare targhe per crearne di nuove con numeri modificati non era affatto usuale per Cosa Nostra, ma era, al contrario, una prassi molto diffusa negli ambienti della destra eversiva, in particolare tra gli esponenti di Terza Posizione e dei Nuclei Armati Rivoluzionari.
La relazione dell’8 settembre 1989 di Loris D’Ambrosio conferma che il militante Stefano Soderini riferì dell’abitudine di Giusva Fioravanti di “usare più targhe che tagliava per ricostruirne un’altra con i numeri conseguentemente ‘modificati'”. Non è un caso che più volte, nei covi dei neofascisti, siano state trovate targhe tagliate e/o modificate in quel modo.
Il fatto che proprio l’omicidio Mattarella, per il quale si indagò a lungo anche sulla “pista nera”, abbia sollevato l’ipotesi più concreta dell’uso di tecniche di assemblaggio della targa, inclusi i famosi pezzi di targa rinvenuti in un covo di estrema destra a Torino, è una “coincidenza” che evidenzia una convergenza tra i due mondi.
La pista di un collegamento organico tra il terrorismo nero e la criminalità organizzata è ulteriormente rafforzata dal singolare “viaggio” delle targhe tra Palermo e i covi neofascisti del Nord Italia.
La targa PA563091 – come riporta il Fatto Quotidiano – fu rubata a Palermo nello stesso periodo in cui Cosa Nostra pianificava l’omicidio di Pio La Torre (aprile 1982). Non fu usata per l’agguato, ma si materializzò sette mesi dopo, a 1.500 chilometri di distanza: a Torino, in un covo dei neofascisti. Come ci sia finita una targa rubata in Sicilia in un covo della destra eversiva settentrionale resta un inquietante interrogativo investigativo.
Quasi in un percorso inverso, una BMW 735 targata MI39213G, rubata a Salsomaggiore nell’ottobre del 1980 da estremisti neri (era stata usata da Cavallini con generalità fasulle per un tentativo di rapimento di uno dei Benetton), scompare dai radar per poi ricomparire a Palermo in mano a uomini di Cosa Nostra.
Questi episodi di targhe rubate a Palermo che finiscono in covi neofascisti e auto in uso a terroristi di estrema destra, che ricompaiono in mano a Cosa Nostra a Palermo tracciano un quadro di evidente correlazione tra il mondo del terrorismo nero e quello della criminalità organizzata, suggerendo non solo contatti ma, in alcuni casi, una possibile condivisione di mezzi e metodi operativi.
La recente accusa rivolta a Filippo Piritore per la scomparsa del guanto rinvenuto nell’auto utilizzata per l’omicidio di Piersanti Mattarella, pone in evidenza quella che potrebbe essere una ulteriore anomalia.
Storicamente i killer di mafia non utilizzavano guanti. Si ha conoscenza dell’uso di cerotti o nastro adesivo sui polpastrelli in alcuni casi – come quello degli stiddari, in particolare in contesti come la “guerra di mafia” a Gela e Palma di Montechiaro – che era un metodo più rudimentale, ma spesso sufficiente e più consueto rispetto all’uso di veri e propri guanti, per non lasciare impronte digitali.
Fatta salva l’ipotesi in cui i guanti fossero indossati dal complice che era alla guida dell’auto (solo il guanto della mano destra?), si tratterebbe dell’indicazione di un livello di cautela insolito o, potenzialmente, come un elemento che indirizza altrove, come ad ambienti diversi dalla sola criminalità mafiosa tradizionale.
Le indagini, in particolare quelle condotte dal giudice Giovanni Falcone, avevano già messo in luce una serie di anomalie logistiche e operative che suggerivano una profonda e inquietante convergenza tra Cosa Nostra e l’eversione neofascista.
Falcone era infatti convinto che l’omicidio Mattarella non fosse un’azione esclusivamente mafiosa, ma il frutto di una convergenza di interessi con mandanti esterni alla mafia.
Piersanti Mattarella era un democristiano che aveva avviato una campagna di moralizzazione e una rottura netta con la mafia e il sistema di corruzione. I suoi sforzi per aprire al PCI in Sicilia lo ponevano come un obiettivo comune per Cosa Nostra, che veniva colpita duramente dalla sua politica rigorosa, ma anche per forze eversive che temevano la sua linea di apertura al PCI.
Le rotte incrociate di targhe rubate in Sicilia che vanno al Nord e veicoli del terrorismo che finiscono in mano mafiosa, sono un chiaro indice dell’esistenza di cointeressenze e rapporti tra le due organizzazioni, e l’uso di killer esterni o la fornitura di tecniche e logistica eversiva – come fu ipotizzato nel contesto della fuga o latitanza di militanti neofascisti – potrebbero essere stati parte di un tacito accordo, magari in cambio di supporto da parte della mafia in altre operazioni.
Nonostante le condanne definitive abbiano riguardato i mandanti di Cosa Nostra, rimane l’ombra di un concorso eversivo, la vera causa per la quale non si è mai riusciti a fare chiarezza sui delitti eccellenti e le stragi, viste le implicazioni anche di carattere geopolitico e il coinvolgimento di apparati istituzionali. L’omicidio Mattarella resta un simbolo della tragica stagione in cui la criminalità organizzata e il terrorismo politico si sono fusi per eliminare un avversario comune e destabilizzare le istituzioni, lasciando una delle pagine più oscure e irrisolte della storia italiana.
Gian J. Morici

 
         
         
         
        