Sicilia: “Scoperta straordinaria: consumo rituale di carne di cavallo in Sicilia preistorica 1000 anni prima di quanto già documentato”
Nuove analisi biomolecolari rivelano l’uso rituale ed alimentare del cavallo in Sicilia nella Prima Età del Bronzo

SICILIA – Un recente studio pubblicato su PLOS One il 29 agosto 2025 ha portato alla luce la prima evidenza biomolecolare di consumo o utilizzo rituale di carne di cavallo in Sicilia fin dall’inizio dell’Età del Bronzo, stravolgendo le conoscenze precedenti riguardo alla presenza dell’animale sull’isola.
I protagonisti della ricerca sono l’archeologo Davide Tanasi e il chimico Enrico Greco, esperto nell’analisi archeologica biomolecolare, che hanno curato l’ideazione, l’indagine, la metodologia, la supervisione e la stesura del manoscritto, nonché le analisi proteomiche e lipidomiche sui reperti da Polizzello (Mussomeli, Caltanissetta).
L’indagine ha riguardato vasi ceramici appartenenti all’orizzonte culturale castellucciano, ritrovati nella località “Marchese” sul Monte Polizzello. Grazie all’uso combinato di proteomica, che ha identificato con certezza l’albumina sierica equina in molti frammenti vascolari, e lipidomica, che ha evidenziato la presenza di grassi animali compatibili con derivati equini, lo studio documenta per la prima volta un diretto utilizzo del cavallo sia in contesti alimentari sia rituali già nella Prima Età del Bronzo.
Questa scoperta offre tre contributi fondamentali:
1. Anticipazione temporale rispetto alla conoscenza convenzionale: pone l’uso del cavallo in Sicilia circa un millennio prima della prima evidenza scheletrica riconosciuta, suggerendo relazioni culturali tra la Sicilia e la penisola molto più strette di quanto si ritenuto finora.
2. Dimensione rituale e simbolica: il contesto di ritrovamento un recinto in pietra, un grande masso con nicchia, una statuetta fallica, indica che l’uso del cavallo fosse legato alla ricerca della fertilità e al sacro, rientrando in pratiche rituali in linea con tradizioni diffuse in culture lontane come i Nativi Americani e i Mongoli delle steppe.
3. Rinnovata prospettiva metodologica: l’integrazione delle analisi proteomiche e lipidomiche dimostra l’importanza dell’archeologia biomolecolare nel superare i limiti degli studi che si basano esclusivamente sulla tipologia dei manufatti. In questo caso, queste tecniche hanno permesso di “far parlare” uomini e donne del passato, andando oltre i manufatti in sé.
Questo studio sottolinea ancora una volta l’importanza dell’archeologia biomolecolare per ricostruire tratti culturali delle società antiche che non si riflettono in maniera diretta sulla cultura materiale. Attraverso tecnologie analitiche all’avanguardia, si possono dare risposte nuove concrete a domande di ricerca relative alla dieta, la salute e la religione.
Inoltre, aver provato che la società indigena di Sicilia conoscesse il cavallo, quasi un millennio prima di quando i primi resti scheletrici certi confermassero, dimostra da una parte che non ci fu mai un divario culturale tra la Sicilia ed il resto della penisola e dall’altra che molto di ciò che è stato scritto sulla complessità socio‑politica e sull’economia di tale società va ora rivisto alla luce di questa scoperta.
Di particolare importanza è la scoperta del ruolo che il cavallo sembra aver avuto, in questa prima fase del suo arrivo in Sicilia, nel quadro della religiosità indigena e della ossessiva ricerca della fertilità che caratterizza la cultura castellucciana, un ruolo che va oltre aree geografiche e cronologie unendo trasversalmente culture distanti, in cui il cavallo aveva al tempo stesso un ruolo centrale sia nella religione che nell’economia.