
L’articolo di Damiano Aliprandi del 18 giugno 2025, se da un canto solleva dubbi su chi – e perchè – abbia potuto fornire a Report informazioni in merito a una sua conversazione telefonica con il generale Mario Mori, portando a ipotizzare che si trattasse di conversazioni telefoniche soggette a intercettazioni, dall’altro solleva seri interrogativi sull’imparzialità e la trasparenza della Commissione parlamentare Antimafia, mettendo in luce dinamiche che suggeriscono potenziali conflitti di interesse e un orientamento predeterminato nei lavori della Commissione. Al centro della vicenda, le figure del generale Mario Mori e del giornalista Damiano Aliprandi, insieme alla condotta della presidente della Commissione, Chiara Colosimo.
Secondo quanto rivelato dall’articolo, il generale Mario Mori, indagato dalla Procura di Firenze e quindi con un evidente interesse personale nell’esito delle inchieste legate al suo operato, avrebbe voluto tentare di influenzare la composizione della Commissione Antimafia proponendo Damiano Aliprandi come consulente. Aliprandi stesso conferma di aver ricevuto tale proposta nel 2023, pur rifiutando per via di una sua precedente condanna per diffamazione a seguito di una querela da parte di Roberto Scarpinato, membro della Commissione Antimafia in quota Cinque Stelle.
Il ruolo di Damiano Aliprandi in questa vicenda è altrettanto problematico. L’articolo evidenzia come Aliprandi abbia costantemente supportato Mori attraverso articoli e post, manifestando pubblicamente posizioni critiche nei confronti di Roberto Scarpinato e favorevoli al famoso dossier mafia/appalti come causa unica delle stragi del ’92, escludendo a priori ogni altra possibile ipotesi e attribuendone la responsabilità alla sola mafia.
Mafia/appalti, un’indagine condotta dal Ros di Mori che anche a parere di chi scrive andava “riesumata” e approfondita, considerandola però soltanto un punto di partenza, e non certo di arrivo, per meglio comprendere le dinamiche e i coinvolgimenti che portarono a uccidere Giovanni Falcone, la di lui moglie, Paolo Borsellino e le rispettive scorte.
È lo stesso Aliprandi a dichiarare di aver espresso a Mori la necessità di sollevare Scarpinato dalla Commissione a causa di un presunto conflitto di interessi. Un conflitto di interessi del quale il generale evidentemente non si sarebbe accorto nel voler proporre Aliprandi, suo accanito sostenitore, quale consulente della Commissione Antimafia.
Questo stretto legame e il palese orientamento di Aliprandi avrebbero reso la sua eventuale nomina a consulente profondamente discutibile. Un consulente dovrebbe essere “super partes”, privo di interessi personali o preconcetti che possano inficiare l’obiettività del suo operato. La vicinanza di Aliprandi alle posizioni di Mori, la sua vicenda giudiziaria con Scarpinato e le sue chiare opinioni espresse sullo stesso in numerosi articoli e post sui social,avrebbero reso impossibile per lui svolgere un ruolo imparziale.
Se è pur vero che Aliprandi ha rifiutato l’offerta del generale Mori, ciò che emerge con forza è l’ingerenza del generale – un soggetto con interessi diretti nelle conclusioni della Commissione – nella nomina di un consulente, tanto da poterla prospettare al giornalista Questa mossa solleva dubbi significativi sulla sua volontà, e sulla possibilità, di condizionare i lavori della Commissione a proprio vantaggio.
A gettare un’ulteriore ombra sull’imparzialità della Commissione è la condotta della sua presidente, Chiara Colosimo. Più volte la presidente aveva apertamente messo “like” ai post di Aliprandi su Facebook, in merito alle vicende relative alla Commissione che riguardavano la vicenda mafia/appalti e il generale Mori. Questo comportamento, rappresenta una chiara manifestazione di un orientamento personale della presidente riguardo all’esito dei lavori della Commissione.
La presidente di un organo investigativo così delicato come la Commissione Antimafia dovrebbe mantenere una rigorosa neutralità e astenersi da qualsiasi azione che possa far dubitare della sua imparzialità. I “like” al post di un giornalista apertamente schierato e potenzialmente legato a una delle parti interessate, come Mori, compromettono gravemente la credibilità della presidenza e, di conseguenza, dell’intera Commissione.
Alla luce di quanto emerso, si impongono serie riflessioni sulla continuità e la credibilità dell’attuale Commissione parlamentare Antimafia. Le presunte ingerenze del generale Mori, la palese non imparzialità del potenziale consulente Aliprandi e la condotta della presidente Colosimo, che sembra manifestare un orientamento preconcetto, sollevano dubbi fondamentali sulla capacità della Commissione di operare in modo indipendente e obiettivo.
Dinanzi a fatti di tale gravità, che rischiano di far venire meno la fiducia dei cittadini rispetto un organismo che procede a indagini ed esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, altro non fosse che per ragioni di opportunità, non sarebbe il caso di considerarne lo scioglimento, o quantomeno le dimissioni della sua presidente, vista l’impossibilità di garantire la sua indispensabile imparzialità?
Gian J. Morici